Chiusa la visita del Presidente USA Barack Obama a Cuba abbiamo chiesto a Luciano Vasapollo, professore di Analisi Dati di Economia Applicata all’ Università ” La Sapienza” di Roma e docente anche all’Università de La Habana e di Pinar del Río, a Cuba, qui delegato del Rettore per le Relazioni Internazionali con i Paesi dell’ALBA, oltre che Direttore del Centro Studi CESTES e delle riviste PROTEO e NUESTRA AMÉRICA è autore o coautore di decine di pubblicazioni tradotte anche in Europa, Stati Uniti e in America Latina, una analisi dettagliata su questa storica visita.
“Il risultato è estremamente positivo per Cuba” sottolinea fin da subito Vasapollo, che in questo completo intervento ricorda prima di tutto che “Cuba non ha bisogno di interlocuzioni da parte degli Stati Uniti che insegnino loro quali sono le regole della democrazia o i diritti umani”, parlando apertamente di una “vittoria” di Cuba e del governo cubano.
Analizza poi, su nostra domanda, l’atteggiamento espresso dagli Stati Uniti d’ America e i motivi che li hanno spinti a questa visita, oltre che ovviamente commentare le questioni riguardanti la possibile fine del Bloqueo e la restituzione di Guantanamo, occupata dagli USA.
Entra poi nel dettaglio dei discorsi fatti da Barack Obama e di Raul Castro, oltre che un approfondimento sul nuovo corso economico che Cuba sta realizzando in questo momento storico.
Ascolta o scarica l’intervista
Fonte: Radio Onda d’Urto
***
La visita di Obama a Cuba. Il mercato del capitale sui diritti umani
LA SUPERIORITÀ STORICA DELLA DEMOCRAZIA SOCIALISTA
L’imperialismo ora più di ieri ha subito una nuova lezione dalla rivoluzione cubana: nella democrazia partecipativa, popolare socialista i diritti umani sono indivisibili, inviolabili, inalienabili.
ROD: Siamo con Luciano Vasapollo, direttore scientifico del CESTES, Centro Studi dell’Unione Sindacale di Base USB e della rivista Nuestra America, professore universitario di Metodi di Analisi dei Sistemi Economici all’Università Sapienza di Roma, uno dei massimi esperti di politica economica e sociale dell’America Latina; con lui oggi parleremo della conclusa visita di Barak Obama a Cuba. Buongiorno professore, grazie di essere con noi.
L.V: Grazie a voi che siete sempre così disponibili e gentili, per la vostra sensibilità per una informazione libera e indipendente dai poteri forti.
ROD: Prima di tutto inizierei la nostra intervista con i risultati di questa visita: cerchiamo di capire che prospettive può aver portato questo incontro per il futuro dell’isla, di Cuba.
L.V: Come punto di primaria importanza c’è da dire che il processo rivoluzionario di Cuba non ha bisogno di interlocuzioni da parte degli Stati Uniti che insegnino quali siano le regole della democrazia , perché questo è un vivo percorso socialista che va avanti con sacrificio, con senso di responsabilità e con grandi risultati da oltre 55 anni. Cuba non deve imparare da nessuno qual è la democrazia e quali sono le forme di governo e le forme elettorali.
Fatta questa premessa, voglio dire che il risultato della visita è estremamente positivo per il governo e per il popolo cubano. L’utilità politica di questo incontro storico sta nel fatto che è una vittoria della diplomazia cubana, una vittoria del popolo cubano, una vittoria della rivoluzione, perché se Obama, il presidente del più grande paese imperialista e capitalista del mondo, che ha oppresso Cuba per 57 anni non solo con il blocco ma con aggressioni e con morti, per la sola colpa di essersi autodeterminata in un processo socialista, arriva nella grande isola e viene ricevuto in maniera educata e rispettosa, come sempre i cubani sanno fare anche con governi ostili e nemici, questa è una vittoria diplomatica e politica di Cuba, perché significa che finalmente l’impero statunitense accetta di sedersi ad un tavolo di trattative da pari a pari, riconoscendo di fatto la piena legittimità della rivoluzione. Obama ha riconosciuto che le politiche del blocco sono state un errore, quindi si può affermare che positivamente da un anno e mezzo continua la negoziazione per tentare di giungere alla normalizzazione dei rapporti, al contrario di quello che sostengono la maggior parte dei mass media che parlano come se il blocco fosse già finito. Normalizzazione e negoziazione sono due termini completamente differenti; negoziare in questo caso vuol dire che ha avuto inizio una trattativa dura, difficile, lunga; normalizzare i rapporti significa che Cuba sarebbe trattata nelle relazioni internazionali come qualsiasi altro paese al mondo, ma non è affatto così.
