Menu

Ucraina: storia di un cappio al collo

In questi tempi di conflitto, uno dei refrain più ricorrenti nella retorica bellica del presidente ucraino Petro Porošenko è quello che imputa a Putin di “volersi appropriare delle fertili terre ucraine”.

Io non vorrei dirglielo, ma mentre il “re del cioccolato”1 passa in rassegna le truppe in partenza per le regioni ribelli, ho l’impressione che le fertili terre ucraine se le stia per accaparrare qualcun altro. E con la sua piena complicità, visto che è stato proprio Porošenko, a firmare l’accordo di libero scambio fra Ucraina e Unione Europea (DCFTA – Deep and Comprehensive Free Trade Area), e ad ottenere un nuovo prestito dal Fondo Monetario Internazionale. Due atti che sul così detto “granaio d’Europa” avranno notevoli conseguenze.

Storia di un cappio al collo

Originariamente, il  DCFTA  doveva essere siglato a Vilnius nel novembre 2013 dall’allora presidente Viktor Janukovyč. L’accordo era collegato a un prestito di 17 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale, che portava con se il solito corollario di misure di aggiustamento strutturale. La squadra del FMI in visita a Kiev in ottobre, le aveva così elencate:

  • Risanamento del bilancio dello Stato tramite un drastico taglio della spesa pubblica, da perseguire grazie al taglio dei sussidi, al contenimento dell’occupazione ed alla moderazione salariale nel pubblico impiego. Rinvio a data da destinarsi di eventuali tagli delle tasse.
  • Liberalizzazione del settore energetico, aumento delle tariffe del gas per le famiglie.
  • Costruzione di un clima amichevole per il business tramite riforme strutturali (in pratica la rimozione di lacci e lacciuoli).

Tutti argomenti che non suonano particolarmente nuovi neanche a noi italiani.

Come è noto, Janukovyč non firmò. Rinunciò al prestito del Fondo Monetario accettando in cambio un aiuto cinese di 8 miliardi di dollari e un aiuto russo di 15 miliardi di dollari, più lo sconto di Putin del 33 % sulle forniture di gas naturale2.  Ma all’indomani del mancato accordo con l’UE, gli vennero scatenati addosso i pacifici dimostranti di Euromaidan (nella foto).

Nell’esercizio del suo diritto al rifiuto Janukovyč aveva le sue buone ragioni. Non che fosse pregiudizialmente ostile agli investimenti occidentali, anzi !

Sotto la sua presidenza il governo di Mykola Azarov aveva deciso di rafforzare la cooperazione con gli USA per l’estrazione del gas di scisto, stipulando diversi accordi con Exxon Mobil e Chevron3.

Janukovyč e Azarov si erano dati anche molto da fare per far risalire il loro paese nella graduatoria del “Doing Business“, una classifica costruita dalla Banca Mondiale al fine di misurare l’appetibilità degli Stati per gli investimenti privati. Dal 2013 al 2014 l’Ucraina era passata dalla 140a posizione alla 112a, grazie alle politiche di “semplificazione” finanziate dalla BM. Le “semplificazioni” consistevano, per esempio, nel rendere possibile la creazione di imprese farlocche, prive di capitale sociale e di atto costitutivo autenticato da un notaio, oppure nell’alleggerire le imprese dal pagamento di tasse e contributi previdenziali, o nel ridurre i controlli alle dogane sulle importazioni4.

Al momento della sua elezione alle presidenziali del 2010, Janukovyč aveva ereditato dal suo predecessore, il liberista Viktor Juščenko, un debito pregresso di 10,6 miliardi con il FMI5, e per poterlo onorare ne aveva dovuto richiedere un altro più grande. Aveva potuto così sperimentare da vicino il costo dell’aiuto “fraterno” del Fondo Monetario. Nel 2011 il Fondo chiuse i rubinetti perché il governo ucraino non era ancora riuscito a far passare una riforma delle pensioni molto impopolare. Per poterli riaprire, Janukovyč e Azarov si trovarono obbligati ad imporre l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne da 55 a 60 anni, ed altri 10 anni anzianità contributiva per tutti6.

