Un dossier di Francesco Cecchini
Premessa.
Pochi giorni dopo l’elezione a Papa di uno dei suoi figli, Buenos Aires ha vissuto una prova generale di diluvio universale. Decine di morti e mezza città sott’acqua. Casualità o segno del destino? Ovviamente sono per la prima possibilità. Un mio amico argentino, comunque, mi ha scritto che la responsabile del disastro ambientale non è solo la pioggia, ma hanno colpe gravi anche coloro che governano la città, Maurizio Macri e la sua banda, amici di Bergoglio. Gente che ha brindato alla sua nomina.
Ho vissuto a Buenos Aires e ogni tanto la visito e non ho mai sentito nessuno di coloro che conosco parlare bene di Bergoglio. È vero che i miei amici leggono «Pagina 12» piuttosto che «Il Clarin» o «La Nacion», vengono da famiglie ferite a sangue dai militari, hanno visto e prima letto «La noche de los lapices», frequentano il Café Literario y La Libreria “Osvaldo Bayer”, partecipano a corsi della Universidad Popular Madres de Plaza de Mayo, si riuniscono quando possono con las Madres y las Abuelas. Il passato di Jorge Mario Bergoglio è stato, senza ombra di dubbio, prima nero – sino alla fine della dittatura – e poi, via via, più sfumato. Ora, dopo essere stato Padre Provinciale dell’Ordine dei Gesuiti, arcivescovo di Bueons Aires e Primate della Chiesa argentina, è diventato Pontefice e veste di bianco. Resta sempre un avversario sia del progresso che del cambio politico-sociale in Argentina, in America Latina e nel mondo intero. Come lo è stato della Teologia della liberazione, del popolo argentino durante el proceso , dei governi progressisti, di Nestor Kirchner e Cristina Fernandez.
Come molte storie argentine, quella di Bergoglio non è lineare, ma lastricata di contraddizioni.
Bergoglio gesuita e militante di Guardia de Hierro. Gli inizi di Bergoglio, giovane gesuita e guardiano di ferro, spiegano quello che ha fatto in seguito e permettono di avanzare ipotesi sul suo ruolo, presente e futuro, di pontefice.
La Guardia de Hierro, nome preso da un’organizzazione nazi-fascista romena – ma anche dal fatto che Peròn nel suo esilio di Madrid viveva a Puerta de Hierro – fu fondata da Alejandro “Gallego” Alvarez e da altri peronisti duri e puri; si dissolse ufficialmente nel 1974, con la morte di Peron. Quando ad Alvarez ricordarono che il nome dell’organizzazione era simile a quello della romena di estrema destra fondata da Corneliu Zelea Codreanu, rispose con orgoglio: “mejor”, meglio. Quest’affermazione spiega una posizione orientata verso una destra fascistizzante. L’identità politica di questa organizzazione, che rivendicava una fedeltà incondizionata a Peron, fu quella di un gruppo selettivo di quadri, uomini ma anche donne («le guardiane») peronisti ortodossi di centro destra e cattolici ultra conservatori, che si opposero alle ali estreme armate, i Montoneros e la Triple A, definite rispettivamente il Frente Rojo e il Frente Negro.
Si distinse per attività di intervento nei quartieri popolari e di intensa formazione teorica dei militanti. La struttura e la disciplina erano di tipo militare tanto che il vertice era chiamato Stato Maggiore. Contenuti e linea si possono conoscere meglio leggendo le riviste che pubblicò, «Ser Peronista» e «Trinchera de la juventud peronista», che si possono ancora trovare in qualche biblioteca pubblica di Buenos Aires. La formazione teorica non si limitò al «Manual de conduccion politica» e a «Comunidad organizada» di Juan Peron, ma comprese il filosofo Heidegger, testi marxisti e altro. Guardiani e guardiane erano persone di solida preparazione culturale. Guardia de Hierro arrivò ad avere a fine degli anni sessanta/inizio settanta, 3500 militanti e15000 attivisti. Uno fu Jorge Bergoglio che in questa organizzazione ricevette una formazione politica e culturale importante tanto quella religiosa nei gesuiti. Guardia de Hierro si dissolse come gruppo organizzato nel 1974 dopo la morte di Perón. Dapprima, fino al 1983, il percorso dei suoi membri fu abbastanza condiviso: appoggio a Isabelita prima e poi relazioni privilegiate con l’ammiraglio Massera, uno dei capi della junta golpista. Con la caduta della dittatura, guardiani e guardiane si frantumarono in iniziative varie religiose, politiche o professionali-imprenditoriali. Alvarez, per esempio, dopo essere stato per anni in Spagna, fin dalla morte del capo, ritornò in Argentina fondò un partito, ora sciolto, partecipò alle elezioni del 1990; ora è vicino a Cristina Fernandez. Giornali e televisioni lo intervistano ancora, anche se non è facile, almeno per me, capire cosa dice e cosa vuole. L’ex capo di Bergoglio è senz’altro meno intelligente e capace dell’ex allievo. Nella prima fase – quella subito successiva alla scomparsa di Perón e negli anni di Videla – Bergoglio fu vicino ai guardiani, più che un loro compagno di viaggio, fu qualcuno che li influenzò e utilizzò.
