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Ferrovie, l’ultima privatizzazione possibile

Il pensiero liberale è di destra
ora è buono anche per la sinistra

 (G. Gaber 1994)

Ritorniamo a parlare di privatizzazioni, dato che “la Repubblica” del 25 settembre u.s. riporta la notizia di una riunione al ministero dell’economia per mettere in moto la privatizzazione del gruppo FS. Insieme ai vertici delle ferrovie ed al ministro Padoan erano presenti anche banche ed advisor chiamati a suggerire il percorso finanziariamente più conveniente tra tre ipotesi: la prima è la quotazione in borsa di una quota della holding soluzione preferita da Elia l’attuale a.d. succeduto a Moretti; la seconda prevede la cessione dei servizi più remunerativi (le frecce); ultima ipotesi è lo scorporo dal gruppo della sola RFI (società che gestisce la rete infrastrutturale) che rimarrebbe di proprietà statale per poi procedere alla cessione dei singoli restanti asset come il servizio AV (le frecce), il servizio passeggeri (nazionale e regionale) o il servizio merci oppure l’intera società Trenitalia.

 Il gruppo FS è oggi la più grande azienda pubblica italiana ed è quindi proprietà dei cittadini e dei lavoratori italiani che ne hanno pagato la crescita e lo sviluppo, ed il suo smantellamento non potrà che portare ulteriore impoverimento all’intera società italiana.

Ancora alla fine degli anni ’80, infatti, il sistema pubblico aveva un enorme peso nell’economia italiana, con aziende di proprietà statale e altre a partecipazione statale, (vi era anche un ministero delle partecipazioni statali, poi abrogato da un referendum nel 1993). In seguito il pensiero liberale,

Cavalcando il malcontento derivato dalla cattiva gestione dei dirigenti pubblici, ha diffuso concetti secondo cui la gestione privata sarebbe stata il migliore rimedio, sostituendo così manager pessimi e corrotti scelti dalla politica con imprenditori altrettanto malavitosi o quantomeno incompetenti. Altra giustificazione era la sicura riduzione del debito pubblico, e dal 1990 ad oggi sappiamo come è andata. Anche l’atteso ritorno in termini di investimenti sulla produzione non è stato ottenuto con la trasformazione delle aziende pubbliche in spa dopo aver venduto le azioni in borsa.

Ci apprestiamo quindi a subire l’ennesimo furto da parte di una classe politica sempre più legata agli interessi della borghesia finanziaria, ormai insensibile ai reali interessi dei cittadini. L’attacco finale al gruppo FS, che probabilmente verrà portato a compimento nel 2015, giunge al termine di un percorso che ha portato negli anni un peggioramento del servizio ferroviario nazionale in termini di qualità e di costi per i cittadini, diretta conseguenza della liberalizzazione del sistema ferroviario voluta e imposta dalla UE con la direttiva 440/1991.

E’ l’evoluzione di un processo che già ha visto nascere e morire numerose imprese ferroviarie, nel settore merci, soprattutto, ma anche nel trasporto passeggeri. Quali sono i risultati ad oggi?

Un’analisi dell’Osservatorio Eurispes sulla mobilità stima che in Italia la quota del trasporto ferroviario delle merci è meno della metà della media europea: considerando che per ogni tonnellata trasportata su rotaia le emissioni di CO2 sono di 29 gr/km e con l’autotrasporto si arriva a 81, quasi il triplo, non si è avuto alcun vantaggio ambientale.

In riferimento al traffico passeggeri: “la velocizzazione dei servizi consentita dalle linee AV e il forte aumento di frequenza attuato da Trenitalia non hanno compensato il deciso calo degli altri treni a media-lunga percorrenza, e l’utilizzo del treno come mezzo di trasporto è calato nel nostro paese del 5% circa tra il 2000 e il 2010. Un dato in netta controtendenza rispetto al resto d’Europa: in base ai dati del periodo 2000-2009 pubblicati dalla Direzione generale trasporti della Ue, l’Italia è l’unico paese il cui il traffico ferroviario passeggeri è diminuito. Il traffico (misurato in miliardi di passeggeri/chilometro) è sceso del 3% a fronte di aumenti del 9,2% in Germania, del 14,7% in Spagna, del 23% in Francia…..Il calo è dovuto al fatto che i biglietti del treno AV e IC in Italia sono troppo alti in rapporto al reddito medio reale della popolazione” (fonte http://trenoxtutti.wordpress.com/ ).

L’aumento del traffico passeggeri è stato elevato anche in Gran Bretagna, che merita un discorso a parte perché ha visto nel 1993 il ritorno della gestione statale della rete ferroviaria, dopo le conseguenze terribili, sotto il profilo della sicurezza, della liberalizzazione selvaggia dell’era Tatcher. Da allora, i governi laburisti hanno continuato ad investire avendo come obiettivo specifico lo sviluppo del traffico ferroviario: sono quindi le scelte di politica dei trasporti dei governi a determinare lo sviluppo di un vettore piuttosto che un altro.

In Italia, negli ultimi vent’anni, la politica economica ha puntato su liberalizzazioni e privatizzazioni, non solo nel settore dei trasporti, peggiorando le condizioni di lavoro e aumentando precarietà e disoccupazione.

