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La democrazia non si concilia con l’Unione Monetaria Europea

Il processo di aggiustamento nell’area Euro: quasi a metà percorso

·       La storia della gestione della crisi nell’area dell’Euro ha due dimensioni: la prima è quella di progettare nuove istituzioni per la prossima fase stabile dell’Emu 2 (seconda unione monetaria Europea ndt.), e la seconda è quella gestire i problemi accumulati a livello nazionale, alcuni dei quali erano gia presenti nel periodo del lancio dell’Unione Monetaria Europea e alcuni dei quali sono venuti a galla durante il primo decennio della vita dell’Unione Monetaria.

·       è fondamentale comprendere che l’approccio della Germania – e la Germania sta largamente determinando l’approccioo alla gestione della crisi- è quello per cui i problemi accumulati (debiti pubblici nazionali) devono essere risolti a livello nazionale prima che vengano presi ulteriori passi sul cammino dell’integrazione, i quali implicano quote significative di rischio nella condivisione degli oneri.

·       questo crea l’immagine di una serie di percorsi di aggiustamento a livello nazionale. Alcuni di questi percorsi sono semplicemente squilibri costruiti nel primo decennio dell’Unione Monetaria Europea, mentre altri porteranno dei Paesi verso destinazioni completamente nuove. La domanda è: a che punto siamo in questi percorsi di aggiustamento? In questo rapporto esaminiamo i percorsi in termini di riduzione dell’esposizione del debito sovrano. Riduzione dell’esposizione bancaria, riforma strutturale e riforma politica a livello nazionale.

·       In alcune aree, sono stati fatti parecchi progressi. In altre aree, l’aggiustamento è appena cominciato. Mettendo assieme le due cose vorremmo sostenere che questi aggiustamenti a livello nazionale sono mediamente circa a meta percorso.

·       Questo approccio alla gestione della crisi ha avuto un enorme impatto a livello macroeconomico, deprimendo la performance generale dell’economia e ampliando il grado di dispersione. Ad un primo sguardo dire che siamo solo a a metà cammino sembra molto deprimente: la regione non potrebbe tollerare altri tre anni come quelli appena passati. Tuttavia l’aggiustamento in corso non significa recessione in corso. Ciò che è importante è come cambiano i vari venti contrari che si abbattono sull’economia reale. Il nostro giudizio è che questi venti contrari si dilegueranno anche se gli aggiustamenti saranno ancora in corso.

·       Noi sosteniamo in anticipo che la regione tornerà alla crescita. Ma senza una banca centrale molto più aggressiva, la crescita rimarrà stagnante e la regione vulnerabile agli shock. Una prospettiva di crescita dell’1-1,5% percento è probabilmente il meglio in cui la regione può sperare.

·       Ad un certo punto la storia della gestione della crisi cambierà ed emergeranno le istituzioni del prossimo stadio (dell’Unione Monetaria). Ci sono due modi in cui ciò può accadere. Primo se i percorsi di aggiustamento a livello nazionale saranno in uno stadio avanzato; o secondo se un’irresistibile pressione politica e sociale si verrà costruendo nei paesi della periferia.

·       Entrambi questi scenari sono ancora in un certo grado inattivi. Di conseguenza è probabile che la regione continui con l’attuale gestione della crisi ancora per qualche tempo. Nella nostra visione le discussioni riguardo la costruzione istituzionale per il prossimo stadio monetario continueranno in parallelo, ma un significativo spostamento del rischio(da livello nazionale) a livello regionale e una condivisione degli oneri difficilmente si verificherà presto.

Storia della gestione della crisi

La gestione della crisi nelle area dell’Euro si è evoluta negli ultimi tre anni poiche la crisi stessa si è evoluta. Ma in tutta la vicenda un tema chiave è sempre stato presente: che i problemi accumulati a livello nazionale avrebbero dovuto essere affrontati a livello nazionale prima che la regione si imbarcasse verso passi ulteriori di integrazione che avrebbero implicato un rischio significativo/una condivisione degli oneri.

Molti hanno pensato che il salvataggio di Cipro abbia significato un cambiamento epocale nel modo in cui la crisi stava venendo gestita. Ma, ciò non è vero secondo noi. Prima di Cipro i titoli sovrani dell’area Euro che entravano nei programmi di Unione Europea e di FMI, dovevano sopportare da soli l’onere dell’abbassamento dell’esposizione del rischio sovrano, della ricapitalizzazione delle banche e della riforma strutturale.