Due importanti episodi testimoniano il legame fra Bergoglio, la Guardia deHierro e la Junta Miltar: riguardano la Universidad del Salvador o USAL, un università privata fondata, nel maggio del 1953, e posseduta dalla Compagnia di Gesù, il cui scopo era, ed è, dare una formazione universitaria cristiana, tradizionalista e conservatrice in tutti i campi. Il 31 luglio 1973 Bergoglio, giovane e brillante gesuita, venne nominato Padre Provinciale della Compagnia di Gesù, che, dal punto di vista economico, si trovava in uno stato fallimentare. Alla nuova guida venne richiesta un’azione energica di riduzione delle spese e di vendita quindi di quei beni che le generano. Sotto il suo diretto controllo è la USAL che non è proprio in forma dal punto di vista economico: il costo di mantenimento mangiava molti pesos che le entrate e le tasse agli studenti non coprivano. Un paio di anni dopo, Bergoglio affidò – con l’accordo o su istruzione, ma la sostanza non cambia, del Preposito Generale padre Arrupe – la gestione della USAL a una associazione laica composta da personaggi con i quali aveva militato nella Guardia de Hierro: Francisco José Piñon che divenne rettore, e Walter Romero, un ex Capo dello Stato Maggiore dell’organizzazione. Direttore finanziario fu il suo contabile di fiducia, Enrique Betta. Altri guardiani entrarono a lavorare nell’Università del Salvatore, con diverse responsabilità. La manovra venne chiamata “el desligue”, il distacco, che fu essenzialmente economico, ma non politico. Bergoglio e i gesuiti continuarono, e continuano anche oggi, a influenzare gli indirizzi e le decisioni di questo istituto universitario. Il 25 novembre 1977, alla cerimonia di chiusura della Universidad delSalvador, alla quale parteciparono 400 persone venne conferito il titolo di doctor honoris causa al famigerato ammiraglio Massera. La decisione fu presa dagli uomini della Guardia de Hierro del comitato direttivo e da Bergoglio. L’Universidad del Salvador – che non ha mai ritirato a Massera la laurea honoris causa – oggi addirittura nega che questo sia mai avvenuto. Ma una cronaca dettagliata con i discorsi del rettore Piñon, dell’ammiraglio Massera e con foto della cerimonia apparve sul quotidiano «El Clarin» del giorno dopo e smentisce dunque la bugia gesuitica.
La laurea fu consegnata a Massera dal rettore stesso José Francisco Piñon che iniziò il suo discorso con le seguenti parole: «La Universidad del Salvador, comunità della Chiesa, radicata nella Nazione Argentina, abbeverandosi nelle fonti della storia, ha la sua missione principale nella formazione di coscienze superiori».
Massera, dopo aver ringraziato a nome della Marina, fece un discorso politico partendo da questa premessa: «Nonostante questa generosa nomina a Professore Onorario, non sono preparato per l’impegno intellettuale di un discorso accademico, per cui mi limiterò a parlare con voi di alcuni temi che ci preoccupano tutti».
Dopo un po’ di retorica da quattro soldi su vita o morte, libertà e schiavitù e lo scontro fra cultura e anti cultura, Massera si concentrò sui pericoli che minacciavano i giovani, l’indifferenza, l’amore promiscuo e l’ approdo di questa scalata materialistica dei sensi alla fede terroristica. Accusò Marx, Freud ed Einstein, tutti ebrei naturalmente, per aver messo in discussione la proprietà privata. Esaltò infine la funzione importante dell’università per la controffensiva vittoriosa dell’Occidente sul materialismo e sul comunismo.
La cerimonia appare brevemente nel documentario «La Republica perdida II». Sullo sfondo appaiono la bandiera argentina, quella papale e il simbolo dell’Istituto, una croce su uno scudo. Si sa che anche la Universidad del Salvador filmò l’ evento, ma la pellicola è stranamente scomparsa. Nel fotogramma qui sopra oltre al criminale Massera e al rettore Piñon, appaiono a lato il vice Padre Provinciale dei Gesuiti Victor Sorzin e dietro l’ ex rettore padre Ismael Quilmes. Di questi due gesuiti, Bergoglio era il superiore: sembra fosse in platea, in prima fila ad applaudire ma prudente, come sempre, si mantenne defilato. Il conferimento della laurea fu il momento più alto del rapporto fra Bergoglio, i gesuiti e l’uomo più crudele della dittatura militare. Va ricordato comunque che relazioni di Massera con la Chiesa cattolica non si limitarono ai gesuiti o alla gerarchia cattolica argentina. Un mese prima del conferimento della laurea honoris causa, il 26 ottobre 1977 Massera fu a Roma in una vista ufficiale che il Vaticano, secondo le affermazioni del cardinale Raul Francisco Primatesta, giudicò positiva: «Paolo VI restò impressionato per la personalità dell’ammiraglio Masssera e soddisfatto per i temi della conversazione».
Vi sono due possibili interpretazioni dell’onorificenza data a Massera. La prima giustifica questa mossa come necessaria alla protezione dell’Ordine dei gesuiti e degli esponenti di Guardia de Hierro. La seconda spiega il rapporto privilegiato con Massera, l’uomo dell’ESMA, come strumento per eliminare i gesuiti ritenuti sovversivi. Qualunque sia l’interpretazione corretta, risultano evidenti due cose. Primo la relazione amichevole fra i due vertici, quello in divisa e l’ altro con la tonaca. E secondo la prudenza politica di Bergoglio che fece celebrare l’evento non nella sede principale dell’USAL ma in una sede distaccata ed ebbe l’accorgimento di non esporsi in prima persona.