Nelle ferrovie questo è avvenuto favorendo la nascita di aziende di trasporto ferroviario (ultima, e già in crisi, la NTV di Montezemolo e Della Valle) e ristrutturando le FS con la creazione di una holding (gruppo FSI), contenitore di diverse società fra cui Trenitalia (impresa di trasporto), RFI (gestore della rete) e altre che pure hanno visto l’ingresso dei privati. Grandi Stazioni, per esempio, controllata al 60 per cento da Ferrovie dello Stato e al 40 per cento da Eurostazioni Spa, di cui fanno parte Edizione Srl (Gruppo Benetton), Vianini Lavori Spa (Gruppo Caltagirone), Pirelli & C. Spa(Gruppo Pirelli) e Sncf Partecipations S.A. (Société Nationale des Chemins de Fer).

Queste privatizzazioni nascoste (ma non troppo) investono anche la società di trasporto, Trenitalia, che ha subito sia divisioni organizzative (passeggeri, regionale e merci), sia ulteriori strutturazioni interne che separano, per tipologia di traffico o competenza territoriale, personale e materiale rotabile. Ecco così tante società regionali quante sono le regioni italiane, con risorse umane ed economiche molto diverse e alcune privatizzate, come Trenord in Lombardia, società partecipata da Trenitalia e Nord Milano.

Nel prossimo dicembre alcuni collegamenti tra Milano e Ventimiglia oggi effettuati da Trenitalia, verranno ceduti a una nuova società, Thello, partecipata da Trenitalia e la francese Transdev, che porterà il collegamento fino a Marsiglia. Probabilmente succederà, come nel caso delle frecce bianche, che uno stesso treno che, nella stessa ora con lo stesso tipo di materiale, collega Genova con il ponente della Liguria costerà ai cittadini di più. Infatti sarà un servizio “a mercato”, con tariffe non concordate con gli enti pubblici e privo di contributi statali o regionali, quindi i biglietti costeranno in media il 30% in più.

Per contrastare questa deriva privatistica, il 20 e 21 settembre scorsi i ferrovieri hanno scioperato di nuovo. Quattro scioperi in otto mesi, indetti dal sindacalismo di base, sono tanti ma non sono stati motivo di discussione sui media ufficiali italiani, nemmeno sulla televisione pubblica che avrebbe avuto almeno il compito di informare i viaggiatori sui possibili disagi dovuti alla soppressione dei treni. Anche quest’ultimo sciopero ha avuto una partecipazione massiccia, segno che i ferrovieri sono consapevoli di un peggioramento generalizzato delle condizioni di lavoro e della prospettiva di ulteriori cambiamenti.

Per ciò che concerne il gruppo FS, il CCNL, firmato nel 2012 e già vicino alla scadenza naturale, ha portato generalmente a tutte le categorie ferroviarie aumenti di ore di lavoro settimanali, con aggravi particolari nell’articolazione dell’orario di lavoro per quei ferrovieri che lavorano su turni non cadenzati, con orari variabili su periodi di giorni e settimane. In particolare il personale cosiddetto mobile, come macchinisti e capitreno, ha avuto anche un enorme peggioramento del quadro pensionistico a seguito della riforma Fornero, avendo questa annullato le tutele legate al riconoscimento del lavoro usurante, come la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia a 58 anni.

Il malcontento è perciò molto diffuso, aggravato da timori occupazionali e di privatizzazione di parte o tutte le FS, in un clima sempre più repressivo ed autoritario. Sempre più frequenti si verificano cattivi funzionamenti del sistema treno e perciò ritardi, di cui l’azienda fa carico di responsabilità ai lavoratori con punihe merita un discorso a parte perché ha visto nel 1993 il ritorno della gestione statale della rete ferroviaria, dopo le zioni, multe e sospensioni dal lavoro. Nuove e confuse normative si susseguono incessantemente, in un riordino che, al momento, crea disagio tra i lavoratori, chiamati anche a operare su mezzi obsoleti e spesso incompatibili alle nuove tecnologie necessarie per la sicurezza.

In sostanza i ferrovieri lavorano di più, in condizioni peggiori e sempre con la spada di Damocle della sanzione in caso di disservizio. Questo trend peggiorativo è sentito in maniera diffusa e l’adesione agli scioperi indetti dal sindacalismo di base se non è indicativo della necessità di un sindacato di lotta, è certamente una dichiarazione di sfiducia nei sindacati confederali che si apprestano alla trattativa per il rinnovo contrattuale senza aprire nessun tipo di confronto con i lavoratori. Lo sciopero generale del 24 ottobre indetto da USB vedrà anche la partecipazione dei ferrovieri, partecipazione potenzialmente massiccia. L’attacco all’articolo 18, il Job’s act e tutte le ricette proposte dagli ultimi governi, da Berlusconi a Renzi passando per Monti e Letta, hanno portato soltanto un aumento di povertà e disoccupazione. Tutto il sistema produttivo italiano deve essere tolto dalle mani dei banchieri e riportato sotto il controllo diretto di cittadini e lavoratori. L’erosione dei diritti si combatte con il recupero di una coscienza di classe che porti a un protagonismo politico dei lavoratori, consapevoli del proprio ruolo e dell’importanza della partecipazione alle lotte, unica soluzione per fuoriuscire dal vortice di perdita di diritti e libertà che la classe politica italiana, col PD in testa, alimenta tenacemente.

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