Cinque soldati ucraini sono stati uccisi e altri dieci sono rimasti feriti negli ultimi giorni malgrado la tregua teoricamente in vigore nell’Est dell’Ucraina. Secondo il portavoce militare del regime di Kiev, Andriï Lysenko, i ribelli del Donbass avrebbero aperto il fuoco in diverse occasioni contro le truppe governative mentre una delle vittime sarebbe morta a causa dello scoppio di una mina al passaggio di un carro armato. Di natura opposta le accuse che provengono dai comandi militari delle Repubbliche Popolari, secondo i quali le truppe governative hanno ricominciato la pressione contro le postazioni dei ribelli nonostante gli accordi di Minsk.
In questo quadro di estrema fragilità del cessate il fuoco, e ad un anno esatto dall’annessione della Crimea da parte della Russia dopo il referendum popolare organizzato nella penisola dopo il colpo di stato filoccidentale a Kiev , il presidente ucraino Petro Poroshenko ha presentato al parlamento dei progetti di legge che concedono una qualche autonomia alle regioni dell’Est abitate dalla popolazione russofona. Questo è previsto dai cosiddetti accordi di Minsk 2, ovvero dall’intesa raggiunta nella capitale bielorussa il 12 febbraio, con la partecipazione di Poroshenko e del presidente russo Vladimir Putin, mediata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Francois Hollande. La legge presentata dal governo ucraino lunedì scorso e che è passata al vaglio del parlamento di Kiev – gestito dai nazionalisti e dagli ultranazionalisti – il quale ha introdotto numerosi cambiamenti prevede una qualche autonomia linguistica per le regioni del Donbass e la possibilità di intrattenere rapporti transfrontalieri con la Russia, ma anche il pieno ripristino della sovranità ucraina su territori trattati nell’ultimo anno come un vero e proprio ‘nemico interno.
Se il progetto di legge non piace agli oltranzisti ucraini, anche Mosca e i ribelli l’hanno prontamente bocciato. Le decisioni ucraine sullo status del Donbass “sono una grossolana violazione degli accordi di Minsk”, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, secondo cui le proposte del presidente Petro Poroshenko “de facto riscrivono questi accordi” al ribasso.
Da parte loro gli insorti filorussi dell’Est dell’Ucraina hanno avvertito che non saranno possibili “compromessi” con il governo di Kiev dopo il voto di ieri sul futuro status delle regioni da loro controllate. I ribelli sono irritati soprattutto per il fatto che la concessione di una qualche autonomia venga condizionata alla convocazione di elezioni locali, in base alla legge ucraina e sotto il controllo di funzionari di Kiev oltre che di osservatori internazionali. Inoltre, la Rada (il parlamento monocamerale di Kiev) ha approvato una mozione che definisce le regioni di Donetsk e Donbass “temporaneamente occupate”, di fatto riconoscendo seppur involontariamente quanto le popolazioni dell’oriente ucraino vanno denunciando ormai da un anno.
A preoccupare le Repubbliche del Donbass anche il fatto che il premier ucraino, il falco filo-Nato Arseniy Yatseniuk, abbia esplicitamente chiesto all’Unione europea di restare unita nel mantenimento delle sanzioni contro la Russia, affermando che “il più grande successo” del presidente Vladimir Putin sarebbe di dividere gli europei. “Se Putin rompe l’unità tra gli Stati membri, sarà il più grande successo per il presidente Putin e un disastro per il mondo libero” ha detto Yatseniuk dopo un incontro con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk a Bruxelles. Il premier ucraino è stata ricevuto dal leader polacco a poche ore dal vertice dei capi di Stato e di governo che dovranno discutere tra l’altro della strategia da adottare contro la Russia.
“Qual è il successo del presidente Putin, la ricetta della stabilità russa? L’instabilità della Ue”. “Si può parlare di una prolungamento della sanzioni o di come inasprirle nel caso in cui la Russia non sia pronta ad attuare l’accordo di Minsk” ha detto Yatseniuk che ha aggiunto “respingo con forza ogni dibattito su un alleggerimento delle sanzioni”.