Bergoglio fiancheggiatore discreto e silenzioso (non sempre). Il 5 marzo 2013, una settimana prima della elezione di Bergoglio a papa, si è aperto a Buenos Aires un importante processo, il cui scopo è prendere in esame la totalità dei crimini commessi nel quadro dell’operazione Condor, una campagna di grande portata coordinata dalle dittature dell’America Latina sostenute dagli Stati Uniti negli anni 70 e 80 per braccare torturare e assassinare decine di migliaia di persone che si opponevano a quei regimi. Bergoglio trascorre gli anni del Plan Condor come Padre Provinciale del gesuiti in Argentina, dove la gerarchia ecclesiastica locale nella sua stragrande e il Nunzio Apostolico sono apertamente dalla parte della dittatura militare. La notte prima del golpe del 24 marzo 1976, Jorge Videla, Massera e i futuri membri della Junta si riunirono con i massimi esponenti della gerarchia cattolica per iniziare la guerra sucia con la benedizione di questa. La sacra alleanza fra Chiesa e militari è narrata con ricchezza di dettagli nel libro «La mano izquierda de Dios» di Horacio Verbitski. Il titolo riprende frase pronunciata da Primatesta vescovo di Cordoba la nochebuena del 1975: «Dios va a defender su creacion, va a defender el hombre. La mano izquierda de Dios es paternal, pero puede ser pesada».
Tre mesi prima monsignor Victorio Bonanin, Vicario Generale dell’Esercito, così aveva incitato i militari: «Non vorrà Dio che in futuro le Forze Armate vadano al di là della loro funzione? L’ Esercito sta espiando l’impurezza del nostro Paese… i militari sono stati purificati nel fiume Giordano per mettersi alla guida di tutto il Paese».
La mano sinistra di Dio colpì il popolo argentino poco dopo, il 24 marzo 1976.
La giornalista argentina Virginia Bossé ha raccolto alcuni documenti – che vanno dal 1975 ai primi anni ottanta – nei quali i vescovi o alti prelati argentini invitano all’azione militare o danno appoggio alla junta. La raccolta comprende anche dichiarazioni di militari a conferma dell’armonia di parole e intenti fra le due istituzioni.
Significativo un documento della Conferenza Episcopale Argentina del 15 maggio 1976: «bisogna ricordare che sarebbe facile sbagliarsi, in buona fede, se si pretendesse che gli organismi di sicurezza attuassero con la purezza chimica dei tempi di pace, mentre ogni giorno scorre sangue, che si regolassero i disordini, la cui profondità tutti conosciamo, senza accettare i tagli drastici che la situazione esige; o non accettassimo, per amore del bene comune, il sacrificio di quella quota di libertà che la congiuntura domanda, o che cercassimo, con pretese ragioni evangeliche, di realizzare soluzioni marxiste».
Ed ecco quanto scrisse il Nunzio Apostolico Pio Laghi circa un mese dopo: «C’ è una coincidenza molto singolare e incoraggiante fra quello che il generale Videla fece per conquistare la pace e l’augurio del Santo Padre (Paolo VI) perché l’Argentina viva e conquisti la pace». E poi: «il Paese ha una ideologia tradizionalista e quando qualcuno pretende di imporne altre differenti ed estranee, la nazione reagisce ai germi virali come un organismo con anticorpi, generando così la violenza. In questo caso si dovrà rispettare il diritto fino a dove si possa». E ancora: «i valori cristiani sono minacciati dall’aggressione di un’ideologia che è respinta dal popolo. Per questo ognuno ha le proprie responsabilità, la Chiesa, le Forze Armate; la prima è parte del “Proceso” e accompagna la seconda non solamente con le preghiere, ma con le azioni in difesa dei diritti umani e della Chiesa».
Questo l’atteggiamento della Chiesa cattolica argentina nella sua maggioranza: pochi furono i vescovi e preti che si opposero alla dittatura pagando anche con la vita. Non è quello argentino un caso isolato. Basti pensare all’atteggiamento del Vaticano di Pio XII nei confronti del nazi-fascismo o l’appoggio aperto della Chiesa spagnola (e non solo) al regime fascista di Franco. Il contributo di Bergoglio a questa alleanza fra militari e Chiesa fu innanzitutto il silenzio. Non disse niente sul sequestro e la sparizione delle due monache francesi, Léonie Duquet e Alice Domon né sul massacro di San Patrizio quando furono assassinati tre sacerdoti (Alfredo Leaden, Alfredo Kell e Pedro Duffau) e due seminaristi (Salvador Barbeito ed Emilio Barletti) dell’ordine dei Pallotini. In silenzio anche per il vescovo Agelelli (vedi più avanti). Insomma il Padre Provinciale dei Gesuiti – una carica di potere importante nella gerarchia ecclesiastica, con relazioni di alto livello con i dittatori in divisa – non pronunciò una parola di denuncia per nessuno dei quei 30mila sequestrati, torturati e gettati in mare ancora vivi da aerei militari o assassinati con un colpo di pistola in testa. Come non denunciò la catastrofe della politica economica della dittatura militare, che causò al popolo argentino altrettante sofferenze che la repressione. La tragedia umana fu denunciata, con ricchezza di dettagli, nell’anniversario del golpe da Rodolfo Walsh nella «Carta Abierta à la Junta Militar».