Queste trattative in corso hanno portato all’apertura delle ambasciate, al riconoscimento degli errori nelle relazioni degli Stati Uniti, al fatto che Obama dichiari ancora una volta che si farà portatore nel Congresso della proposta della fine del blocco. Bisogna considerare che per 24 anni di seguito le Nazioni Unite si sono espresse con un voto quasi unanime, perché si sono quasi sempre avuti 187 voti contro il blocco, e due voti per la continuità, quello degli Stati Uniti e di Israele; secondo la logica dell’ONU però, 187 o 188 voti , non hanno avuto alcun valore perché c’è il potere di veto da parte degli USA. In ogni caso da quindici mesi sono cominciate le trattative, ed anche sulle possibilità di alcuni investimenti, con capitale statunitense, ma sempre con la maggioranza del capitale cubano.
Ci sono state delle aperture anche per quanto riguarda internet per l’immissione della banda larga, la regolarizzazione, almeno in parte, di quelli che sono i viaggi degli statunitensi. Sta quindi iniziando una nuova epoca, nonostante un difficile confronto che a mio parere sembrerebbe caratterizzato anche dalla modalità e continuità di una serie di dichiarazioni dello stesso Obama per una ingerenza USA sulle dinamiche interne tese a destabilizzare il processo democratico socialista.
ROD: Nello specifico di questa trattativa, come possiamo interpretare la posizione degli Stati Uniti d’America? Si parlava del voto alle Nazioni Unite sul bloqueo che riconoscono ormai da 24 anni che il blocco deve terminare, ma che la tracotanza degli USA impone ancora. Quale potrebbe essere il motivo reale di questa posizione statunitense?
L.V: Innanzitutto bisogna considerare la strategia e le nuove debolezze degli Stati Uniti sul piano internazionale. Un mese fa e non oltre il presidente Obama al Congresso ha dichiarato terminata l’epoca della loro leadership unipolare del mondo. Oggi gli Stati Uniti devono fare i conti con altri competitori sulla scacchiera internazionale, la UE, i BRICS, e quindi di uno scenario che è completamente diverso rispetto agli ultimi anni. Questo perché ovviamente la crisi sistemica del capitale a livello internazionale si è trasformata in una durissima competizione globale, sia a livello microeconomico, cioè di singole imprese, poiché quando la crisi si fa più forte e potente ovviamente ognuno cerca, nei piccoli spazi di mercato e di espansione, di rendere la concorrenza più dura e diretta. Questo fenomeno di agguerrita competizione avviene anche tra Stati, ma coinvolge intere aree, o blocchi geoeconomici. Insomma si acutizza la guerra interimperialista.
La debolezza degli Stati Uniti è rappresentata dal fatto che è un paese fortemente indebitato per garantire il livello di importazioni, un paese che vive sicuramente al di sopra delle proprie possibilità economiche e che quindi ha sempre più bisogno di mantenere il dollaro come moneta di riferimento a livello internazionale; si tratta di un paese che ha anche necessità di imporsi nei mercati e rilanciarsi attraverso il cosiddetto Keynesismo bellico e del privato, finanziando a livello internazionale il grande apparato industriale degli armamenti e quindi scaricando bombe in giro per il mondo.
Queste sono le modalità con le quali i paesi a capitalismo maturi vorrebbero uscire dalla propria crisi, e quella militare è solo una delle opzioni di guerra che gli imperialismi USA e UE portano avanti da anni.