Ma la loro collaborazione con le istituzioni finanziarie internazionali a tratti era un po’ riluttante. Si misero per traverso di fronte alle pressioni esercitate dal Fondo per ottenere una stangata fiscale, e soprattutto ostacolarono la cd “modernizzazione” del settore del gas. Con tale eufemismo, il FMI soleva definire una drastica ristrutturazione del settore energetico, che prevedeva l’azzeramento del deficit della compagnia nazionale Naftogaz attraverso una crescita stratosferica delle tariffe all’utenza, la  fine del calmieramento pubblico dei prezzi dei servizi di pubblica utilità, e la liberalizzazione del mercato del gas per l’uso domestico7. Un argomento sensibile, visto che in Ucraina l’inverno è lungo, e le temperature possono arrivare ai – 30°.

Insomma, Janukovyč non era del tutto affidabile, e lo dimostrò appieno quando ritenne indigeribile la firma del DCFTA e le condizioni del nuovo prestito del FMI. Ma come sappiamo, dopo la rivolta pilotata di Euromaidan, il timone dello Stato ucraino è finito in mani più gradite alle istituzioni finanziarie internazionali.

Accanto al presidente Porosenko, il nuovo premier Arsenij Jacenjuk non è un politico di primo pelo. Ex presidente della Banca Nazionale, fu Ministro dell’Economia sotto la presidenza del liberista Juščenko, e come tale guidò nel 2005 le trattative per l’ingresso dell’Ucraina nella WTO8, una precondizione per avviare i negoziati con l’Unione Europea. Segui’ poi le fasi preparatorie dell’Association Agreement con l’UE in qualità di Presidente del Parlamento ucraino.

In pratica era l’uomo giusto al posto giusto per riavviare il percorso di integrazione economica con l’occidente. Non a caso l’investitura da parte del FMI arrivo’  ad una sola settimana dal suo insediamento . Reza Moghadam, Direttore del Dipartimento Europeo del Fondo in visita a Kiev, si dichiarò “positivamente impressionato dalla determinazione delle autorità, dal loro senso di responsabilità ed impegno per un programma di riforma economica e trasparenza”.9

Jacenjuk è anche un tipo bizzarro, capace di dichiarazioni stupefacenti, come quella rilasciata un paio di mesi fa ad una TV tedesca e ad un pubblico teutonico un po’ attonito: “Noi tutti ricordiamo bene l’invasione Sovietica dell’Ucraina e della Germania. Dobbiamo impedire che succeda di nuovo”. Il suo rimpianto per la sconfitta nazista nella seconda guerra mondiale non dovrebbe però stupire più di tanto. Jacenjuk, nel suo primo governo, aveva affidato due ministeri e la poltrona da vice premier ai neonazisti di Svoboda, e posto il Comitato di Sicurezza Nazionale nelle mani di Svoboda e del Praviy Sektor10.

È con questa bella compagine governativa che l’Unione Europea firmò l’accordo di libero scambio. È a questa bella compagine che il Fondo Monetario Internazionale, esattamente un anno fa, promise un prestito biennale di 27 miliardi di dollari, in cambio, ovviamente del solito pacchetto di politiche neo liberiste in campo monetario, fiscale e finanziario, della ristrutturazione del settore energetico e di un clima più friendly per il business11.

A fine 2014, dopo le elezioni parlamentari, Jacenjuk ha optato per tutt’altra squadra di governo, affidando le Finanze, l’Economia e la Sanità a tre ministri stranieri reclutati tramite due società internazionali di head hunting. Si tratta della statunitense Natalia Jaresko, amministratore delegato di un fondo di investimenti del gruppo Horizon Capital; Aivaras Abromavicius, banchiere lituano partner della società di investimenti East Capital ed ex collaboratore del Dipartimento di Stato americano; Alexander Kvitashvili, georgiano, ex ministro nel governo di Tbilisi12.

È questa la squadra che dovrà gestire l’attuazione dell’accordo di libero scambio, decisamente emblematica della consegna del paese, delle sue finanze e della sua economia nelle mani del capitale occidentale.

Ma in pratica, cosa prevede questo DCFTA ?

Impossibile riassumere qui tutti gli aspetti dei 486 articoli dell’accordo, che impegnano l’Ucraina ad avvicinare la propria legislazione ad un lunghissimo elenco di direttive europee in materia di commercio, finanza, fiscalità, energia, nucleare, agricoltura, pesca, ambiente, trasporti, sanità, politiche sociali, istruzione. Basti come esempio la clausola che impegna i sottoscrittori ad “assicurare che le imprese di entrambe le parti abbiano eguale accesso a entrambi i mercati senza discriminazione e monopoli”.