«Quindicimila dispersi, diecimila prigionieri, quattromila morti, decine di migliaia di esuli sono le cifre reali di questo terrore. Dopo aver riempito le carceri ordinarie, avete creato nelle principali circoscrizioni militari del Paese luoghi che si possono definire campi di concentramento dove non può entrare nessun giudice, avvocato, giornalista, osservatore internazionale. Il segreto militare sulle procedure, invocato come necessario per le indagini, trasforma la maggior parte delle detenzioni in sequestri che consentono la tortura senza limiti e le fucilazioni senza processo (Dal gennaio 1977 la Giunta ha iniziato a pubblicare liste incomplete di nuovi detenuti e di “liberati” che nella maggior parte dei casi non sono altro che imputati i quali smettono di essere a loro disposizione ma continuano a essere prigionieri. I nomi di migliaia di prigionieri sono ancora un segreto militare e le procedure per la loro tortura e successiva fucilazione rimangono intatte). Più di settemila ricorsi di hábeas corpus sono stati negati nell’ultimo anno. In moltissimi altri casi di sparizioni il ricorso non è nemmeno stato presentato perché si conosce in anticipo la sua inutilità oppure non si trova un avvocato che osi presentarlo dopo che i cinquanta o sessanta che lo avevano fatto sono stati a loro volta sequestrati. In questo modo avete strappato alla tortura il suo limite di tempo. Dal momento che il detenuto non esiste non può presentarsi davanti al giudice entro dieci giorni, secondo la legge che fu rispettata perfino nel culmine della repressione delle precedenti dittature. Alla mancanza di un limite temporale si è aggiunta la mancanza di un limite nei metodi, e si è tornati indietro a epoche in cui si interveniva direttamente sugli arti e sulle viscere delle vittime, ma con mezzi chirurgici e farmacologici di cui non disponevano gli antichi aguzzini. La ruota, il tornio, lo scorticamento da vivi, la sega degli inquisitori medievali ricompaiono nelle testimonianze delle invenzioni contemporanee insieme alla picana (pungolo elettrico), al “sottomarino” (l’annegamento) e alla fiamma ossidrica. Il dirigente peronista Jorge Lizaso fu scorticato vivo, l’ex deputato radicale Mario Amaya fu ucciso a bastonate, l’ex deputato Muñiz Barreto con un colpo alla nuca. La testimonianza di una sopravvissuta: picanasu braccia, mani, cosce, vicino alla bocca ogni volta che piangevo o pregavo… Ogni venti minuti aprivano la porta e mi dicevano che mi avrebbero fatta a pezzi con la sega elettrica».
Subito dopo aver scritto e divulgato la lettera (che descrive anche una situazione economica insopportabile per il popolo argentino) Rodolfo Walsh venne assassinato. La situazione, descritta da Walsh, era sotto gli occhi di tutti anche quelli di Bergoglio, che non vollero “vedere” quello stava succedendo. Un silenzio, quindi, quello del futuro papa Francesco che ancora oggi urla corresponsabilità.
Il premio Nobel Perez Esquivel ha detto con chiarezza che l’allora Padre Provinciale dei gesuiti non ebbe il coraggio di denunciare i sequestri di persona, le torture e gli assassini di cui si sapeva. Per mancanza di coraggio o per scelta politica, il risultato fu lo stesso, in qualsiasi modo si definisca (aura, prudenza, omertà o reticenza). Bergoglio non si limitò a tacere, denunciò anche. Denunciò ai servizi segreti di Jorge Rafael Videla e di Emilio Massera i gesuiti Francisco Jalics, Orlando Yorio, Louis Dourrón e Enrique Rasellini. Secondo un documento pubblicato da Horacio Verbinsky nel suo libro «Il silenzio» – diffuso in rete dallo storico cileno Sergio Grez – Bergoglio denunciò al direttore del Culto cattolico del Ministero delle Relazioni Esterne (Anselmo Orcoven) Jalics accusandolo di attività guastatrici nelle congregazioni femminili. Il rapporto dice che Jalics fu portato il 24 maggio 1976 nella famigerata ESMA, Escuela de Mecanica de l’ Armada.
Assieme a Jalics finì sequestrato e torturato anche Yorio, che in seguito confermò i rapporti fra Massera e Bergoglio: era convinto che quest’ultimo li avesse consegnati ai militari e che forse assistette ad alcuni interrogatori. Orlando Yorio, che morì nel 2000, durante al processo a la Junta (nel luglio 1985) aveva dichiarato: «Bergoglio non ci avvisò mai del pericolo che correvamo. Sono sicuro che egli stesso dette ai marinai la lista con i nostri nomi». Il religioso in varie occasioni ribadì: «Non ho indizi che Bergoglio ci liberò, anzi. Informò i miei fratelli che ero stato fucilato, non so se lo disse come cosa possibile o certa, perché preparassero mia madre. Quando fui liberato, Bergoglio mi confessò che due volte fu visitato da un’ufficiale della polizia per avvisarlo che ero stato fucilato. Fuori del Paese nel New York Times si pubblicò la notizia della nostra morte. Anche la Croce Rossa Internazionale aveva questa informazione».
