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Vasapollo: “Serve la secessione del sud Europa”

Intervista al docente alla Sapienza di Roma ma anche a Cuba, intellettuale marxista

Il maggiore schieramento critico che da sinistra vuole cambiare l’Unione Europea è quello che ha candidato Alexis Tsipras, leader della sinistra radicale greca di Syriza, alla presidenza della commissione Ue. Ma è proprio la sinistra che a queste elezioni europee sembra doversi far perdonare più peccati sulla strada dell’austerity e delle larghe intese. Abbiamo chiesto all’economista Luciano Vasapollo, docente alla Sapienza di Roma ma anche a Cuba, profondo conoscitore del Sudamerica ma soprattutto intellettuale marxista, che prospettiva veda per l’Europa e i movimenti progressisti di fronte a questa crisi di fiducia. Secondo Vasapollo, che è delegato del rettore della Sapienza ai rapporti con i paesi dell’Alba (l’Alleanza bolivariana per le Americhe), l’Ue è stata costruita per gli interessi della Germania e non è riformabile, quindi la sfida di forze come quella di Tsipras, che non vogliono uscire dall’euro, sono destinate a sbattere contro un muro. Meglio sarebbe, ci spiega il professore che nel 2011 ha pubblicato con Jaca Book ’Il risveglio dei maiali’, smantellare l’Ue e fare una comunità dei Pigs nel sud Europa. Come l’Alba in America latina.

Professor Vasapollo, che cosa non ha funzionato in questa Europa?
Il problema è “come” è nata questa Europa. A scanso di equivoci, io sono profondamente europeo e rivendico la nostra comune cultura, il problema sono le finalità con cui è nata l’Ue. E parte tutto dalla crisi del 1929, la prima crisi strutturale del capitalismo, che è come quella che stiamo vivendo: quando se ne uscì, non con il New Deal ma purtroppo con la seconda guerra mondiale, gli Usa erano diventati una locomotiva e hanno dovuto fare i conti con altri due modelli alternativi, il capitalismo nipponico e quello renano.

Il modello della Germania, è da lì che parte il disegno? 
Vede, nel dopoguerra avviene che la Germania diventa una potenza industriale fortemente esportatrice e deve avere un’area di riferimento dove esportare, come l’America latina per gli Usa, e deve avere anche una forma di colonialismo interno: l’area della Germania è l’Europa e la colonia interna sono i cosiddetti paesi Pigs. Per indebolire questi paesi, quindi, occorre deindustrializzarli favorendo le delocalizzazioni produttive per tenere buoni gli imprenditori italiani o spagnoli o di altri paesi del sud. Se a queste due caratteristiche aggiungiamo le privatizzazioni in settori strategici, ci accorgiamo che queste scelte influiscono sulla creazione dell’Ue, perché alla Germania servono paesi deindustrializzati per esportare, ha bisogno di un dominio economico, così che gli imprenditori italiani o spagnoli o di altri paesi vicini spostino il tiro dagli investimenti produttivi a quelli finanziari. A questo punto, una potenza economica come la Germania ha bisogno di una sua propria moneta che competa con l’area del dollaro, cosa che il marco da solo non poteva fare.

Quindi questa è stata l’unica ragione di vita dell’euro?
Quando da un’alleanza si passa a istituire una moneta, non si fa la mediana come è accaduto ma la media ponderata a seconda delle capacità produttive, provocando una inflazione nascosta, perché il potere d’acquisto salariale si è ridotto del 50%. È quello che spiego sempre a mia madre quando mi chiede perché paga un euro ciò che prima comprava con mille lire.

Lei è un uomo di sinistra. Che responsabilità ha oggi la sinistra europea per cambiare la situazione?
«Io mi dichiaro di sinistra e marxista, non mi vergogno. Ma bisogna ricordarsi che quando si concretizzò leuro, in Europa cerano quasi tutti governi di centrosinistra. Il centrosinistra europeo si è piegato alla nuova borghesia transnazionale europea, e lo abbiamo pagato con tagli ai salari, con la precarietà del lavoro, con la privatizzazione anche dei servizi sociali».