Per quanto riguarda il livello militare, gli Stati Uniti devono prestare attenzione alle forze di altri concorrenti; ad esempio Putin – che non è sicuramente un socialista ma come potenza capitalista ha bisogno di controllare i suoi confini e di avere anche i suoi mercati a livello internazionale – non si fa certo accerchiare, come si vede chiaramente da quello che sta succedendo in Ucraina o in Siria. La guerra del petrolio è ormai una guerra generalizzata . La Cina è una potenza internazionale con cui bisogna fare i conti, perché ormai da anni svolge un ruolo di comando strategico non solo sul piano geoeconomico.
Le guerre sono anche guerre sociali come quelle che subiamo in Europa contro il movimento dei lavoratori, e ci sono le guerre economiche come quelle create con il blocco a Cuba o contro il Venezuela; esistono le guerre ambientali, le guerre per l’alimentazione (secondo le dichiarazioni della FAO si producono alimenti per 13-14 miliardi di persone, e gran parte del cibo viene gettato via perché il ciclo del valore di questi alimenti non riesce a raggiungere i livelli di profitto desiderati), la guerra contro lo stesso stati di diritto (gli attacchi continui al diritto al lavoro, il diritto allo sciopero, il diritto a manifestare, il diritto alla casa, il diritto alla parola antisistema). Purtroppo c’è una guerra globale che quindi evidenzia una vera e propria guerra di civiltà.
Gli Stati Uniti non hanno più la leadership finanziaria e monetaria di qualche anno fa, perché ormai molti paesi cercano di rappresentarsi con altre monete. L’euro vuole un suo ruolo ma anche la Cina ha la sua moneta molto forte, ognuno cerca ovviamente degli spazi, perché controllare la riserva internazionale di moneta significa determinare le dinamiche speculative oltre che del mercato dei cambi anche il mercato finanziario e il mercato del petrolio.
E in questo contesto anche la piccola Cuba per gli USA rappresenta un problema, perché nonostante i 57 anni di aggressione, di terrorismo, di bioterrorismo, di assassinii, di blocco economico, di blocco finanziario, di blocco commerciale, di sanzioni che sono state inflitte a tutti i livelli ed hanno portato ad una perdita di almeno 120 miliardi dollari all’economia cubana, l’isola continua a resistere e a rappresentare per tutti i Sud del mondo il più alto punto di riferimento di autodeterminazione ed esempio rivoluzionario!
Cuba è stata dichiarata terra di pace, di mediazione e di conciliazione a livello internazionale da Papa Francesco, così come dal Patriarca russo e prima ancora da Papa Benedetto XVI. E’ li che Papa Francesco è andato prima ancora di andare in Argentina, e ed è a Cuba che c’è stata la riconciliazione delle chiese cristiane, cioè quella cattolica e quella ortodossa e da oltre due anni sono a l’Avana le sedi di trattative fra governo e FARC per la pace in Colombia.
Sarebbe stato scomodo per Obama chiudere la sua presidenza senza lasciare un segno, che in realtà cerca di nascondere la guerra militare che ancora Obama e il suo governo stanno portando avanti in tutto il mondo.
Gli Stati Uniti hanno anche un altro grande problema: dopo la caduta dell’Unione Sovietica hanno cercato di dimostrare che era possibile la guida unipolare e che il mondo cosiddetto “libero” non avrebbe avuto più i nemici comunisti e quindi si sarebbe vissuta l’era di normalizzazione e pace. Allora il governo statunitense si è potuto dedicare a cercare di convertire la Russia e tutti i paesi dell’ex blocco socialista in paesi complici e subordinati agli interessi delle multinazionali, agli interessi del governo degli USA, alle regole infami del capitalismo selvaggio. Inoltre insieme all’imperialismo UE hanno anche dato inizio ad una guerra permanente contro tutto il Medio Oriente, trascurando in parte quello che era il loro “giardino di casa”. Così facendo non si sono accorti che in America Latina, intorno a Cuba nascevano le grandi democrazie popolari, il grande progetto del socialismo del XXI secolo di Chavez; nasceva il Venezuela bolivariano socialista, la Bolivia del socialismo comunitario, nasceva l’Ecuador della rivoluzione cittadina, e paesi che anche con progetti rivoluzionari e socialisti differenti però hanno fatto risorgere la democrazia di base, la democrazia popolare, la democrazia partecipativa dell’ALBA, con una grande caratterizzazione antimperialista e anticapitalista. Gli USA non si sono accorti che anche altri paesi a guida progressista , in particolare il Brasile che fa parte dei BRICS e la stessa Argentina, hanno assunto negli anni una caratterizzazione completamente antimperialista, una dinamica politico-economica alternativa che si esprime da subito attraverso l’appoggio concreto all’ALBA, non permettendo lo sviluppo dell’ALCA.