Inoltre a suo giudizio: «Bergoglio aveva un canale di comunicazione con l’ammiraglio Massera, lo avevano informato che ero il capo dei guerriglieri e per questo si lavò le mani ed ebbe quell’atteggiamento di doppiezza. Non si aspettava che non trovassero niente per accusarmi e che ne uscissi vivo».
Le relazioni con la dittatura non si limitano a solo questo, se pur gravissimo, episodio. Le Abuelas de Plaza de Mayo lo hanno denunciato alla giustizia argentina per il suo coinvolgimento nel furto di bambini. In concreto nel caso della nipote di Alicia de la Cuadra, una delle fondatrici di questa organizzazione.
Dunque dal 1976 al 1983 (quando i militari cedettero il potere) l’ Ordine dei gesuiti e il loro capo Josè Mario Bergoglio, a differenza della Conferenza episcopale o di cardinali come Primaterra di Cordoba non furono mai alleati aperti della Junta Militar ma le relazioni furono buone. Non vi fu né una sola richiesta di spiegazioni o la critica a torture, sequestri e sparizioni anche quando queste erano evidenti e conosciute da tutti.
Bergoglio dopo la dittatura militare: pentito, conservatore, evangelizzatore, economista
Al termine della dittatura militare assieme alla scalata dei vertici della Chiesa argentina, Bergoglio mise in atto un’operazione di largo respiro per la valorizzazione della propria persona e del suo ruolo, che lo porterà al papato. Quattro sono stati i fulcri di importanti azioni religiose, politiche e culturali:
- Scuse e pentimento, mentre falsifica la storia.
Sembra che l’attuale papa Francesco si proponga di canonizzare, entro breve, Carlos Murias il primo prete sequestrato, torturato e assassinato dai militari il 18 luglio 1978. Carlos Murias era collaboratore del vescovo Enrico Angelelli, anche lui assassinato dalla dittatura proprio quando ritornava dal funerale di Murias.
Bergoglio non è nuovo a gesti pubblici di riparazione e di pentimento tardivo. Gli episodi di contrizione, a partire dell’anno 2000, sono molti. Per esempio, nel 2000 domandò perdono perché la Chiesa argentina non fece abbastanza durante la dittatura militare contro il terrorismo di Stato. Nel 2008 nel trentaduesimo anniversario dell’assassinio di Angelelli (dunque non subito, non nel primo o secondo anniversario) celebrò messa nella La Riola e disse che questo vescovo «aveva rimosso pietre che gli cadevano addosso per proclamare il Vangelo» aggiungendo che «il sangue dei martiri è il seme della Chiesa».
La sua fu un’ operazione simile a quella del generale Martin Balza, ai tempi di Menem che chiese scusa in nome dell’esercito per il genocidio commesso, quasi fosse un semplice incidente di percorso. Entrambe le richieste di perdono ebbero grande visualità mediatica. Da parte del giornale «El Clarin», per esempio, al quale Bergoglio dichiarò: «il martirio di Murias è un esempio della sofferenza patita da un settore importante della Chiesa cattolica argentina sotto la dittatura militare».
Parole bugiarde che nascondono il ruolo organico avuto dalla gerarchia ecclesiastica durante la repressione della quale essa fu complice e parte integrante, salvo rare eccezioni.
- Tradizionalismo religioso
Che Bergoglio sia stato fin dagli inizi (cioè da giovane gesuita e da “guardiano di ferro”) un cattolico integralista, non è dubbio. Nemico acerrimo di ogni deviazione dall’ortodossia religiosa, non è cambiato con il passare degli anni. Lo provano le sue prese di posizione, teoriche e pratiche, su celibato per gli ecclesiastici, sacerdozio femminile, sessualità, aborto, controllo delle nascite, contraccezione, procreazione assistita, coppie di fatto… Nel giugno 2007 criticò la candidatura alla presidenza di Cristina Fernandez con frasi che sono la quintessenza della misogenia: «Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici». E ancora: «l’ordine naturale e i fatti ci insegnano che l’uomo è l’essere politico per eccellenza, le Scritture ci mostrano che la donna da sempre è il supporto dell’uomo che pensa e realizza, ma niente più di questo».
La lettera ai quattro monasteri carmelitani di Buenos Aires in occasione del voto al Senato argentino sulla proposta di legge per legalizzare i matrimoni omossessuali e la possibilità di adozioni spiega molto bene il Bergoglio pensiero in materia di religione, e smentisce definitivamente chi ora lo presenta come un papa illuminato.
