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Mafia e affari in Val Susa: l’arresto di Toro

La Toro srl di Chiusa San Michele e la cava di Sant’Ambrogio erano l’avamposto delle operazioni economiche ed affaristiche di Giovanni Toro e dell’associazione mafiosa colpita all’alba dai Carabinieri del Ros, che ha portato all’arresto di 20 persone legate o collegate all’ndrangheta. La ditta ha lavorato anche nel cantiere della Tav, occupandosi degli asfalti. La struttura criminale è da tempo operativa in Piemonte e viene denominata, nel gergo delle organizzazioni calabresi “’ndrina distaccata di San Mauro Marchesato”.

Giovanni Toro aveva una società intestata a suo nome, con sede in via Roma a Chiusa San Michele. E aveva vinto varie gare d’appalto non solo in ambito Sitaf, per lo sgombero neve sull’A32 e lavori nella galleria Prapontin (subappalto), ma anche in vari comuni valsusini, per centinaia di migliaia di euro: ad esempio a Sestriere (nel 2013, per sistemazione delle strade), Cesana (nel 2013 per il servizio lo sgombero neve), Oulx (nel 2010, per la sistemazione di via dei Laghi), a Borgone (nel 2012, vinse appalto da circa 15mila euro per sistemare alcune strade comunali) e a Chiusa San Michele (nel 2010, sistemazione di via Barella). Ma non solo: la Toro ha ottenuto anche l’appalto dei lavori per la realizzazione del sottopasso di Riva di Chieri, promosso da Società di Committenza della Regione Spa.

L’imprenditore calabrese ha in affitto un’area del comune di Sant’Ambrogio, in località Pilonetti: dal marzo 2010 si era insediato svolgendo attività di produzione conglomerati bituminosi e relativi servizi inerenti le costruzioni. La cava si trova lungo la statale 25, confinante con Chiusa San Michele, dove ha sede proprio la sua società Toro srl.

Al centro di queste azioni illecite c’era l’imprenditore catanzarese Giovanni Toro, trapiantato in Val Susa da alcuni anni, già arrestato nel marzo 2013 per droga, e ora nuovamente per concorso esterno in associazione mafiosa.

Il gruppo criminale, molto attivo in campo imprenditoriale, si è interessato per l’acquisizione di commesse per lavori di movimento terra e per la realizzazione di opere pubbliche ed ha tentato di inserirsi nella filiera della Torino – Lione. In tale contesto, per la mafia, era fondamentale l’apporto fornito da Toro, che gestiva la cava collocata in una zona strategica della Val di Susa – tra i comuni di Chiusa di San Michele e Sant’Ambrogio.

Secondo gli inquirenti, il legame tra Toro e l’ndrangheta toccava anche attività di gestione illecita di rifiuti speciali, la compartecipazione in lavori di movimento terra, pulizia e sgombero neve acquisiti in subappalto o attraverso il sistema dei noli a caldo e a freddo da stazioni appaltanti pubbliche o concessionarie di servizi pubblici.

Non a caso Giovanni Toro, con le sue società ed avvalendosi della complicità di altri imprenditori del settore, era già riuscito ad ottenere numerosi appalti nel settore pubblico e nei Comuni, tra cui due importanti incarichi per la Sitaf: i lavori per la ristrutturazione della galleria Prapontin sull’A32 Torino-Bardonecchia (in subappalto, all’altezza di Bussoleno) e le opere di pulizia e sgombero neve della stessa arteria autostradale, oltre che dell’aeroporto di Caselle.

Dalle attività investigative è emerso come, avvalendosi proprio della cava con impianto di frantumazione tra Chiusa San Michele e Sant’Ambrogio, la ‘ndrangheta avesse manifestato l’interesse ad infiltrarsi nei lavori di realizzazione della Tav Torino-Lione, per le grosse commesse che sperava di poter ottenere. Ma finora era riuscita a fare poche cose: minime asfaltature alla Maddalena.

da http://www.valsusaoggi.it

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