Questo cammino è continuato col salvataggio di Cipro, ma con l’aggiunta che quando le rispettive spalle nazionali non dovessero essere abbastanza larghe da sopportare l’onere della ricapitalizzazione delle proprie banche, i creditori delle banche sarebbero stati parzialmente salvati a seconda delle posizioni.

Il salvataggio di Cipro semplicemente ha rafforzato il messaggio che i problemi di livello nazionale sarebbero stati affrontati all’interno della stessa nazione.

La Germania ha sempre adottato un approccio inter-temporale riguardo alla gestione della crisi.

È sempre stata preoccupata che piu gli oneri vengono condivisi ex ante, meno probabile è che gli aggiustamenti appropriati vengano fatti ex post. Tuttavia, per permettere che il modello d’approccio della Germania venga seguito, si devono mettere in piedi sufficienti pacchetti di liquidità per gestire lo stress sul mercato finanziario. Inizialemente questo stress è stato affrontato costruendo “ospedali” per i titoli sovrani (Struttura di Stabilità Finanziaria Europea /Meccanismo di Stabilità Europeo) basati su liquidità proveniente dalla leva fiscale, insieme al supporto di liquidità della Banca Centrale Europea per le banche. Questo approccio è dventato problematico quando lo stress sui mercati finanziari si è mosso verso la Spagna e l’Italia nel 2011, paesi troppo grandi per essere gestiti con il metodo tradizionale degli “ospedali” di liquidità basati sulla leva fiscale.

L’acquisto diretto dei titoli sovrani sul mercato secondario da parte della Banca Centrale Europea (OMT Outright Monetary Transactions) può essere visto come una soluzione per questo problema. Entrando nel ruolo di prestatore di ultima istanza verso i titoli sovrani, la BCE ha rimosso il blocco delle restrizioni al fine di assicurare che i titoli sovrani possano essere sempre finanziati. Questo tipo di transazioni hanno permesso alla Germania di continuare col suo approccio preferenziale alla gestione della crisi(evitando gli Eurobonds ndt).

Nei primi giorni della crisi, si pensava che questi problemi accumulati a livello nazionale fossero largamente di natura economica: debiti sovrani eccessivamente esposti, banche e famiglie, disallineamenti dei tassi di cambio reali interni, e ridigità strutturali. Tuttavia, col passare del tempo, è divenuto chiaro che ci sono anche problemi nazionali accumulati di natura politica. Le costituzioni e gli assetti politici nella periferia meridionale, messi in piedi in seguito alla caduta del fascismo, hanno tutta una serie di caratteristiche che appaiono inadatte ad un’ulteriore integrazione nella regione. Quando i politici tedeschi e i policymakers parlano di processi di aggiustamento che si protrarranno per un decennio, hanno probabilmente in mente il bisogno sia di riforma economica sia di riforma politica.

La natura della gestione della crisi ha avuto un grande impatto sul panorama macroeconomico. Una maggiore sopportazione degli oneri a livello nazionale ha pesato sulla crescita regionale e ha generato un significativo grado di dispersione intra-regionale. Ha anche aumentato le tensioni politiche nella regione. Una domanda chiave è se la macroeconomia possa migliorare anche se la gestione della crisi rimanga invariata. Noi pensiamo di sì, ma solo in modo limitato.

Molti sosterrebbero che il fardello del debito non possa essere sopportato a livelllo nazionale e che, ad un certo punto, la gestione della crisi dovrà cambiare. Ciò potrebbe essere vero. Ma, è degno di nota mettere in luce che ci sono delle aree grigie che verranno probabilmente sfruttate in modo esponenziale col passare del tempo, che ammorbidiranno il percorso di aggiustamento: percorsi fiscali prolungati e la ristrutturazione dei titoli ufficiali. Mentre la crisi si è dispiegata, i policymakers si sono sempre di più focalizzati sugli sviluppi dei bilanci strutturali e hanno consentito agli stabilizzatori automatici di essere pienamente integrati nei titoli dei numeri di budget. Progressi più lenti verso gli obiettivi finali sono inoltre più probabili mano a mano che il tempo passa. Nel frattempo, una ristrutturazione delle passività ufficiali porterà ad un alleggerimento del debito e faciliterà l’onere del funzionamento del debito stesso. Ciò si è già verificato in Grecia, Irlanda, e Portogallo. Ci si aspetta di più per questi paesi e anche per la Spagna e Cipro.