«Buenos Aires, 22 giugno 2010
Care sorelle, scrivo queste poche righe a ciascuna di voi che siete nei quattro monasteri di Buenos Aires. Il popolo argentino dovrà affrontare nelle prossime settimane una situazione il cui esito può seriamente ferire la famiglia. Si tratta del disegno di legge che permetterà il matrimonio a persone dello stesso sesso. È in gioco qui l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori. Ricordo una frase di Santa Teresina quando parla della sua malattia infantile. Dice che l’invidia del Demonio voleva vendicarsi della sua famiglia per l’entrata nel Carmelo della sua sorella maggiore. Qui pure c’è l’invidia del Demonio, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo: un’invidia che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra. Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una “mossa” del padre della menzogna che cerca di confondere e ingannare i figli di Dio. Gesù dice che per difenderci da questo accusatore bugiardo ci manderà lo Spirito di Verità. Oggi la Patria, in questa situazione, ha bisogno dell’assistenza speciale dello Spirito Santo che porti la luce della verità in mezzo alle tenebre dell’errore. Ha bisogno di questo Avvocato per difenderci dall’incantamento di tanti sofismi con i quali si cerca a tutti i costi di giustificare questo disegno di legge, e che confondono e ingannano perfino persone di buona volontà. Per questo mi rivolgo a Voi e chiedo preghiere e sacrificio, le due armi invincibili di santa Teresina. Invocate il Signore affinché mandi il suo Spirito sui senatori che saranno impegnati a votare. Che non lo facciano mossi dall’errore o da situazioni contingenti, ma secondo ciò che la legge naturale e la legge di Dio indicano loro. Pregate per loro e per le loro famiglie che il Signore li visiti, li rafforzi e li consoli. Pregate affinché i senatori facciano un gran bene alla Patria. Il disegno di legge sarà discusso in Senato dopo il 13 luglio. Guardiamo a san Giuseppe, a Maria e al Bambino e chiediamo loro con fervore di difendere la famiglia argentina in questo particolare momento. Ricordiamo ciò che Dio stesso disse al suo popolo in un momento di grande angoscia: “Questa guerra non è vostra, ma di Dio”. Che ci soccorrano, difendano e accompagnino in questa guerra di Dio. Grazie per quanto farete in questa lotta per la Patria. E per favore vi chiedo anche di pregare per me. Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vi conservi.
Con affetto Jorge Mario Bergoglio, S.J. – Arcivescovo di Buenos Aires».
- Evangelizzazione delle periferie argentine
Nel 1979 padre Bergoglio, come capo dei gesuiti argentini partecipa al vertice della Celam (Consiglio episcopale latino-americano) a Puebla ed è fra coloro che si oppongono decisamente al contenuto della precedente conferenza di Medellin e alla teologia della liberazione, sostenendo la necessità che il continente latino-americano faccia i conti con la propria tradizione culturale e religiosa. Il documento redatto a Puebla sull’evangelizzazione costituisce il retroterra teorico dell’azione pratica evangelizzatrice di Bergoglio in Argentina, anche come arcivescovo e cardinale primate della Chiesa locale. La caratteristica fondamentale di Bergoglio è sempre stata una grande attenzione ai poveri e agli emarginati per essere loro vicino e per consolarli. A volte criticò le condizioni economiche che affliggono il popolo che però non deve diventare soggetto della propria emancipazione. Il suo stile di vita fu sempre semplice e austero, visse in un piccolo appartamento, indossò una semplice tonaca nera, rispose personalmente alle lettere che i fedeli gli scrivevano. Spinse i parroci a uscire dalle parrocchie, a utilizzare anche i garage per messe e comunioni. Quando l’Argentina precipitò in una crisi economica senza precedenti disse messa per e con i cartoneros, coloro che rovistavano fra le immondizie per sopravvivere. Descrive bene la sua azione e l’immagine che ne deriva un libro (simil biografico) scritto da Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin uscito nel 2010, «Il gesuita» dove fra l’altro dice: «L’ opzione fondamentale è scendere per le strade e cercare la gente; questa è la nostra missione. Il rischio che corriamo oggi è quello di una Chiesa autoreferenziale, simile al caso di molte persone che diventano paranoiche e autistiche, capaci di parlare solo a loro stesse».
Bergoglio oltre ad ascoltare e parlare, scrive o fa scrivere; mai però una parola che indichi la via della ribellione a una situazione inumana o che denunci le responsabilità del capitalismo.
- Programma economico ultra liberista
Il 16 giugno 2010, il cardinal Bergoglio presentò ufficialmente, avallandolo, il documento Consenso para el desarollo elaborato dalla Universidad del Salvador. A un anno circa dalle elezioni del 2011 fu un vero e proprio programma poliico economico alternativo al governo progressista di Nestor Kirchner e Cristina Fernandez. Il documento fu redatto da personalità legate ai precedenti governi di Menen, Duhalde e Larua, responsabili del macello sociale ed economico che massacrò l’Argentina da fine anni 90 agli anni 2000: Roberto Dromi, ex ministro di Menen, Armando Caro Figueroa, ex ministro del lavoro e della sicurezza sociale, Andrés Delich, ex ministro dell’ istruzione nel 2001, Roque Fernandez ex ministro dell’ economia negli anni 1993-1997, Horacio Jaunarena, ex ministro della difesa, Jorge Vanossi ex ministro della giustizia e Fernando Lucero Schmidt, direttore di ricerche e sviluppo della USAL.
Tralasciando le proposte di riforma costituzionale e di politica estera , di educazione e di sicurezza, in materia economica vengono adottati gli obiettivi della classe capitalistica argentina: a) eliminazione della tassa su pagamenti e trasanzioni fatte con assegni e delle ritenute sulle esportazioni b) stabilire un sistema di equità tributaria e tariffaria compatibile con il guadagno dell’impresa c) evitare che le imprese pubbliche producano beni che possano essere prodotti dal settore privato d) rafforzamento del Banco Central, la cui funzione principale deve essere garantire la stabiltà della moneta nazionale (nessun accenno a un ruolo di sostegno del lavoro) e) elargizione generosa di incentivi e sovvenzioni al settore privato, includendo garanzie degli investimenti che comportano rischio.