Da parte loro intanto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e la cancelliera tedesca Angela Merkel si sono già detti concordi nel non allentare le sanzioni contro la Russia fino a quando essa non ottempererà a tutti gli impegni presi a Minsk nel febbraio scorso.
Se alla Russia si chiede di smettere di sostenere i ribelli del Donbass e di non reagire alle continue provocazioni militari della Nato a ridosso del suo territorio, i paesi occidentali continuano però in una escalation che difficilmente convincerà Mosca a non eseguire passi corrispondenti.
Proprio nei giorni scorsi un consistente gruppo di militari britannici è arrivato in Ucraina per addestrare le forze militari di Kiev, ha ammesso il Ministero della Difesa di Londra. “Il nostro obbiettivo è quello di rafforzare la capacità difensive delle forze armate ucraine” ha spiegato un portavoce del Ministero, precisando che la missione è iniziata a marzo e che il numero degli effettivi varierà in funzione delle necessità operative; stando alla Bbc sarebbero al momento 35 i militari britannici sul posto. La missione era stata annunciata il mese scorso dal premier britannico David Cameron: secondo il Ministero della Difesa dovrebbe vedere impegnati un totale di 75 addestratori.
Anche l’esercito degli Stati Uniti si appresta di nuovo a mostrare i muscoli al Cremlino con una imponente colonna di mezzi corazzati che sfilerà fra qualche giorno in cinque Paesi dell’ex patto di Varsavia, oggi tutti assorbiti all’interno della Nato. Una prassi parecchio inusuale, che sembra voler inviare un chiaro messaggio di avvertimento alla Russia, sulla scia delle sempre altissime tensioni per la crisi scatenata in Ucraina dal golpe del febbraio 2014. L’operazione – denominata significativamente Dragon Ride, la Cavalcata del Drago – servirà a riportare in Germania, nella base statunitense di Vilseck (Baviera, circa 60 chilometri dal confine con la Repubblica ceca) – i mezzi e le truppe Usa impegnate ultimamente nei Paesi baltici nelle esercitazioni Atlantic Resolve. L’itinerario di rientro prevede quindi Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia e Repubblica ceca, prima di arrivare in territorio tedesco, in totale quasi 1.800 chilometri di marcia. Il governo di Praga ha comunicato che 120 mezzi corazzati statunitensi – soprattutto veicoli da combattimento Stryker da 18 tonnellate – e 516 soldati attraverseranno il territorio nazionale dal 29 marzo al 1° aprile. Durante il tragitto l’esercito ceco fornirà opera di assistenza e di rifornimento. Le forze statunitensi entreranno nella Repubblica ceca dalla Polonia attraverso tre diversi punti di frontiera. Le tre colonne si riuniranno quindi nella periferia ovest di Praga, da dove proseguiranno insieme, in un unico convoglio, attraverso la città di Plzen, sino alla Germania. Il trasferimento per tutto il percorso prevede di un servizio di ricognizione aerea che verrà effettuato dai velivoli militari statunitensi. Un trasferimento di questo tipo, vista anche la distanza, viene normalmente effettuato facendo viaggiare i mezzi corazzati su vagoni ferroviari, come sottolineato in primo luogo dalla stampa di Washington. In questo caso però prevale evidentemente l’esigenza di dare una manifestazione molto visibile di presenza ai confini orientali dell’Europa. Il premier ceco Bohuslav Sobotka, parlando in conferenza stampa, ha dichiarato che il suo governo ha dato il suo assenso al Dragon Ride di Washington perché lo considera “una manifestazione di solidarietà e una conferma dei legami di amicizia da parte degli Stati Uniti nei confronti degli alleati Nato”. Ma pochi giorni fa Craig Childs, portavoce dell’US Army Europe, aveva più esplicitamente sottolineato “l’esigenza di dimostrare la capacità della Nato di spostare celermente forze militari attraverso i vari confini europei, in stretta collaborazione coi Paesi alleati”. Ci si può stupire che Mosca stia aumentando le esercitazioni militari al confine con quei paesi del Nord e dell’Est Europa che si stanno di fatto trasformando in basi militari a cielo aperto a disposizione di un esercito nemico e aggressivo?
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