Se la visione istituzionale vuole l’apprendimento della lingua italiana da parte degli “stranieri” finalizzato alla loro “integrazione” (in cosa, se non nella massa de-politicizzata e a-conflittuale dei lavoratori sfruttati, degli studenti acriticamente operosi, dei “buoni cittadini” che chiedono umilmente assistenza piuttosto che lottare per i propri diritti?); se i governanti, eternamente preoccupati di mantenere un basso livello di conflittualità sociale (o di finalizzarla verso determinati gruppi, spesso appunto i migranti) e consci delle potenzialità sovversive dello strumento-lingua, cercano di depotenziare le sue caratteristiche “politiche” e anzi trasformarlo in strumento di discriminazione attraverso cui elargire concessioni “a chi se lo merita” (vedi la conoscenza obbligatoria della lingua per ottenere i documenti di soggiorno o la scolarità per la concessione della cittadinanza), allora può essere utile riprendersi la lingua nella sua dimensione “di classe”, per (re)imparare a muoversi in modo critico e conflittuale in una realtà a conti fatti ostile nei confronti di lavoratori, studenti, precari, migranti.
Ecco allora un manuale di lingua italiana per migranti (e non solo) in cui si recupera un apprendimento, e dunque una didattica, della lingua italiana manifestamente “di parte”, prendendo spunto da Freire – la lingua come mezzo dell’oppresso per liberare se stessi e il mondo – ma anche da Zinn – la scelta degli argomenti affrontati, mai presenti nei testi didattici, e non a caso.
Il testo è scaricabile gratuitamente dal link qui sotto (https://www.dropbox.com/l/jr9sza63eJ7C8IjkDYYEms) e anche da http://independent.academia.edu/SaraBiscioni.
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