l ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, in questa intervista, concessa al quotidiano tedesco Tagesspiegel, spiega perché la ristrutturazione del debito è un presupposto per qualunque accordo.
Ministro, i negoziati sembrano aver raggiunto un’impasse. I creditori – e in particolare il governo tedesco – non vogliono fare ulteriori concessioni, e lo stesso vale per il vostro governo. Che senso ha quindi continuare a discutere col ministro Schäuble?
Voglio mettere una cosa in chiaro. Noi non stiamo negoziando con la Germania e con i nostri partner europei. E questo è molto frustrante. Stiamo negoziando con la troika, con i rappresentanti dell’FMI, della BCE e della Commissione europea. Non è vero che loro sono venuti incontro a noi, e noi siamo venuti incontro a loro, e ora siamo arrivati a un punto di stallo. La verità è che le istituzioni non hanno fatto nessuna concessione. La proposta che ci hanno fatto quando ci siamo incontrati per la prima volta, a febbraio, è praticamente la stessa che ci stanno facendo ora. Nei mesi successivi, poi, abbiamo avuto numerosi incontri con il cosiddetto “gruppo di Bruxelles” (la vecchia troika). E sembrava che stessimo facendo progressi.
Perché non siete riusciti a trovare un accordo, allora?
Su alcuni punti c’era convergenza, su altri no. Per questo, nella proposta che abbiamo presentato la settimana scorsa, abbiamo fatto una serie di ulteriori concessioni per venire incontro alle richieste della nostra controparte. Ma la proposta presentata da Jean-Claude Juncker al primo ministro Alexis Tsipras, con l’appoggio di Angela Merkel e di François Hollande, è un ritorno al punto di partenza, come se i negoziati non avessero mai avuto luogo. Questo è il tipo di proposta che fai quando non hai nessuna intenzione di raggiungere un accordo. Ci hanno accusato di essere disfattisti e poco costruttivi, ma la verità è che abbiamo già sacrificato molte delle nostre promesse elettorali e superato molte delle nostre linee rosse.
Può farci degli esempi?
Gli avanzi primari. Stiamo offrendo ai creditori degli avanzi primari che non condivido, solo per venire incontro alle loro posizioni. Gli stiamo offrendo un aumento dell’IVA che ci creerà molti problemi. Sono gesti di buona volontà, tesi a dimostrare che abbiamo un interesse genuino a raggiungere un accordo. Cercherò di rimanere ottimista fino all’ultimo momento, ma è chiaro che ora tocca all’altra parte venirci incontro.
Se confrontiamo le due proposte, i creditori chiedono un aggiustamento fiscale di circa 3 miliardi di euro, mentre la Grecia ne offre uno di 1,87 miliardi. Non sembra una differenza incolmabile.
Può darsi, ma per ciò che rimane dell’economia greca potrebbe rappresentare la differenza tra la vita e la morte. Veniamo da sette anni di contrazione continua del PIL. Se proviamo ad estrarre altri 3 miliardi da questa economia, attraverso le tasse e i tagli alle pensioni, il deficit sarà ancora più grande l’anno prossimo. Sarebbe un po’ come prendere a calci una mucca malata per farle produrre più latte; finiresti per ucciderla. Anche la nostra offerta di 1,87 miliardi di euro è eccessiva. Quello di cui avrebbe bisogno la Grecia in questo momento è il pareggio di bilancio.
Ma questo non sarebbe sufficiente a mettere un freno alla recessione.
É per questo che le misure fiscali e le riforme rappresentano solo un terzo del pacchetto che stiamo proponendo. L’abbiamo detto chiaramente: il debito va ristrutturato in maniera tale da renderlo sostenibile. E abbiamo bisogno di un programma di investimenti, che potrebbe essere fatto dalla Banca europea per gli investimenti (BEI).
I creditori hanno risposto positivamente a queste proposte?
A parte qualche dichiarazione vaga, no. Ma quello che la nostra controparte deve comprendere è che anche le riforme che stiamo proponendo devono far parte di un piano più ampio per porre fine alla crisi greca. Non si tratta solo di uscire dal programma di assistenza finanziaria, che è quello che vogliono i burocrati.
Ma anche se la Grecia esce dall’attuale programma e i rimanenti 7,2 miliardi vengono sborsati, il paese deve comunque rimborsare 30 miliardi all’FMI e alla BCE da qui al 2020. Questo non rende un terzo pacchetto di aiuti inevitabile?
Sappiamo che questa è una questione spinosa per i tedeschi. È per questo che proponiamo che le condizioni che sono state negoziate da febbraio ad oggi formino la base sia per questo accordo che per il successivo.
Che aspetto avrebbe questo accordo?