Come se fra le imprese ucraine e le multinazionali europee (o le controllate europee delle corporations nordamericane) possa esserci una competizione ad armi pari ! La situazione a riguardo è ben descritta da Giovanna De Maio su Affari Internazionali: “In Ucraina soprattutto nella parte orientale, l’industria manifatturiera si alimenta soltanto grazie alle commesse russe: a causa del basso contenuto tecnologico e della sostanziale inefficienza delle strutture di produzione, che non potrebbe assolutamente rivolgersi a nessun altro mercato13.

È prevedibile come l’industria ucraina sia destinata a soccombere, lasciata senza protezioni davanti ai colossi stranieri. Le multinazionali potranno acquisirne le parti migliori (magari nel settore bellico, il più sviluppato del paese) per lasciare in malora tutto il resto, con i relativi strascichi occupazionali.

Ma, si potrà obiettare, si apriranno agli ucraini i mercati dell’Unione Europea per le materie prime minerarie e agricole. Bisogna vedere, però, se da qui a poco le materie prime saranno ancora di proprietà degli ucraini.

Corvi neri sul granaio d’Europa

Con 41,5 milioni di ettari di suolo agricolo, di cui 32 di terra arabile14, l’Ucraina, almeno fino alla crisi del Donbass, era il secondo produttore mondiale di cereali dopo gli USA15, il terzo esportatore mondiale di mais e quinto esportatore di grano16. La sua famosa terra nera ne aveva fatto fin dall’epoca degli zar il granaio d’Europa.

Proprietà pubblica al tempo dell’Unione Sovietica, la terra cominciò ad essere ceduta ai privati con riforme ad hoc nei primi anni ’90. All’inizio si permise il suo trasferimento alle imprese collettive, che ben presto la cedettero ai singoli soci, che ben presto – non avendo le risorse per gestirla – la rivendettero ad imprese agricole più grandi, determinando un graduale processo di concentrazione privata della proprietà terriera17. Un processo sostenuto dalla Banca Mondiale, che ha finanziato con 89 milioni dollari progetti finalizzati a velocizzare la privatizzazione delle terre statali e delle imprese agricole pubbliche18.

La terra nera è così finita nelle mani di moderni boiardi, capaci, a differenza dei loro antenati medioevali, di utilizzare su larga scala sistemi di coltivazione intensiva, sfruttare appieno i canali di esportazione, registrarsi in un paradiso fiscale (di solito Cipro), ricapitalizzarsi all’estero sui mercati finanziari. Fin qui stiamo parlando di capitalisti ucraini, che, neanche a dirlo, comprendono alcuni fra i maggori oligarchi19, ma il land grabbing da qualche anno non è più un loro appannaggio esclusivo.

Formalmente la legge ucraina ancora vieta il possesso straniero dei terreni agricoli20, ma non l’affitto a lungo termine, ed è in questa forma che dall’inizio del nuovo millennio si è sviluppata nel paese la penetrazione delle società straniere dell’agribusiness. Ad oggi, in poll position troviamo la statunitense NHC Capital Inc, con contratti per 450.000 ettari (una superficie grande più o meno quanto il Molise), la lussemburghese Kernel Holding SA con 405.000 ettari, il gruppo russo Reinassance (250.000), il francese AgroGeneration (120.000), l’austriaco MCB Agricole (96.000), lo svizzero Glencore Xstrata PLC (80.000), ecc.21.

Una rapina a cui il governo ucraino tiene molto, tanto da arrivare a indebitarsi con il FMI per finanziarla !!! Recentemente i parlamentari tedeschi di Die Linke hanno denunciato come parte dell’ultimo prestito del Fondo sia stato utilizzato dal governo ucraino per sovvenzionare l’espansione dell’agroindustria tedesca sul suo territorio22

Comunque è prevedibile che il divieto di possesso straniero della terra non regga ancora molto a lungo. Secondo Paul Craig Roberts, dell’Institute for Political Economy, per poter pagare il debito al FMI l’Ucraina si troverà obblgata ad intervenire nuovamente sulle pensioni, togliere i sussidi alle vittime di Chernobyl, tagliare scuole e sanità, e vendere tutta la terra alla Monsanto23

Esagera ? Vedremo. Intanto la Monsanto ha aperto una sede in Ucraina, in attesa che il paese, in osservanza del capitolo 17 del DCFTA, promuova lo sviluppo delle biotecnologie in agricoltura, e si adegui alle direttive europee che consentono le coltivazioni OGM. Il che permetterà al secondo produttore mondiale di cereali di impestare di OGM mezzo mondo, e più di altri l’Unione Europea, grazie al trattato di libero scambio.

