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All’arroganza del governo si deve rispondere con il conflitto e l’opposizione sociale


L’arroganza e la presunzione dimostrate in questi ultimi giorni dal Presidente del Consiglio Monti e dalla Fornero sulle questioni del lavoro, stanno assumendo forma e intensità che non ricordiamo di aver mai riscontrato negli ultimi decenni.

Dichiarare apertamente di avere le mani libere dalle pastoie e dalle logiche partitiche e sindacali è populisticamente efficace in una fase sociale che vede partiti e sindacati al minimo storico di consenso tra i cittadini, ma dimostra anche che gli interessi che si stanno tutelando in questa difficilissima partita sono tutti da ricercare tra quelli delle aziende, delle banche e di quei centri di potere economico e finanziario che hanno determinato la crisi e che da essa stanno continuando a trarre profitti.

I cosiddetti esperti di riforme e ristrutturazioni politico-sociali affermano che non c’è momento migliore per avviare o portare a termine energici e sostanziali variazioni degli equilibri collettivi in uno specifico contesto sociale, dell’appropriarsi “culturalmente” della leva del cambiamento e della necessità di intervento nell’ambito di una crisi, meglio se pesante e strutturale come quella attuale.

In questa logica la crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo da anni si trasforma in un luogo e in un periodo che favorisce in modo esponenziale la modifica degli assetti sociali esistenti, determinando un nuovo e ancor più evidente spostamento di ricchezza dai ceti popolari e dai lavoratori alle banche, alle aziende ed alla finanza nazionale ed internazionale.

Questo è ciò che sta avvenendo attraverso il regalo di centinaia di miliardi alle banche che continuano a fare profitti utilizzando tale finanziamento soprattutto per acquistare il debito di quei paesi, come l’Italia, che pagano interessi assurdi e suicidi, senza neanche veder poi finanziate da quelle stesse banche le attività economiche che potrebbero assicurare un certo livello di sviluppo.

Stesso discorso vale per le aziende che ormai vivono dimensioni internazionali e le cui attività si confondono tra l’economico ed il finanziario. E così, invece di richiedere indietro a Marchionne tutti i soldi che lo stato ha dato negli ultimi 50 anni alla Fiat attraverso sovvenzioni dirette ed indirette, si giustifica la progressiva uscita dalla produzione in Italia, valutando come indipendente ed autonoma qualsiasi attività imprenditoriale.

La modifica del mercato del lavoro è tutta interna a questa logica che ormai coinvolge l’intero schieramento sindacale concertativo (Cgil, Cisl, Uil) e anche partiti che ancora si definiscono di centro-sinistra (PD), che fanno a gara per trovare soluzioni tecnico-mediatiche per mascherare la cruda realtà: stanno portando un attacco forte e senza precedenti al mondo del lavoro per modificarne strutturalmente la composizione, le condizioni, il potere contrattuale e la capacità concreta di generare conflitto sociale.

La modifica dei contratti e l’abbandono del contratto nazionale, il ridurre il diritto del lavoro a diritto commerciale e l’attacco diretto alle pensioni che si sono consumati nell’ultimo anno ed ora la modifica degli ammortizzatori sociali, l’adozione del contratto di apprendistato (anch’esso precario) quale contratto di riferimento di entrata e la modifica dell’art. 18 che si stanno preparando a concordare (con o senza l’accordo formale del sindacato), sono tutte facce della stessa medaglia: è ormai chiaro il tentativo di modificare strutturalmente quell’equilibrio già instabile, già iniquo, già fortemente sbilanciato verso gli interessi di pochi a danno di tanti, che contraddistingue i rapporti di produzione, in modo ancor più marcato verso gli interessi delle aziende, delle banche e della finanza.

Non ci sono più alibi per nessuno: per i partiti e per i sindacati, comprese le loro articolazioni interne, per i soggetti sociali e per i lavoratori.

Tutti conoscono ormai la realtà nella quale ci si sta muovendo e non è più possibile alcuna diversa opzione alla necessaria e non più rinviabile organizzazione dell’opposizione sociale e sindacale che fornisca ai lavoratori gli strumenti attraverso i quali creare le condizioni per costruire conflitto ed indicare una vera alternativa.

USB insieme al Comitato No Debito e ad altre realtà, associazioni, organizzazioni e partiti sarà a Milano il 31 marzo nella prima grande manifestazione generale e nazionale contro il Governo Monti: costruiamo una grande partecipazione per dare un segnale forte e determinato a chi vuole ridurre democrazia e libertà per imporre una visione del mondo e della realtà che non ci piace e che vogliamo assolutamente cambiare.

Il 31 Marzo tutti in Piazza a Milano!

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