Tanto per essere chiari: non stiamo chiedendo un singolo euro per lo Stato greco. Quello che proponiamo è uno swap del debito interno alla troika. Dobbiamo restituire 27 miliardi di euro alla BCE, titoli che la banca centrale ha acquistato tra il 2010 e il 2011. Stanno maturando molto in fretta: solo questa estate dobbiamo rimborsa 6,9 miliardi. Questo rappresenta un serio problema perché impedisce alla Grecia di partecipare al quantitative easing di Draghi…
… il programma di acquisto titoli della BCE.
Esatto. È come una roccia che impedisce alla Grecia di tornare sui mercati. Quello che proponiamo è un nuovo prestito da parte dell’ESM, il fondo salva-Stati, per ripagare la BCE. In questo modo, l’ammontare totale del debito greco rimarrebbe inalterato, ma il rimborso dei 27 miliardi verrebbe posticipato di un bel po’, permettendo così alla Grecia di tornare sui mercati. È solo una questione di volontà politica.
Ma questo comporterebbe un’ulteriore esposizione per il contribuente tedesco, attraverso l’ESM.
Ma siete già esposti nei confronti della BCE. O almeno questo è quello che pensa Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank – e lungi da me contraddirlo. E poi dovremmo pensare a quello che accadrà nel 2022. A partire dal 2021, cominceranno a maturare più di 200 miliardi dei primi due programmi di aiuti, al ritmo di circa 20 miliardi di euro l’anno. È chiaro che la Grecia rischierà di ritrovarsi sull’orlo di un “precipizio fiscale”. Certo, uno potremmo dire: “Chi se ne importa di quello che accadrà tra sei o sette anni?”. Ma sarebbe sbagliato, perché quello che accadrà nel 2022 ha un impatto su quello che succede oggi. Se i creditori pensano che l’ipotesi Grexit non è stata eliminata ma semplicemente posticipata al 2022, non investiranno nel paese. È per questo che la spesa per interessi va contenuta, e la nostra proposta è giustappunto di legarla alla crescita del PIL: più cresce l’economia, maggiori sono gli interessi che dobbiamo ripagare. E viceversa.
Tutti questi punti non sono neanche menzionati nell’ultima proposta dei creditori. Che speranze ci sono che diventino parte di un accordo?
È vero, ma è bene che i creditori lo sappiano: finché queste due opzioni – ristrutturazione del debito e piano di investimenti – non vengono messe sul tavolo, non firmeremo nessun accordo. Se vogliamo un accordo globale non possiamo lasciare fuori la questione del debito.
Nel caso in cui non si arrivasse ad una soluzione, cosa accadrà?
Dovreste chiederlo alla troika, alle istituzioni. Noi vogliamo trovare una soluzione. Ma quello che stanno proponendo non è una soluzione. È una maniera per perpetuare la crisi. E noi non abbiamo un mandato per perpetuare la crisi. Vogliono semplicemente che tagliamo le pensioni e permettiamo alle ultime grandi imprese che sono rimaste in Grecia di effettuare licenziamenti in massa.
Si aspettava che il suo lavoro sarebbe stato così difficile?
Sapevo che sarebbe stato un inferno. Non ho rimpianti.
Come mai il dibattito si è incentrato così tanto sulla sua persona?
Dopo l’Eurogruppo di Riga, il primo ministro Tsipras mi ha detto: hanno deciso di distruggerti, perché così sperano di destabilizzare il governo e di mettermi in difficoltà. È incredibile la quantità di menzogne che sono state prese per buone dalla stampa, su quello che è accaduto a Riga, sul fatto che sarei stato cacciato dal governo, che mi sarei dimesso. E quando non si è avverato niente di tutto ciò, hanno cominciato a dire che non facevo più parte della squadra negoziale. Ovviamente, neanche questo era falso, ma la notizia è stata riportata ovunque.
Pensa veramente che questa sia stata una strategia deliberata?
Si è trattato di una macchina del fango, non c’è altra spiegazione. C’è un modo di dire: nelle guerre la verità è sempre la prima vittima. Purtroppo le istituzione e i nostri partner europei hanno sprecato l’opportunità che gli abbiamo offerto: affrontare il negoziato come una trattativa tra partner. Invece, l’hanno trasformata in una guerra contro di noi.
Proprio la trattativa con i creditori sembra occupare gran parte del vostro tempo, lasciandovi ben poche energie per occuparvi dei problemi interni del paese e dello Stato greco che voi stesso criticavate prima delle elezioni. È così?