Chissà se a Milano, fra le cazzate retoriche di “nutrire il pianeta”, qualcuno parlerà anche di questo.

* da http://www.carmillaonline.com/


  1. Petro Porošenko è il più grande produttore ucraino del settore dolciario. 

  2. Cecilia Attanasio Ghezzi, L’Ucraina vista dalla Cina, China files, 28 febbraio 2014. David Kashi, How Much Money Did the Ukraine Lose When it Nixed the EU Deal?,  International Business Times, 19 febbraio  2014. 

  3. Il fracking si affaccia in Europa: patto Ucraina-Usa per estrarre lo shale gas, Greenreport, 2 settembre 2013. 

  4. World Bank Group, Doing Business. Business Reforms in Ukraine. 

  5. International Monetary Fund, Ukraine: Request for Stand-by Arrangement—Staff Report; Staff Supplement; Press Release on the Executive Board Discussion, and Statement by the Executive Director for Ukraine, Dicembre 2008. Ukraine has not as yet agreed with the International Monetary Fund (IMF) on the size of a loan to patch up its economy under a new partnership program, the country’s finance minister said on Wednesday, Kyiv Post, 12 maggio 2010. 

  6. A cosmetic pension system reform in Ukraine, OSW, 13 luglio 2011. 

  7. International Monetary Fund, IMF Executive Board Approves US$15,15 Billion Stand-By Arrangement for Ukraine, Press Release No. 10/305, 28 luglio 2010. 

  8. Per consultare le condizioni di ingresso dell’Ucraina nel WTO: Consiglio dell’Unione Europea, Fascicolo interistituzionale 2008/0012 (ACC)  

  9. International Monetary Fund, Statement by IMF European Department Director Reza Moghadam on his Visit to Ukraine, Press Release No. 14/87, March 7, 2014. 

  10. L’Ucraina ha un nuovo governo, intanto, Il Post, 13 marzo 2014 

  11. IMF announces staff level agreement with Ukraine on US$14-18 billion stand-up arrangement, 27 marzo 2014 

  12. L’Ucraina vara il governo: ministri stranieri selezionati dai cacciatori di teste, il Sole 24 Ore, 02dicembre 2014. 

  13. Giovanna De Maio, Il prezzo dell’Accordo di Associazione, Affari Internazionali, 2 luglio 2014 

  14. Sarna, Arkadiusz. The transformation of agriculture in Ukraine: From collective farms to agroholdings, Osrodek Studiow Wschodnich (OSW), 2014. http://www.osw.waw.pl/en/publikacje/osw-commentary/2014-02-07/transformationagriculture-ukraine-collective-farms-to 

  15. Sissi Bellomo, Sui cerelai torna l’allarme Ucraina: rischi per export e produzione, Il Sole 24 Ore, 6/05/2014 

  16. Ferdman, Roberto A., The Crisis in Ukraine Could Hit the Cereal Box, Quartz, March 4, 2014.  

  17. Francesca Alice Vianello, Migrando sole. Legami transnazionali fra Ucraina e Italia, Franco Angeli, 2009. Googlebook Sarna, Arkadiusz, op.cit. 

  18. World Bank Mission on Ukraine Rural Land Titling and Cadaster Development Project Completes Implementation Support Visit, World Bank Press Release, February 21, 2013.  

  19. Plank, Christina. “Land Grabs in the Black Earth: Ukrainian Oligarchs and International Investors.” In Land Concentration, Land Grabbing and People’s Struggles in Europe. Transnational Institute, 2013. 

  20. S.C.I. International Irshawa, Ucraina. La proprietà fondiaria, 2008, p.12. 

  21. Per un elenco più esaustivo: Land Matrix

  22. Guerra e landgrabbing in Ucraina, Die Linke:”terre svendute per piantarci OGM proibiti nell’UE”, greenreport, 10 febbraio 2015. 

  23. Paul Craig Roberts on how US and EU will deal with Ukraine’s debt, RT News, 4 marzo 2015. 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *