Contropiano è stato denunciato. Una delle due querele recapitate al giornale on-line porta la firma dell’ex Procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli. Egli si è ritenuto diffamato da un articolo di Contropiano editato in occasione dell’anticipato prepensionamento volontario del capo della Procura torinese.
Dai fatti si può imbastire un dissenso od una critica politica: questa non può mai essere equiparata, nei limiti e nel contenuto, al mero diritto di cronaca: la loro diversità è palese non meno che fondamentale. Mentre il cronachista riferisce un fatto od un comportamento, la critica lo valuta, esprime un dissenso verso quella realtà ed è inoltre qualcosa di ben diverso della mera opinione: “è dura contrapposizione, è mettere a nudo l’inadeguatezza, l’inaffidabilità, la falsità, gli errori altrui. E’ voler scuotere, provocare una reazione. La critica è fondamentalmente un attacco.” (1)
Ne consegue che i canonici limiti posti al diritto di cronaca (verità, interesse pubblico, continenza formale) non possono essere intesi nello stesso contenuto od applicati con la stessa severità quando si parla di diritto di critica. Soprattutto, lo stesso limite della continenza formale, l’evitare cioè gratuite espressioni offensive, non può incontrare con il diritto di critica un vaglio eccessivamente severo: La critica è comunque un attacco, non è finalizzata ad informare, ma a stimolare un dibattito, non è opinione ma legittimo attacco, tant’è vero che la stessa giurisprudenza aveva riconosciuto tale diritto a chi attaccava un personaggio politico e lo definiva: “un khomeinista nella lotta per il potere, che ha collaudato un modo di amministrare a metà strada tra il decisionismo e l’illegalità, come non si era mai visto finora nelle peggio amministrate città d’Italia” e che avrebbe fatto da “cerniera tra l’amministrazione e i gruppi immobiliari finanziari, che nel frattempo sono diventati i veri padroni di Roma”; o a chi qualificava altri con il termine “faccendiere” o “lottizzato” (2)
Termini non sicuramente blandi, ma comunque scriminati, proprio in virtù della concezione più vera del diritto di critica.
E’ altrettanto vero che la giurisprudenza ha individuato una serie di limiti alla critica dell’attività dei magistrati (per vero condannandone solamente eccessi gratuiti ed irrazionali), è anche vero che tali limitazioni sono ricondotte soprattutto nei confronti dell’attività del giudicante. Il magistrato inquirente, nell’ambito della sua funzione di parte, non può essere equiparato alla magistratura giudicante. Tant’è vero che, anche qui, la stessa magistratura aveva ritenuto scriminata e legittima manifestazione del diritto di critica quella del giornalista che così commentava della richiesta di custodia cautelare del P.M.: “diritti fondamentali diventati un optional affidato ai capricci di chiunque” e di “giustizia con la “g” minuscola“. (3). Toni altrettanto focosi, ma ritenuti scriminati.
Cosa vi è da temere, dunque?
Per intanto l’interpretazione di tali criteri è affidata sempre al vaglio di un giudice che può decidere anche in modo difforme. La cultura giuridica contiene in se’ il concetto di “alea” del processo. Di qui allora l’emergere di quel “timore” delle querele che incide esso stesso – ed in via purtroppo assolutamente preventiva – sull’esercizio del diritto di critica, soprattutto di chi si propone di fornire quella linfa vitale che è ormai venuta defnitivamente a mancare da parte dei mezzi del mainstream: la controinformazione e la discussione critica. Soprattutto per chi – come spesso succede nell’informazione alternativa – non ha i potenti mezzi di quel mainstream.
Ma dietro l’angolo si scorge un’altro pericolo: questa volta viene direttamente dal potere legislativo, il quale si avvia a varare un provvedimento che modifica il reato di diffamazione per i direttori di giornale o per i giornalisti autori degli articoli.
Viene abolita la pena detentiva ma vengono previste pesantissime sanzioni economiche, fino a 10.000 Euro per i casi normali, da 10.000 a 50.000 Euro se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Grazie ad un emendamento proposto dai senatori di una poco lungimirante opposizione pentastellata (è l’emendamento della senatrice Fucksia e del torinese Airola insieme a Buccarella, Cappelletti, Giarrusso, tutti del M5S) le sanzioni si applicano anche alle testate “on line” (4). Si sentiva la mancanza di una precisazione del genere che serve molto bene a stringere per bene il bavaglio su tutte le bocche, soprattutto sulle testate di informazione in rete, le poche che si discostano dal desolante pensiero unico dell’informazione mainstream.
Sanzioni economiche così pesanti sono in grado di intimidire e zittire molto più di sei mesi di carcere e di arresti domiciliari, soprattutto perchè mettono in pericolo la sussistenza economica della testata
E’ forse proprio il successo dell’informazione alternativa che ha spinto il governo ad intervenire in questa materia penale nel modo peggiore in cui si poteva intervenire. Anzichè metter mano ad una robusta depenalizzazione dei delitti contro l’onore, i quali tra l’altro intasano i giudici di pace ed i tribunali con querele di scarso interesse pubblico ed a volte di notevole noiosa petulanza, si è trovato il modo di imbavagliare maggiormente chi prova ad uscire dal coro, ponendo a rischio la vita stessa delle testate alternative che – per le piccole dimensioni che di solito hanno – potrebbero non esser capaci di sostenere sanzioni economiche di questo tipo. Eppure, anche nei confronti del colpevole, la Costituzione pretende una pena rieducativa (art. 27 Cost.). Se il nostro paese si trovava in bassa classifica per la libertà di stampa, di certo questa nuova trovata del potere ci spinge – si passi lo sciocco paragone – decisamente in zona retrocessione.
Il potere è spesso lungimirante nelle sue azioni, molto di più di coloro che elaborano emendamenti per aggiungerli alla lista delle cose fatte. Le pesanti sanzioni economiche non sono così gravi per i grandi giornali e le grandi testate, quelli che con il potere vanno al circolo dello sport, ma incidono ed intimidiscono quelle che possono avere una diffusione solo elettronica, che provano a fornirci una voce alternativa con pochi mezzi, bassi e tirati costi, tanta buona volontà.
Un bel pasticcio. ma tant’è.
Occorrerà tornarci sopra con altre riflessioni. E magari organizzare una adeguata contestazione.
Per tale motivo, si stringe attorno alla redazione di “Contropiano” la solidarietà di tutti coloro che aspirano non solo ad un’informazione corretta, ma alla promozione del dibattito culturale, perché questo assicuri strumenti di crescita e formazione di una coscienza alternativa .
La controinformazione va dunque difesa con le unghie e con i denti, perché è parte della lotta per il proprio futuro.
Note:
1) http://www.difesadellinformazione.com/72/il-diritto-di-critica/
2) Cass. 2/10/1992.
3) Cass. pen. 4/12/1998, Soluri, Ced Cassazione n. 212693.
4) Libertà di stampa a rischio sul serio. Anche per Contropiano… www.contropiano.org, 29.10.2014, Sergio Cararo.
* Segretario del Partito Comunista di Torino. da www.resistenze.org
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