Questa è senz’altro la parte più frustrante del braccio di ferro in corso con i creditori. Ma c’è di più: le istituzioni ci dicono che se legiferiamo prima di aver raggiunto un accordo comprensivo, questo verrà visto come un’azione unilaterale e metterà a rischio il negoziato. Una delle prime cose che ho detto ai miei colleghi dell’Eurogruppo è stata: perché non ci lasciate procedere in parlamento con alcune delle leggi su cui siamo entrambi d’accordo – la revisione del sistema fiscale, le norme anti-corruzione – e nel frattempo andiamo avanti i negoziati? Mi hanno risposto che se mi fossi azzardato a suggerire un’altra volta una cosa del genere, il negoziato poteva anche considerarsi chiuso.
Questo vuol dire che non avete ancora introdotto nessuna delle misure che avete in mente?
Abbiamo introdotto una legge contro la crisi umanitaria che garantisce cibo, ospitalità ed energia alle fasce più povere della popolazione. Abbiamo anche introdotto lo scaglionamento degli arretrati fiscali. Abbiamo più di sei milioni di cartelle arretrate. Di queste, 3,5 milioni valgono meno di 3.000 euro. Non si tratta di evasori fiscali ma di gente che semplicemente non ha i soldi per pagare. È una vera tragedia per queste persone perché senza l’ok del fisco non possono ottenere un prestito o avviare un’impresa. Ora possono finalmente iniziare a rimborsare lo Stato un po’ alla volta. Eppure siamo stati molto criticati dalle istituzioni per questa legge.
Uni dei punti che vi hanno criticato è il fatto che la legge non prevede un tetto massimo, per cui anche i grandi evasori possono approfittare della vostra generosa amnistia.
È vero. Ma stiamo operando in una situazione di emergenza. In un paese normale non avremmo neanche avuto bisogno di introdurre lo scaglionamento. In un paese normale avremmo semplicemente perseguito gli evasori fiscali. Ma abbiamo un sistema giudiziario a pezzi. In queste condizioni, se provassimo a portare in tribunale tutti i grandi evasori, non riusciremmo ad ottenere un’udienza prima del 2023. Col risultato che ovviamente non riusciremmo a cavare e da loro un singolo centesimo. Non abbiamo neanche più gli ufficiali del fisco. I salari degli ufficiali sono stati drasticamente ridotti, per cui molti di loro sono migrati verso il settore privato. Il mio primo giorno di ufficio ho chiesto: quanti ispettori del fisco ho a disposizione? Sapete cosa mi hanno risposto? 100. 100 ispettori per tutta la Grecia.
Un esempio che viene spesso citato è quello della cosiddetta “lista Lagarde”, contenente più di 2.000 nomi di potenziali elusori ed evasori fiscali. Finora solo 49 di questi sono finiti sotto investigazione.
Non abbiamo personale a sufficienza per investigarli tutti e inoltre stiamo faticando ad ottenere dalle banche l’accesso ai conti sospetti. Per quanto riguarda la lista Lagarde, il precedente governo non ha fatto nulla per anni, per cui molti di questi casi sono ormai troppo vecchi per essere investigati. Ma abbiamo nuove liste e stiamo lavorando molto duramente per creare un algoritmo che tenga d’occhio tutti i movimenti bancari sia in Grecia che all’estero. Stiamo facendo molti progressi e ci aspettiamo di avere i primi risultati a settembre.
Lei ha chiesto alla Merkel di venire in Grecia per pronunciare un “discorso di speranza”. Detta così, sembra una richiesta molto ingenua.
Perché? È quello che un paese egemone dovrebbe fare. Nel 1946 gli Stati Uniti capirono la differenza tra egemonia ed autoritarismo, e offrirono alla Germania e all’Europa intera la possibilità di rimettersi in piedi.
Ma noi tedeschi non ci vediamo come una forza egemone…
Sento di avere il dovere di dire ai leader tedeschi: abbiate il coraggio di guidare. Mi hanno spesso descritto come un anti-tedesco o uno scettico nei confronti della Germania. Questo è falso. Quello che voglio dalla Germania è una vera leadership.
Lei parla di leadership e i tedeschi sentono: “Varoufakis vuole i nostri soldi”.
La mia risposta è: mi avete già dato i vostri soldi, me ne avete dati anche troppi. Ma sono stati sprecati. Sono stati risucchiati dal buco nero del debito insostenibile. In realtà, non sono veramente andati alla Grecia ma alle banche. Quello che è stato presentato come il salvataggio della Grecia era in realtà un salvataggio delle banche. Questo ha messo i tedeschi contro i greci e i greci contro i tedeschi. E ora l’Europa rischia di soccombere per mano dei suoi nemici. Qualcuno deve guidare l’Europa fuori da questa crisi. Ma non posso farlo io, non può farlo la Grecia. Lo deve fare la Germania, ma lo deve fare da egemone. Deve arrivare ad una soluzione razionale, e questo vuol dire innanzitutto non chiedere alla Grecia di continuare a trangugiare la stessa medicina che l’ha ridotta in fin di vita.
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