Se ciò si dimostrerà sufficiente per gli aggiustamenti a livello nazionale al fine di farli continuare finché saranno completati, rimane da vedere. Cruciale sarà il comportamento della Bce. Nei mesi recenti, la Bce ha mostrato di essere disposta a tollerare una maggiore debolezza economica e una più bassa previsione d’inflazione, e maggiori problemi persistenti riguardo al meccanismo di trasmissione del processo attorno alla periferia Europea. In corrispondenza al fatto che la risposta della Bce è solo limitata, i percorsi saranno rispettivamente più duri. Una risposta più consistente della Bce renderebbe i percorsi di aggiustamento molto più agevoli.

L’idea di un percorso di aggiustamento

La precondizione che i problemi di carattere nazionale vengano affrontati a livello nazionale crea l’immagine di un percorso. Alcuni di questi derivano dal primo decennio dell’Unione Monetaria Europea, mentre altri riguardano paesi che hanno raggiunto destinazioni completamente nuove. Con quest’immagine in mente, l’ovvia domanda è “a che punto siamo?” Nelle seguenti sezioni esamineremo questa domanda relativamente a titoli sovrani, banche, famiglie, tassi di cambio reali, riforma strutturale, e riforma politica nazionale. Per ognuna di queste voci abbiamo in mente l’idea di un percorso dal peggior punto degli anni recenti verso qualche destinazione finale. Noi consideriamo quindi quanta parte del percorso sia stata completata. Il chiaro messaggio è che è stato fatto un considerevole progresso. Ma è anche evidente che c’è ancora molto da fare.

·       Riduzione del rischio sui debiti sovrani: circa a metà percorso

·       Aggiustamento dei tassi di cambio reali: obiettivo quasi completamente raggiunto per un certo numero di paesi

·       Riduzione dell’esposizione debitoria delle famiglie in Spagna: circa un quarto dell’obiettivo in termini di stock, ma obiettivo quasi completamente raggiunto in termini di flussi.

·       Riduzione dell’esposizione debitoria delle banche: difficile da dire a causa dell’eterogeneità del fenomeno a seconda dei paesi e delle singole banche, ma le banche di grandi dimensioni hanno fatto sicuramente molti progressi

·       Riforma strutturale: difficile da dire ma anche in questo caso sicuramente si sta facendo qualche progresso

·       Riforma politica: neanche quasi iniziata.

Mettendo insieme gli elementi, sosteniamo che in media la regione è circa a metà percorso in termini di percorsi di aggiustamento a livello nazionale.

Il percorso di riduzione del debito

E’ ragionevolmente facile specificare tale percorso per i debiti sovrani poiché il Fiscal Compact già fornisce due obiettivi fiscali di medio periodo. Per i paesi con un rapporto debito/pil superiore al 60%, esso richiede che abbiano un avanzo primario di bilancio che li porti a tale rapporto entro i prossimi venti anni. Altrimenti, l’obiettivo fiscale è che la posizione strutturale non sia maggiore di un deficit dello 0.5%.

La seguente tabella mostra a che punto sono i vari paesi in questo percorso, considerando il progresso ottenuto rispetto ai massimi deficit registrati in questi anni. La Germania, il Lussemburgo e l’Estonia sono gli unici paesi che soddisfano entrambi i requisiti fiscali. Tra i paesi della periferia, l’Italia è quella più avanti con il 75% dell’obiettivo completato. Altri paesi della periferia, inclusa la Francia, hanno complessivamente raggiunto meno della metà dell’obiettivo. Tali calcoli potrebbero sovrastimare il progresso fatto in termini di riduzione del debito, basandosi sul semplicistico assunto che il tasso di prestito eguaglierà nel tempo il tasso di crescita dei vari paesi. Mentre ciò rappresenta un ragionevole assunto in paesi che emettono titoli del debito sovrano attraverso le proprie banche centrali, non è chiaro se ciò si applica anche ai paesi periferici inseriti nell’area dell’Euro. Finché il tasso di prestito rimane più alto del tasso di crescita, gli avanzi primari di bilancio dovranno essere maggiori al fine di compensare. Ma d’altra parte, questi calcoli non tengono conto della probabilità di un’ulteriore ristrutturazione del debito per specifici paesi. Una ristrutturazione ufficiale del debito rende ovviamente più facile raggiungere l’obiettivo, almeno in un senso attuale di valore netto, e rende anche più facile raggiungere gli obiettivi strutturali di deficit poiché riduce spese e interessi sui titoli.