Insomma, a sinistra si sono persi seguendo la linea del neo-liberismo…
Più che averla seguita, ne sono stati i promotori, verso un vero e proprio massacro sociale. Non mi meraviglia dunque se alla Europee ci sarà una forte astensione o se i voti andranno al populismo. Lo dico sinceramente, io andrò a votare perché difendo il diritto costituzionale per cui è stato versato sangue, ma da uomo di sinistra annullerò la scheda perché non vedo alcuna forza politica capace di portare soluzioni di prospettiva.

Una posizione netta, professore, però ci sarà un modo per riformare l’Europa. Oppure crede che vada buttato via tutto?
Se ci fosse spazio per una riforma dellUe e per una nuova fase keynesiana che redistribuisca il reddito, perché dovrei votare contro lUe? Ma ci sono due convinzioni che mi portano a dire che questa crisi è sistemica e non ha soluzione: la prima è che ci sono Trattati costituzionali che non abbiamo votato con un Parlamento Ue che non decide, decidono la Commissione e le lobby; la seconda è che è illusorio pensare che ci sia una soluzione che parta dalleconomia, ci deve essere uninversione totale che riporti la politica al centro. Oggi la politica è succube dellinteresse economico.

Quindi se è illusorio…
Non cè altra strada che uscire dallUe. Il primo passo è uscire dalleuro, poi si rompe unUnione dove ci sono interessi troppo diversificati. Fra i paesi ma anche fra i lavoratori. Io vedo la necessità di mettere in moto un movimento di protesta democratico per fare unEuropa mediterranea sul modello di quello che è accaduto con lAlba latino-americana. Ognuno, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e altri, mette a disposizione le risorse che ha e che si completano. A questo punto ci si sottrae al grande ricatto delleuro, ma non con il ritorno alla sovranità monetaria nazionale come vogliono la Le Pen o Alba Dorata, ma con una forte solidarietà fra i lavoratori e con una moneta comune ponderata affaincata da una moneta virtuale che abbia carattere compensatorio. Insieme a questo bisogna nazionalizzare le banche e riportare in mano allo Stato i settori strategici. Non significa sovietizzare i nostri paesi, significa fare quello che fecero in Italia con il compromesso fra la cultura comunista e quella democristiana che ha portato la nostra economia a essere molto forte negli anni Sessanta.

Un’Europa fondata sulla solidarietà sociale oltre i confini nazionali è la stessa che propone Syriza e l’alleanza a sostegno di Alexis Tsipras. Ma non mi sembra che lei guardi a questa scommessa in modo positivo…
Con quello che dice Tsipras posso essere daccordo, ma lui pensa che questa Ue sia riformabile, io invece penso appunto di no. Quindi ci vuole una rottura. Se Tsipras avesse aggiunto a tutto quello che ha detto anche la prospettiva delluscita dalleuro, avrebbe tolto voti alle destre e anche a Grillo. Ma non lo ha fatto. Di che sinistra stiamo parlando, in Europa? Non penso che in Europa ci sia una forza che abbia avuto il coraggio di schierarsi fino in fondo con i lavoratori dicendo “rompiamo questa Ue”: su questo la sinistra ha lasciato tutto in mano alla destra e, in parte, al centrosinistra alla Renzi. Per me ci deve essere una sinistra che non fa compromessi.

Un’ultima domanda, professore: che autori consiglierebbe per capire meglio la trasformazione in atto nella società europea?
Non perché sono marxista, ma di questi tempi cè una ripresa non del marxismo ma dello studio dei testi di Karl Marx, soprattutto del Capitale, che sta avendo numerose ristampe. Poi si possono riscoprire i classici, come Adam Smith. Per rimanere in Italia, consiglierei i libri di Luciano Gallino sul mondo del lavoro, anche se penso che lui non sia daccordo con me sulluscita dalleuro.

da L’Inkiesta

 

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