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Sulla democrazia indiana e i maoisti. Una intervista ad Arundhati Roy

La scrittrice ed attivista Arundhati Roy, vincitrice nel 1997 del premio Man Booker per “Il Dio delle piccole cose” è indubbiamente l’iconoclasta numero uno dell’India. Durante il lancio dei suoi due ultimi libri – “Broken republic” e “Walking With the Comrades” – venerdì sera, ha difeso le tattiche militari dei maoisti indiani nel suo pezzopiù polemico:

“Quando avete 800 CRPF [Forza di Polizia della Riserva Centrale, una forza paramilitare utilizzata per combattere l’insorgenza interna] che marciano tre giorni nella foresta; che circondano un villaggio nella foresta, bruciandolo e stuprando le donne, cosa dovrebbero fare i poveri? Possono gli affamati fare lo sciopero della fame? Può la gente senza denaro biocottare i beni di consumo? A quale sorta di disobbedienza civile possiamo chiedergli di aderire?”
Ha fatto leggermente marcia indietro dicendo: “Ma allo stesso tempo ciò che succede nella foresta in termini di resistenza non può uscire dalla foresta.”
In “Walking With the Comrades”, Roy racconta del tempo passato l’anno scorso nella foresta con gli insorgenti maoisti, attivi in larghe fasce dell’India centrale ed orientale. In “Broken republic” narra il carattere della democrazia indiana. Entrambi i libri sono stati pubblicati dalla Penguin India.
Nella conversazione con l’economista Amit Bhaduri, nell’anfiteatro dell’India Habitat Center di New Delhi, Roy si è intrattenuta a lungo su questi temi. “E’ vero che usurpare la terra, colonizzare la terra dei poveri, è oggi al centro del dispiegamento della guerra civile nel nostro paese. Guardate la mappa dell’India odierna: le foreste, gli adivasi, le risorse naturali, i maoisti e la guerra civile sono tutti accatastati uno sopra l’altro. Occorre essere ciechi per non notare la connessione verticale tra tutti questi elementi.”
I toni anticapitalisti dominavano nel dibattito serale, nel quale Roy ha offerto un’analisi delle tattiche linguistiche del capitalismo.
“Quando definite la bauxite – che si trova nelle montagne – una ‘risorsa’, state cadendo automaticamente nel linguaggio del capitalismo estrattivo. Perché, per gli adivasi, la bauxite fuori dalle montagne è inutile; la bauxite dentro le montagne è la fonte di vita, la fonte della speranza, la fonte di tutto. La bauxite estratta vale per alcune corporation quattromila miliardi di dollari, ma per una cultura che non la contempla come una risorsa, essa vale niente.”
Ha aggiunto: “Addirittura il linguaggio stesso ha in qualche modo cospirato per farci pensare in determinati modi.”
Roy ha affermato che i governi statali (l’India è una confederazione, ndr) hanno firmato centinaia di memorandum di accordo con le compagnie minerarie per operare sulla terra tribale. Ha affermato che molti di questi accordi non sono stati realizzati a causa dell’ostinazione e la flessibilità della lotta che le popolazioni più povere stanno portando avanti contro le corporation più ricche.”
“Ma queste corporation minerarie sono nate storicamente per vincere le loro battaglie. Dunque, semplicemente aspettano come pigri predatori… Se non sarà il Salwa Judum [un gruppo armato supportato dallo stato dello Chhattisgarh per combattere i maoisti, ndr], sarà l’esercito. Siamo di fronte alla prospettiva di una democrazia militarizzata, se ciò non è un ossimoro.”
“Non è questo un problema generale del capitalismo?” ha chiesto Bhaduri.
“E’ un problema generale”, ha concordato Roy.
Nella conversazione durata 50 minuti con Bhaduri, Roy ha anche criticato le classi sociali medie e superiori del paese. “Viviamo in un paese in cui stiamo tentando di praticare il discorso sofisticato della democrazia e allo stesso tempo stiamo colonizzando noi stessi.” Roy ha affermato che la “lotta secessionista” di maggior successo in India è stata “la secessione delle classi medie e superiori in uno spazio esterno dal quale guardano in basso e chiedono cosa ci fa la nostra bauxite nelle loro montagne, cosa ci fa la nostra acqua nei loro fiumi, cosa ci fa il nostro legname nelle loro foreste.”
La signora Roy ha affermato che l’India continua ad essere una “sciarada di democrazia in cui ci sono tutti i rituali, ci sono tutte le istituzioni democratiche che appaiono funzionanti.”
“Avete tutte queste istituzioni – i tribunali, i mezzi di comunicazione, il parlamento – tutte queste cose sono state svuotate, come involucri messi al loro posto”. Roy spiega il perché vede la democrazia indiana ridotta a rituale. “Dico quel che direbbe ciascun povero uomo o donna, ciascun adivasi che vive nella foresta – Se loro ci chiedessero di esporgli un’istituzione democratica del paese alla quale si possa fare appello e si possa essere ascoltati, vi posso garantire che non c’è risposta a questa domanda. Loro non possono andare in tribunale. Se votano, è come votare per questo o quell’altro sapone, entrambi posseduti dalla stessa holding.”
Roy ha detto che lei sta dall’altra parte, quella dei “movimenti di resistenza.”
“Da lì io mi volto e pongo ai nostri compagni la domanda: ‘Lasceremo la bauxite nella montagna? Questa credo sia la vera questione che si pone davanti a noi tutti”.

da: The Wall Street Journal del 25 maggio 2011

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