Le politiche che Consenso para el desarollo propongono non solo hanno già provocato disoccupazione e povertà in Argentina e nell’America latina negli anni precedenti, ma stanno rovinando la Grecia e tutta l’Europa. É assurdo per l’Argentina tornare indietro a situazioni catastrofiche precedenti (il proceso militar o il governo di Menen) che la politica economica kirchnerista cerca – non senza contraddizioni – di lasciarsi alle spalle in favore di un benessere generale. In sintesi questo progarmma redatto dalla USAL con la partecipazione di ex ministri di governi ultraliberisti, sponsorizzato e presentato da Bergoglio, è indice di uno schieramento politico che si oppone al progresso economico e sociale: è il programma delle forze reazionarie ma integrato dalla gerarchia della Chiesa cattolica argentina.
Papa Francesco I, presente e futuro
Il 13 marzo Bergoglio è diventato papa suscitando commenti negativi per il suo passato. Significativo quello dello storico Osvaldo Bayer che in poche parole li riassume tutti. Per Bayer è uno schiaffo in faccia e subito dopo la nomina fa una dichiarazione di fuoco: «Per noi è una amara sconfitta che Bergoglio sia diventato Papa. Perché abbiamo visto che molti preti e vescovi hanno dato le proprie vite per costruire una nuova etica in America Latina, e ora vediamo il trionfo di un papa che ha mantenuto per troppo tempo il silenzio sui crimini della dittatura».
Il duro giudizio di Bayer ben rappresenta cosa pensano le vittime dei militari, le madri e le nonne di Plaza de Mayo, la maggior parte delle organizzazioni democratiche e di sinistra. Diversa è l’opinione dei responsabili di genocidio, in carcere e sotto processo, dei proprietari terrieri, degli industriali e della gerarchia ecclesiastica argentina.
Ma dopo essere stato semplice gesuita e membro della guardia de hierro , padre provinciale dell’ordine gesuita e silenzioso complice dei militari, capo della Chiesa argentina e conservatore populista, chi è oggi papa Bergoglio e cosa farà?
L’ elezione di Bergoglio a papa avviene in uno dei momenti di massima crisi della Chiesa cattolica, scossa dagli scandali della finanza e della pedofilia, con i credenti in netto calo.
Il «pastore tedesco» (come il quotidiano «il manifesto» chiamò Ratzinger) non è all’altezza del ruolo per risanare un corpo profondamente malato, quindi dà le dimissioni o forse viene costretto a gettare la spugna. La gerarchia sceglie una persona dalle caratteristiche diverse, non un “fine” teologo lontano dalla realtà ma un politico che ha un’ esperienza precedente di rivalutazione di una Chiesa, quella argentina, con gravi problemi,
In una sessione prima del Conclave, Bergoglio pronuncia parole che propongono un cambio radicale di immagine e di organizzazione, non più mondana ma vicino ai poveri. Il manoscritto del discorso elettorale è stato assegnato al cardinale cubano Jaime Ortega che ne parla nell’ultimo numero della rivista cattolica «Palabra Nueva». Quello che Bergoglio sta facendo nei primi giorni e settimane da Francesco I è in armonia con le parole gli hanno fatto vincere le elezioni a papa.
«Evangelizzare le periferie.
Si è fatto riferimento all’ evangelizzazione. È la ragion d’ essere della Chiesa. – La dolce e confortevole gioia di evangelizzare” (Paolo VI). È lo stesso Gesù Cristo che, da dentro, ci spinge.
1)Evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa la “parresìa” di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa (…) Verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria.
2) Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e allora si ammala (si pensi alla donna curva su se stessa del Vangelo). I mali che, nel trascorrere del tempo, affliggono le istituzioni ecclesiastiche hanno una radice nell’autoreferenzialità, in una sorta di narcisismo teologico. Nell’Apocalisse, Gesù dice che Lui sta sulla soglia e chiama. Evidentemente il testo si riferisce al fatto che Lui sta fuori dalla porta e bussa per entrare… Però a volte penso che Gesù bussi da dentro, perché lo lascino uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire.
3) La Chiesa, quando è autoreferenziale, senza rendersene conto, crede di avere luce propria; smette di essere il “mysterium lunae” e dà luogo a quel male così grave che è la mondanità spirituale (secondo De Lubac, il male peggiore in cui può incorrere la Chiesa): quel vivere per darsi gloria gli uni con gli altri. Semplificando, ci sono due immagini di Chiesa: la Chiesa evangelizzatrice che esce da se stessa; quella del “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans” [la Chiesa che religiosamente ascolta e fedelmente proclama la Parola di Dio – ndr] o la Chiesa mondana che vive in sé, da sé, per sé. Questo deve illuminare i possibili cambiamenti e riforme da realizzare per la salvezza delle anime.
4) Pensando al prossimo Papa: un uomo che, attraverso la contemplazione di Gesù Cristo e l’adorazione di Gesù Cristo, aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso le periferie esistenziali, che la aiuti a essere la madre feconda che vive della dolce e confortante gioia dell’evangelizzare».
