Nel DNA della Grecia moderna c’è quell’indomabile spirito di indipendenza, quella fierezza nazionale che portò i greci, primi fra tutti i popoli a ribellarsi ai Turchi ed a piantare sulla loro terra la bandiera della libertà, nel 1829, sciogliendosi dal giogo dell’impero Ottomano. Una lotta per la libertà e l’indipendenza che si è conclusa solo nel secolo scorso, con le travagliate vicende che hanno fatto seguito alla prima guerra mondiale, concluse con l’ingiusto trattato di Losanna del 1922, che pose fine alla civilizzazione greca dell’Asia minore.
In questa lotta per la libertà la Grecia non è stata sola, ma ha ricevuto l’apporto entusiasta della migliore parte della società civile dell’epoca accorsa in Grecia a combattere per la libertà, basti pensare al poeta inglese, Lord Byron ed all’italiano Santorre di Santarosa.
E’ un tradimento contro la sua storia se un popolo che ha costruito la sua identità combattendo contro l’oppressione straniera, accetta di diventare la longa manus di uno Stato militarmente prepotente che schiaccia ed opprime la popolazione di Gaza con un blocco disumano ed illegale.
Ma è proprio questo il senso dell’ordine che il Ministro della difesa greco ha impartito alle navi della Freedom Flottilla 2, impedendo loro di prendere il largo per portare il loro carico di aiuti umanitari, e la solidarietà umana della società civile internazionale, alla popolazione di Gaza stremata dall’embargo. Una nazione che ha iniziato la sua esistenza con un atto di ribellione all’oppressione della Potenza militare dell’epoca, oggi capitola di fronte alla prepotenza di Israele ed accetta di fare, per conto di Israele, il lavoro sporco, di bloccare una iniziativa umanitaria della società civile internazionale, che ha come suo unico fine politico quello di far emergere l’insostenibilità giuridica e morale di questo muro invisibile che l’armata israeliana ha costruito intorno alle coste di Gaza.
Non v’è dubbio che questo blocco sia pretestuoso ed illegale. Il Ministro della difesa con il suo provvedimento interdittivo del 1° luglio, ha rilevato che il tentativo di forzare il blocco navale israeliano della striscia di Gaza potrebbe comportare dei rischi per la vita e la sicurezza della navigazione ed ha invocato la necessità di difendere gli interessi nazionali, richiamando un articolo del Codice della navigazione ellenico (l’art. 128) che consente al Ministro della difesa di dare ordini ai capitani delle navi per proteggere gli interessi nazionali o la sicurezza della navigazione.
Orbene, non v’è dubbio che questo articolo consente al Ministro della difesa di dare gli ordini che vuole alle navi di nazionalità greca (battenti bandiera greca). Per le navi che non sono di nazionalità greca, la questione è molto più complessa perchè se – in linea generale – lo Stato che esercita la sovranità sulle acque territoriali, può eseguire ispezioni o sequestri sui natanti stranieri, nel caso violino le sue leggi, non può, certo, impedirgli di riprendere l’alto mare, se non nei limiti in cui ciò sia consentito dalle Convenzioni internazionali.
Al riguardo l’unica limitazione che si potrebbe invocare è quella che deriva dalla XIII Convenzione dell’Aja del 1907 che regola i Diritti e doveri delle Potenze neutrali in caso di guerra marittima. L’art. 8 di tale Convenzione stabilisce che un Governo neutrale è tenuto ad impedire la partenza dai propri porti di qualsiasi nave destinata a compiere operazioni ostili (cioè a partecipare a atti di guerra contro una nazione belligerante). Per compiere atti di ostilità, però, ci vogliono delle armi. Non si può compiere un atto ostile con i sacchi di farina o con le carrozzelle per gli handicappati.
E’ talmente ovvio che la missione dei navigli della Freedom Flottilla non può compiere atti ostili, che il decreto del Ministro della Difesa non vi fa neanche cenno, confermando in tal modo che si tratta di un atto arbitrario. La ragione di Stato contro i diritti dell’uomo!
*giurista
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