Converrà chiamare «Riforma Damiano-Treu» il disegno di legge sul «mercato del lavoro» attualmente in discussione alla Camera, visto che i due parlamentari del Pd, Relatori della legge (Tiziano Treu al Senato, Cesare Damiano alla Camera) sono i zelanti esecutori della sua prossima approvazione parlamentare.
Più realisti del re
Evidentemente dicono molte verità queste due affermazioni. Da una parte la consapevolezza che l’unica «riforma» che questo governo agonizzante può incassare è quella sul «mercato del lavoro in una prospettiva di crescita», come recita il Ddl in questione. È un titolo beffardo per un Paese che entra nel quarto trimestre consecutivo di recessione, in cui l’unica cosa che cresce è la disoccupazione, giunta all’11%, mentre quella giovanile è oltre il 35%.
Dall’altra la certezza che il patto dei produttori, di sindacati e Confindustria, ha contribuito attivamente in sede di mediazione parlamentare del testo, fingendo ora un’opposizione di facciata, dinanzi al precipitare delle condizioni di sopravvivenza delle persone, ancor prima di poterle pensare «forza lavoro».
Ora siamo ai titoli di coda: verrà approvata in fretta e furia una legge assurta alle cronache solo per l’odiosa querelle intorno all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e colpevolmente passata sotto silenzio per tutte le altre inique misure previste contro lavoratrici e lavoratori già saccheggiati da oltre un ventennio di precarietà che ora diviene disoccupazione e miseria.
E l’ulteriore beffa – dinanzi all’urgenza proclamata da Mario Monti – è che questa pessima «riforma» entrerà a regime non prima del 2017. E allora quale necessità di approvazione prima del Consiglio europeo del 28 giugno?
Così, a quindici anni dal «Pacchetto Treu», istituzionalizzazione della precarietà dei rapporti di lavoro in assenza di qualsiasi diritto, ritroviamo ancora lo stesso Treu, in compagnia dal sodale Damiano, a essere più realisti del re. La loro «urgenza» di salvare il Paese dal default fa perdere la consapevolezza di precipitare milioni di persone nel «default sociale» di un’esistenza senza garanzie di base. Oltre sette milioni di lavoratrici e lavoratori flessibili, precari, intermittenti, autonomi e indipendenti, privati di tutto. Dentro la Grande crisi rischiano condizioni da Working Poor.
Una semplice ipotesi per riaprire i giochi ci sarebbe, in realtà. Entro il 22 giugno, data ultima di presentazione degli emendamenti al Ddl in discussione alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, il relatore Cesare Damiano potrebbe presentare e far approvare quattro emendamenti, con la scusa che la riforma entrerà in vigore nel 2017 e quindi c’è lo spazio per ridiscuterla:
– riduzione delle forme di contratto precarie e flessibili a massimo quattro tipologie, con un corredo di diritti fondamentali di base;
– tutela del lavoro autonomo di seconda e terza generazione introducendo un «equo compenso», rimuovendo l’aumento dell’aliquota Gestione separata Inps e anzi favorendo una redistribuzione di quei versamenti dal lavoratore al committente, anche in modo da garantire tutele sociali, aldilà della forma giuridica con la quale si svolge il lavoro;
– prevedere l’introduzione di un reddito di base, come ci chiede da tempo l’Unione europea, essendo l’Italia – insieme alla Grecia, guarda un po’! – l’unico Paese dell’Ue a non avere un tale strumento;
– presentare una delega per riformare gli ammortizzatori sociali in senso più garantista.
Una «sinistra» sorda
Sarebbero quattro emendamenti di buon senso, dinanzi alla depressione sociale e psichica, alle ondate di suicidi e alla miseria cui costringe la crisi globale. E allora, onorevole Cesare Damiano, per far sì che quel sorrisetto malandrino che vediamo sporgere dal suo sito non si trasformi nel ghigno del politico chiuso nelle stanze di una rappresentanza sempre più sorda. Faccia qualcosa, se non «di sinistra», di saggio e pragmatico «riformismo»,
Lei che rivendica un legame con la tradizione «laburista», presenti questi emendamenti e pretenda il sostegno della maggioranza di governo. Non migliorerà di molto la riforma, ma permetterà di rimanere in ascolto delle domande di giustizia di quella società civile che il Pd sembra adulare. Altrimenti parleremo di questa ingiusta riforma, come dell’ennesima, pessima riforma della sinistra italiana, targata Damiano-Treu.
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