Come verrà tradotto in pratica la dichiarazione di intenti che gli ha valso l’elezione? Conoscendo il pensiero e la prassi bergogliana si possono fare delle previsioni. L’azione evangelizzatrice è chiaramente rivolta ai poveri, ma la Chiesa che Bergoglio vuole sarà veramente per i poveri, apparterrà ai poveri? La posizione di Jorge Mario Bergoglio è tipica di una chiesa cattolica, nemica della teologia della liberazione. I poveri giustificano l’esistenza della Chiesa e sono considerati oggetto di attenzione e di compassione. Ai poveri si rivolgono azioni di aiuto caritativo, di assistenza sociale, tutt’al più denunce ai potenti di situazioni al limite, estreme di sfruttamento, ma nient’altro. Per la teologia della liberazione (e per quella Chiesa che vi ha aderito nel passato, per quei preti che ancora ci credono) i poveri non devono essere solamente confortati, sia spiritualmente che materialmente ma devono essere i soggetti della propria storia di affrancamento dalla povertà e dallo sfruttamento. La Chiesa deve star dentro questo processo di liberazione, partecipare alle lotte dei poveri, degli operai, dei contadini, dei popoli indigeni. La teologia della liberazione richiede un cambio radicale della società a favore di chi è sfruttato.
Alla luce di questo l’elezione di Bergoglio va vista come un fattore di recupero e di normalizzazione dell’America latina dove, pur con limiti ed errori, è in corso un processo di cambio politico e sociale senza eguali. Dopo il crollo delle dittature militari e fasciste, imposte dagli Sati Uniti è in atto una nuova fase con un tentativo reale di sviluppo economico affrancato dalla finanza internazionale, Fmi e Banca Mondiale che per lungo tempo hanno sfruttato e affamato i popoli di quel continente. Si stanno affermando – pur fra mille contraddizioni – i diritti dei lavoratori, delle donne e dei popoli indigeni. Cuba non è più isolata, in Venezuela avanza la rivoluzione bolivariana. In Argentina, Brasile ed Ecuador vi sono governi con programmi esplicitamente popolari. In Colombia i negoziati di pace fra guerriglia e governo potrebbero essere la premessa per una società nuova. L’imperialismo delle multinazionali e della finanza non è soddisfatto che questa parte di mondo, prima oggetto della feroce politica di rapina, si stia liberando e sia in marcia verso una società più giusta. Improponibili nuove dittature militari e sconfitti al voto i partiti di destra, parte importante nella strategia di ripristino dell’egemonia capitalistica perduta è il ruolo di una Chiesa cattolica contrapposta ai governi democratici e progressisti di questo continente. Terreno privilegiato di questa azione di rivincita potrà essere l’Argentina dove nell’ultimo decennio i due governi di Nestor Kirckner e di Cristina Fernandez hanno portato il Paese fuori dalla tragedia economica causata dai governi della dittatura militare e di Menen. Il potenziale ruolo di un papa conservatore e populista, come Bergoglio, potrebbe orientare la popolazione cattolica contro governi progressisti, già invisi agli Stati Uniti. La geopolitica del Vaticano e di papa Francesco sarà senz’altro a 360 gradi ma senz’altro privilegiando l’America Latina.
CONCLUSIONE.
AL MOMENTO DI MARCIARE MOLTI NON SANNO
che alla loro testa marcia il nemico. La voce che li comanda
è la voce del loro nemico. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico (Bertolt Brecht)
È importante, ma non facile, fare chiarezza su chi realmente è Bergoglio. Argentina e America Latina hanno dato alla Chiesa non una “sorpresa” ma un reazionario dal volto umano che viene da lontano, che si è formato con dedizione e pazienza al rilancio di una Chiesa che evangelizza negli interessi del potere mondiale, di cui è parte. Uno dei cuori della geopolitica del papa sarà l’America Latina; da una parte il principale laboratorio mondiale di cambio politico e sociale, dall’altra la casa del 40% di tutti i coloro che professano la religione cattolica.
Dal 9 al 12 aprile, la Fundacion Libertad – una organizzazione della destra liberista argentina parte di una rete continentale con legami importanti negli Stati Uniti e in Spagna – ha indetto a Rosario e a Buenos Aires incontri internazionali su America Latin, desafio y oportunidades. A questo evento hanno partecipato personaggi di fama internazionale quali Yoani Sanchez, Mario Vargas Llosa, José Maria Aznar: tutta gente nemica dei governi di Cuba, Venezuela, Ecuador, Brasile, Bolivia e Argentina, che quando ha saputo dell’elezione di Bergoglio ha dichiarato, pur con parole diverse, la propria soddisfazione. Nel corso del raduno molti interventi hanno ribadito visioni politico-economiche della società in armonia con quelle del già citato documento Consenso para el desarollo, presentato da Bergoglio nel giugno 2010. L’ iniziativa è stata ampliamente contestata sia a Rosario che a Buenos Aires da partiti e organizzazioni di sinistra e rivoluzionarie che hanno ribadito con forza che, in risposta all’ultra liberalismo della reazione, il compito attuale è «creare molti Che, molti Coooke, molti Santucho, molti Walsh», molti milioni di donne e di uomini che sappiano opporsi ai piani dell’imperialismo, per costruire una società democratica, bolivariana, socialista.
dal blog di Daniele Barbieri
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