Quest’analisi suggerisce che, se escludiamo la Germania, il Lussemburgo, l’Estonia, insieme con l’Austria e la Finlandia che hanno quasi completamente raggiunto le condizioni del fiscal compact, il resto della regione ha completato quasi metà dell’obiettivo.

Tuttavia ciò non significa che nei prossimi anni la crescita sarà bassa tanto quanto lo è stata negli anni recenti trascorsi. A parte il ruolo dello stress finanziario nel creare debolezza macroeconomica, la velocità dell’aggiustamento fiscale è destinata a ridursi mano a mano che la regione pone l’accento sulla generazione di crescita e la riduzione della disoccupazione. Ma significa però che l’austerità fiscale sarà probabilmente una caratteristica del panorama macroeconomico nell’area dell’Euro per un periodo molto lungo.

I percorsi di aggiustamento in termini di competitività

Noi abbiamo spefificato i percorsi di aggiustamenti in termini di competitività basandoci sull’assunto che i tassi di cambio reali interni all’interno della regione debbano ritornare ai livelli del lancio dell’Unione Monetaria Europea. Essenzialmente ciò significa che gli apprezzamenti visti nella prima decade dal lancio dell’Unione Monetaria debbano essere ridistesi. E’possibile che quest’obiettivo non sia nemeno sufficientemente ambizioso, ovvero che tali tassi fossero già disallineati al momento del lancio dell’Unione. Ma tuttavia fornisce un ragionevole metro di misura come punto di partenza.

La tabella sottostante mostra a che punto sono i vari paesi considerando il progresso fatto rispetto agli estremi disallineamenti degli anni recenti. Con l’eccezione dell’Italia, dove non è stato fatto alcun progresso, nel resto della periferia ci sono stati significativi deprezzamenti dei tassi reali di cambio, con alcuni paesi che hanno completato circa il 70-100% del necessario percorso.

La debolezza della domanda interna che ha aiutato a deprimere i tassi reali di cambio ha anche aiutato a ridurre gli attuali squilibri nella bilancia dei pagamenti. In questo caso noi specifichiamo il percorso in termini di raggiungimento di un obiettivo di equilibrio nella bilancia. In questo senso, sono stati fatti significativi progressi nella periferia. Tuttavia è possibile che questo obiettivo non sia sufficientemente ambizioso: alcuni di questi paesi hanno bisogno di generare attivi nella bilancia dei pagamenti per compensare il significativo aumento di passività esterne accumulate durante il periodo di grandi deficit di bilancia.

Un avvertimento per quest’analisi è che questi riallineamenti dei tassi reali di cambio e miglioramenti nella bilancia corrente sono stati dovuti solo ad un’estrema debolezza di domanda, e che ulteriori aggiustamenti sono necessari per assicurare che tali miglioramenti vengano mantenuti quando si verificherà la ripresa.

Un’altra prospettiva sugli aggiustamenti in termini di competitività può essere ottenuta guardando le esportazioni. Guardando come le esportazioni si sono evolute anche da prima della crisi, la Spagna emerge clamorosamente. L’impressionante performance delle esportazioni spagnole non riflette semplicemente il miglioramento del tasso reale di cambio. Riflette in più l’adattabilità delle aziende spagnole che hanno risposto al collasso della domanda interna spostando la loro produzione verso i mercati stranieri. Che la Spagna sia stata in grado di fare ciò ad un livello molto maggiore di altri paesi suggerisce un più alto grado di sottesa flessibilità.

