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Tra politica e carcere. Intervista a Davide Rosci

Davide Rosci, attivista politico teramano, militante del P.r.c. e di Azione antifascista Teramo, è uno degli imputati per gli scontri di piazza avvenuti a Roma il 15 ottobre del 2011.

Condannato dal Tribunale di Roma per il reato di di devastazione e saccheggio, Davide dopo un periodo trascorso in carcere è attualmente ai domiciliari   per scontare i sei anni di reclusione che la Corte d’Appello ha deciso di confermare sulla linea della sentenza di primo grado.

Come denunciato dal “Comitato Amici e Famigliari – Liberiamo Davide” l’iter giudiziario a cui è stato sottoposto è stato quantomeno controverso: per noi come per lui, si legge in un dossier sul caso elaborato dallo stesso Comitato, è stata una sorpresa essere posto agli arresti ed infatti quando abbiamo potuto vedere il fascicolo che lo riguardava, nelle foto che lo individuavano lui non stava facendo un bel niente. Non tira pietre, non si scaglia contro nessuno, non fa alcuna cosa che potrebbe implicarlo penalmente, ma viene fotografato vicino al blindato che prende fuoco mentre sta ridendo. Questa sua “grave”condotta lo porterà ad essere accusato del reato fascista di “devastazione e saccheggio”. Che cos’è il reato di devastazione e saccheggio? E’un reato nato nel 1930 per combattere gli antifascisti ed ancora vigente nel nostro ordinamento nonostante siano passati più di 80 anni e combattuta una guerra di liberazione. Viene definito come incostituzionale da molte persone dato che è un reato indeterminato che punisce non una specifica condotta ma l’insieme di più azioni, anche se compiute da terzi, ed è un reato che prevede pene spropositate dagli 8 ai 15 anni.

Non sono meno forti le parole di Ludovica, sorella di Davide, che in passate interviste aveva bollato la condanna come” pesante e infondata, basata su “una montatura di fotogrammi degli scontri”, quelli appunto del corteo degli ‘indignati’ italiani del 15 ottobre 2011 che degenerò in una vera e propria battaglia tra manifestanti e forze dell’ordine.

Nonostante la condanna e i torti subiti in carcere, Davide è riuscito a non abbattersi, conservando la sua straripante vitalità e intervistato non si esime dal parlare delle sue vicende personali né rifugge dal confronto politico.

Davide da dove nasce la tua passione politica e cosa ti ha spinto ad essere un militante?

La passione per la politica mi è stata indirettamente tramandata dai famigliari, comunisti sia da parte materna che paterna. Già durante la mia infanzia, contrariamente a quello che oggi avviene nella maggior parte delle case italiane, spesso a tavola e non solo, si parlava di politica, lotte e antifascismo. Mio nonno era il segretario del P.C.I. di Teramo Stazione. Nonostante ciò e nonostante mi dichiarassi comunista, non mi sono mai interessato troppo alla militanza, almeno non prima di una fatidica notte dell’ anno 2009. Era precisamente il 23 dicembre, non scorderò più quella notte, quando alcuni miei amici furono accoltellati da un gruppo di codardi ed infami fascisti fuori ad una discoteca. Decisi in quel momento che era giunta l’ora di sporcarsi le mani e di coltivare i valori di cui avevo tanto sentito parlare da piccolo. Quella notte è nata anche Azione Antifascista Teramo: siamo un gruppo di fratelli disposti a dare tutto l’uno per l’altro. Con loro sono maturato molto e penso di poter tranquillamente dire che siamo una bella realtà che non delega l’antifascismo, una realtà di cui i partigiani di Teramo andrebbero orgogliosi.

Cos’è è successo quel 15 ottobre del 2011 a Roma, ovviamente dal tuo punto di vista?

Chi è stato a Roma il 15 ottobre del 2011 sa che sto per scrivere la verità. Il 15 ottobre del 2011 a Roma i movimenti di lotta dopo anni e anni sono tornati ad alzare la testa contro questo sistema pieno di contraddizioni e disuguaglianze e gli autori di questa crisi, timorosi che il loro progetto neoliberista fosse contrastato dal basso, hanno fatto ciò che meglio gli riesce da sempre: demonizzare il movimento e mettere le correnti al suo interno l’una contro l’altra. E quale migliore strumento per fare ciò? Far scoppiare gravi incidenti per poi colpire con arresti nel mucchio. Quella giornata stava trascorrendo in modo tranquillo così come le tante altre decine di manifestazioni a cui ho partecipato, poi sono iniziati i primi casini: il lancio di lacrimogeni, il corteo che viene tagliato in due e la chiusura ermetica della piazza mentre tre blindati compivano caroselli. Hanno esasperato il clima, chiuso ogni via di fuga e alla fine quando il blindato lanciato a folle velocità si è schiantato contro il marciapiede rompendo il braccetto sottostante, è stato dato alle fiamme. Quell’episodio, grazie ad un’abile operazione di intelligence tra mass-media e tutori dell’ordine, ha scatenato l’onda emotiva che ha portato la Procura di Roma a chiedere pene esemplari riesumando il reato fascista di “devastazione e saccheggio”, datato 1930. Dicevo che volevano un movimento demonizzato e diviso: ci sono riusciti ed infatti dal 2011 in poi non ci sono state più grandi manifestazioni di piazza tolte le ultime che inevitabilmente sono state organizzate contro il Jobs Act. Meditiamoci sopra.