Il percorso di riduzione del debito delle famiglie

La pressione sull’esposizione debitoria delle famiglie non è uniforme nell’area dell’Euro. Eì concentrata in paesi specifici come la Spagna e l’Irlanda. In Spagna per esempio, nel 2002, il debito delle famiglie come fetta del loro reddito disponibile era lo stesso della media dell’area Euro, circa il 77%. Nel periodo del picco nel 2007, il debito delle famiglie in Spagna era salito al 131% del loro stesso reddito, mentre la media dell’area Euro era salita a solamente il 95%. Da allora, il debito delle famiglie spagnole si è ridotto al 124% del reddito mentre l’area nel suo complesso è arrivata al 100%.

Dettagliare un percorso per la riduzione del debito delle famiglie è più complessa poiché non c’è un modo chiaro per definire il livello di equilibrio del debito. Dato che l’area Euro nel suo complesso non ha sperimentato né un boom edilizio né una massiccia espansione del debito delle famiglie, sembra ragionevole specificare il percorso di aggiustamento nei termini di un ritorno dei livelli di indebitamento delle famiglie spagnole rispetto al reddito a dei parametri in linea con la media della regione. Ciò implicherebbe un’ulteriore riduzione fino a circa un rapporto del 100%. Se dettagliamo l’obiettivo in uesto modo, le famiglie spagnole hanno completato circa solo il 25% del percorso in termini di aggiustamento di stock.

Ma in termini dell’impatto della riduzione dell’indebitamento delle famiglie sulla crescita economica, è più appropriato considerare il livello del surplus finanziario delle famiglie stesse.

Se consideriamo il percorso per le famiglie spagnole nello stesso modo in cui lo facciamo per i titoli sovrani, ovvero, quale surplus finanziario è necessario per porre il debito in una traioettoria di riduzione, allora le famiglie hanno fatto dei progressi molto più significativi. L’anno scorso, il surplus finanziario delle famiglie era l’1,3% del reddito lordo disponibile. Alcune semplici simulazioni mostrano che un surplus finanziario di circa l’1,5% ridurrebbe il debito al 100% del rapporto dopo circa un decennio.

Ciò suggerisce che, mentre la riduzione del debito delle famiglie rimarrà probabilmente una caratteristica del panorama macroeconomico spagnolo nel prevedibile futuro, l’aggiustamento in termini di flusso necessario per le famiglie spagnole a partire dall livello attuale è piuttosto modesto. Oltre a ciò, è probabile che sarà più facile nei prossimi anni per le famiglie avere un surplus di reddito. A partire dal 2009, le famiglie, le imprese non a carattere finanziario, le banche, e il governo hanno provato a ridurre il debito tutte insieme. Il processo da parte delle aziende produttive è stato particolarmente forte; c’è stato uno spostamento nella posizione finanziaria del settore da un deficit del 10,9% del prodotto interno lordo nel 2008 ad un surplus attuale del 3.5% del Pil. Questo il tentativo simultaneo di ridurre il debito nei confronti di redditi già depressi, che è stato aggravato dallo stress finanziario aggiuntivo. (pare mancare il verbo nella versione originale, anche la J.P Morgan fa errori di grammatica/stampa)

L’ambiente macroeconomico nei prossimi anni non sarà così difficile come lo è attualmente, così le famiglie dovrebbero trovare leggermente più facile continuare a progredire nella riduzione dei loro debiti.

La riduzione del debito delle banche

Dettagliare il percorso per le banche e misurare dove siamo in questo percorso è una sfida. Possiamo utilizare gli obiettivi regolatori per i rapporti capitale, i rapporti sull’indebitamento, e quelli sui prestiti e sui depositi. Rispetto alla dimensione del capitale, le grandi banche devono raggiungere un rapporto tra capitale centrale di livello uno e beni ponderati al rischio del 9%( un livello 1 di capitale centrale del 4,5%, un buffer di conservazione del capitale del 2,5%, ed un buffer delle Istituzioni Finanziarie Importanti a livello Sistemico del 2%). Nei nostri calcoli consideriamo un obiettivo del 10% poiché le banche vogliono superare il livello minimo richiesto. I regolatori globali si sono indirizzati verso la fissazione di rapporti massimi del livello di indebitamento(definito come i beni complessivi divisi tra capitali e riserve) di 25-33. Il quarto pacchetto di direttive Europee sulla regolamentazione dei capitali, che indica la cornice della regolamentazione per l’Unione Europea, si indirizza verso un limite massimo ma senza imporre dei prerequisiti alle aziende. Nella nostra analisi, assumiamo come livello desiderabile un rapporto di indebitamento del 33 (%?). Non ci sono prerequisiti per le aziende rispetto ai rapporti tra prestiti e depositi, ma i regolatori sembrano incoraggiare le banche a muoversi verso un livello del 100%-120%.

I dati aggregati della BCE forniscono una prospettiva sul percorso di aggiustamento fino ad ora. Non è possibile utilizzare questi dati per creare un rapporto rispetto al capitale, perché la BCE non fornisce una misura dei beni ponderati al rischio. Ma questi dati possono essere utilizzati per osservare i rapporti rispetto al debito e a quello tra prestiti e depositi. A livello complessivo di regione, l’esposizione debitoria è caduta notevolmente negli anni recenti, da un picco del 18.6 nel 2008 all’attuale 14. Attorno ad una media dei paesi settentrionali dell’area Euro, il rapporto di esposizione è caduto di poco più di tre punti dal livello pre-crisi. In Italia e Spagna, l’aggiustamento nell’esposizione complessiva è stata maggiore, mentre in Irlanda e Grecia è stato ancora più grande. In generale, i dati aggregati riportati dalla Bce suggeriscono che le banche raggiungono tranquillamente i rapporti richiesti rispetto all’esposizione debitoria.

Frattanto, i dati aggregati della Bce suggeriscono anche che è stato fatto un progresso significativo nel direzionarsi verso delle più stabili fonti di finanziamento, ma il quadro è più variegato che per l’indebitamento. Tra i paesi settentrionali dell’area Euro, esclusa la Finlandia, i rapporti tra i prestiti e i depositi sono caduti significativamente. Ma i dati aggregati per la Francia e l’Olanda rimangono sopra il range del 100-120% attorno al quale sono gravitati i regolatori come norma di riferimento. Riduzioni nei rapporti tra prestiti e depositi nel resto della regione sono stati più accentuati, con l’eccezione della Grecia che ha sofferto una sostanziale fuga dei depositi. Ma anche dopo evidenti riduzioni dai picchi post-crisi, i rapporti tra prestiti e depositi rimangono molto sopra il 120% in Italia, Spagna, Portogallo ed Irlanda. Per alcuni di questi paesi, il quadro è un po’ più fuorviante a causa della popolarità dei titoli pubblici venduti ai singoli consumatori finali. Questi non sono inclusi nel rapporto tra prestiti e depositi, ma noi pensiamo che dovrebbero esserlo.

Un’altra finestra d’osservazione sul processo di aggiustamento è fornita dall’osservazione di un campione delle più grandi banche dell’area Euro.
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Parte specifica sull’Italia:

Durante il 2012, il governo Monti ha introdotto ampie riforme del mercato dei prodotti in tutta una serie di settori comprendenti l’energia, i trasporti e i servizi professionali. L’obiettivo delle riforme era di ridurre le tariffe e di aumentare la flessibilità. Ha anche introdotto riforme del mercato del lavoro per ridurre i costi di licenziamento, promuovere gli apprendistati, decentralizzare la fissazione dei salari, e liberalizzare i servizi di collocamento.

Stimare l’impatto di tali riforme sulle varie misure strutturali menzionate in precedenza non è facile. Un modo di farlo è utilizzare le stime del Tesoro italiano sull’impatto delle riforme rispetto agli indicatori OCSE sul lavoro e la struttura del mercato dei prodotti. Secondo il Tesoro italiano, le riforme del mercato del lavoro del 2012 hanno ridotto l’indice OCSE sulla legislazione di protezione del lavoro di 0.3 punti, mentre le riforme sul mercato dei prodotti del 2012 hanno ridotto l’indice OCSE sulla regolamentazione (del mercato dei prodotti) di 0.1 punti (dati più bassi su questi indicatori indicano mercati del lavoro e dei prodotti meno restrittivi).

Possiamo utilizzare queste stime, insieme ad alcuni modelli di regressione a doppia variabile, per stimare l’impatto delle riforme del 2012 sugli indici dell’Istituto Fraser, che misurano anche la struttura legale. Non siamo in grado di farlo per il rapporto della Banca Mondiale “Fare Business” a causa di mancanza di dati sufficienti. La tabella sulla pagina precedente mostra delle previsioni su come questi indicatori si muoveranno dalle ultime rilevazioni(prima delle riforme)alle letture del 2013(dopo le riforme). Senza sorpresa, tutti questi indicatori mostrano che le riforme del 2012 hanno migliorato la struttura dell’economia italiana.