La condanna, il carcere e poi i domiciliari, cosa puoi dirci su questa esperienza?

Marcia-degli-indignati-del-15-ottobre-ecco-i-video-degli-scontri-a-Roma-638x425Dagli atti la Procura in mano non ha un cazzo di niente, solo alcune foto in cui guardo il blindato andare in fiamme e mentre rido di spalle al suddetto. Purtroppo il reato di devastazione e saccheggio, concepito per soffocare ogni forma di dissenso, nasce non per colpire una specifica condotta ma l’insieme di tutte le azioni che vengono messe in atto e grazie a questo aborto giuridico mi ritengono moralmente corresponsabile di tutto ciò accaduto a Roma il 15 ottobre. Sembrerà assurdo ma è così. Che il nostro sia un processo politico lo conferma il fatto che il giudice dopo aver sentito i test, gli avvocati e la pubblica accusa passati 15 minuti di orologio di camera di consiglio sia uscito con la condanna già scritta. Come fai in 15 minuti a discutere, decidere e scrivere una sentenza di diverse pagine? Era tutto già deciso. Oltre alla condanna fascista poi ho anche conosciuto il carcere a causa di un’evasione mai avvenuta che mi auguro di far cadere al processo. A causa di questa “non evasione” si sono aperte per me le porte del carcere e vi posso garantire che ho rivisto in faccia il fascismo. Mi hanno trattato in una maniera indegna, trasferendomi per ben nove volte in neanche un anno di reclusione e lo hanno fatto nonostante sapessero perfettamente che mio padre fosse invalido al 100% e quindi impossibilitato a muoversi per venirmi a trovare: mi hanno messo in isolamento e vi garantisco che è qualcosa che neanche l’immaginazione può concepire, mi hanno “sciacallato” la posta quindi toccandomi gli affetti più cari. Mi hanno vietato i colloqui, mi hanno denunciato e riservato mille particolari attenzioni solo perché ero comunista. Io grazie alla solidarietà non sono mai crollato ma il carcere nel suo insieme è una vera e propria tortura legalizzata, un sistema concepito per far soffrire chi ha la sfortuna di entrarci e dove l’individuo viene ridotto ad un semplice numero. All’interno del carcere possono e fanno ciò che vogliono perché la tua voce resta tra quelle mura e se la alzi troppo poi sono botte che solo tu e i tuoi aguzzini sapete esser accadute. Potrei scriverci un libro sul carcere e garantirvi che resterete tutti indignati, non lo farò per non rubare spazio. Dico solo che da comunisti è ora di iniziare a pensare a questa istituzione perché all’interno delle carceri trovi il sub-proletariato. Lì i ricchi non li trovi, trovi solo coloro che per colpa di questo sistema sono indirettamente obbligati a delinquere. Il carcere non è la soluzione, il carcere è il problema che fa tanto comodo a determinate persone che si arricchiscono con lo stesso. Se esistessero giudici seri scoprirebbero un sistema venti volte peggiore a quello di Mafia Capitale e se entrassero all’interno delle carceri si troverebbero dinanzi veri e propri lager. Purtroppo lì dentro ci sono gli ultimi e pertanto conviene chiudere gli occhi. Se solo capissimo tutti che non c’è bisogno di più carceri, leggi più dure o codici speciali, ma di case, scuole, stato sociale e solidarietà capiremmo ancora meglio che l’unica soluzione alla povertà diffusa è solo il comunismo.

Nonostante tutto quello è accaduto non hai perso la tua vena critica al sistema e il tuo interessamento per le vicende politiche: pensi che il tuo impegno proseguirà in futuro e che ricette ti sentiresti di dare ai leader politici per aggregare la sinistra in Italia e farla ritornare vincente?

Io continuerò a darmi da fare nella mia Teramo quindi a livello territoriale, ma mi piacerebbe andare oltre e lavorare anche a livello nazionale con chi ha la voglia di cambiare realmente le cose. Purtroppo, l’ho scritto decine di volte, in Italia i compagni sono tutti divisi e i partiti comunisti non cedono un minimo della loro autoconvinzione rivoluzionaria perché appunto convinti di stare nel giusto. Non riesco a capire dove vogliono arrivare, preferiscono farsi le seghe attorno ad un tavolo tra quattro compagni piuttosto che scorciarsi le maniche e lavorare all’unità. Io sono perfettamente consapevole che è difficile riunire tutti ma sono incazzato nero perché per colpa di pochi rompicoglioni all’interno dei partiti o movimenti, i duri e puri di ‘sto cazzo: non si costruiscono ponti ma barriere. La mia ricetta è molto semplice e prevede che si apra una costituente tra tutti i partiti comunisti e i tanti movimenti antagonisti, si scrive un programma di pochi punti, si adotta solo la linea marxisista-leninista evitando quindi di litigare su Mao, Trotsky, Stalin e tutto il resto che ci divide, nominare un direttivo nazionale con volti nuovi e dare a questa nuova entità il compito di coordinare tutti coloro che sposano il progetto lasciando tuttavia autonomia alle varie anime. Ci vuole un’interfaccia che porti in Parlamento e nelle strade le nostre battaglie ma soprattutto un’organizzazione forte di numeri nel sostenere le battaglie sociali. Se non lo faremo continueremo a subire e io sinceramente ho voglia di picchiare duro ai fianchi.

 

 

 

 

 

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