In termini di misurazione del grado di miglioramento, possiamo calcolare dove l’Italia si situerebbe in tali rapporti dopo le riforme del 2012, assumendo che nulla sia cambiato in ogni altro paese. Questo viene mostrato anche nella pagina precedente. Di conseguenza, per esempio, la posizione dell’Italia nell’indice dell’Istituto Fraser della regolamentazione del mercato del lavoro migliorerebbe da 72 a 56. Se noi confrontiamo il valore stimato dell’indice per il 2013 con il migliore della regione(che è quello dell’Irlanda), questo suggerisce che l’Italia ha fatto un ragionevole passo in avanti verso la migliore pratica nella regione.

Questa analisi suggerisce che le riforme del 2012 rappresentano un progresso, ma c’è da fare di più. Tuttavia, ed in modo importante per l’Italia, migliorare la performance strutturale dell’economia non riguarda solo la riforma delle leggi. Riguarda anche cambiare la burocrazia ed il sistema giudiziario. Ciò è evidente se guardiamo alla relazione tra le misure quantitative di struttura, come gli indicatori OCSE sulla legislazione rispetto alla protezione del lavoro e alle regolamentazioni del mercato dei prodotti, e le percezioni degli imprenditori. Secondo l’OCSE, l’Italia non è lontana dalla media dell’area Euro. Tuttavia gli indici del Forum Economico Mondiale mostrano che le percezioni di business nel lavorare nei mercati italiani delle merci e del lavoro sono molto più basse.

Ciò suggerisce che il problema riguarda molto più il modo in cui le leggi vengono interpretate dalla burocrazia e dal sistema giudiziario, di quanto riguardi le leggi in sé.

Sistemi politici non conformi

All’inizio della crisi, si pensava generalmente che i problemi nazionali ereditati dal passato fossero sempre di natura economica. Ma, quando la crisi si è evoluta, è diventato evidente che esistono dei problemi politici profondamente radicati nella periferia che a nostro avviso, devono cambiare se l’UEM dovrà funzionare correttamente nel lungo periodo.

I sistemi politici della periferia sono stati stabiliti a seguito della dittatura, e furono definiti in base a questa esperienza. Tali Costituzioni tendono a mostrare una forte influenza socialista, che riflette la forza politica che i partiti di sinistra guadagnarono in seguito alla sconfitta del fascismo.

I sistemi politici intorno alla periferia tipicamente mostrano le seguenti caratteristiche:

  • un potere esecutivo debole,
  • uno Stato centrale debole rispetto alle regioni,
  • la tutela costituzionale dei diritti del lavoro,
  • sistemi di costruzione del consenso che alimentano il clientelismo politico,
  • e il diritto di protestare se vengono apportati cambiamenti sgraditi allo status quo politico.

Le carenze di tali sistemi politici ereditati dal passato sono stati rivelati dalla crisi.

Infatti, le nazioni della periferia dell’eurozona hanno conseguito solo un parziale successo nell’adottare quelle riforme economiche e di bilancio che erano in programma, con governi vincolati dalle costituzioni nazionali (Portogallo), dalla forza delle regioni (Spagna), e dall’ascesa di partiti populisti (Italia e Grecia).


Cambiamenti in atto

Vi è un crescente riconoscimento della portata di questo problema, sia nel nucleo che nella periferia. Il cambiamento sta cominciando a prendere piede. La Spagna ha adottato misure per affrontare alcune delle contraddizioni dell’insediamento politico successivo al periodo della dittatura di Franco con la normativa dello scorso anno che consente una più stretta supervisione fiscale delle regioni.

Ma al di fuori della Spagna, finora è stato fatto ben poco.

La prova chiave per il prossimo anno sarà in Italia, dove il nuovo governo chiaramente avrà l’opportunità di impegnarsi in significative riforme politiche. Ma, in termini di un percorso da intraprendere, il processo di riforme politiche è appena iniziato.

traduzione di Walter Ceccotti

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