Per questo motivo gli Stati Uniti, pur senza abbandonare i progetti in Medio Oriente e nel resto del mondo, stanno cercando di rimettere piede in America Latina, quindi al mercato delle risorse naturali primarie, in particolare attraverso il ruolo veramente strategico assunto dalle ONG; la maggior parte di queste sono state usate e messe a disposizione dell’imperialismo USA per cercare di far entrare le multinazionali e le transnazionali con il pretesto della solidarietà umanitaria internazionale, con una guerra massmediatica che fa passare la Bolivia come la dittatura andina, o Maduro, e prima Chavez come il grande dittatore dell’America Latina. Stesso trattamento viene riservato a Cuba!
Durante il suo discorso il Presidente Obama per ben tre volte ha nominato gli esiliati cubani, usando questo appellativo per indicare invece delinquenti, mafia cubana, lobby anticastriste che fanno comodo per guadagnare voti.
ROD: Quest’aspetto è fondamentale anche per riuscire a capire bene, nelle prossime elezioni americane, quello che si sta giocando anche su Cuba.
L.V: Sono un militante marxista, prima che un professore universitario, un militante che lavora da tanto tempo molto vicino alla rivoluzione cubana e penso di poter esprimere garbatamente quelli che sono dei giudizi su tale questione.
Obama nel suo discorso durante la visita ufficiale riconosce gli errori dell’approccio imperialista di oltre 55 anni degli Stati Uniti verso Cuba; riconosce che per quanto riguarda Cuba nessuno può dire nulla sulle grandi conquiste sociali.; riconosce all’isola il suo compito di solidarietà internazionale in campo medico e di istruzione; riconosce ovviamente una società che è in evoluzione, quindi un fermento democratico partecipativo attivo anche nella risoluzione di alcuni problemi economici. Ma non si trattiene dal rilasciare, seppur con maniera elegante e accattivante, dichiarazioni sul fatto che Cuba soltanto una democrazia con un solo partito, mentre gli USA sono una democrazia con il pluripartitismo, che riconosce tutti i diritti civili, che guarda all’individuo a differenza di quello che accade a Cuba, che guarda allo Stato, e quindi si rivolge al popolo e non al singolo, fino alla frase ipocrita ad effetto “In quale altro paese un nero, proveniente da una famiglia povera sarebbe diventato un presidente?”.
Davanti a tutto ciò, ci sono molte cose da specificare: il Presidente fa riferimento alla libertà di espressione, quando sono tantissime le violazioni di libertà civili e di abusi di diritti umani negli Stati Uniti. Il governo “democratico” di Obama e i principali mezzi di informazione sono nelle mani dell’autorità centrali e alle multinazionali della comunicazione e non sono affatto trasparenti; se la stampa cerca di creare una condizione di “libertà” viene immediatamente attaccata. Obama parla di elezioni libere, ma non dice che esiste un’ampia documentazione di organismi internazionali democratici sulle grandissime irregolarità del sistema elettorale statunitense (negli USA una piccola condanna preclude il diritto di voto; inoltre, i voti spesso non sono contati in tutti gli Stati e i casi di corruzione perseguiti dalla legge durante le elezioni sono estremamente alti, tanto che in questo Paese si elegge il Presidente della Repubblica con meno del 40% dei votanti, in quanto le comunità più povere, quindi quelle più arrabbiate socialmente, si astengono dall’andare a votare.
Obama ha anche fatto riferimento a forme di repressione di polizia a Cuba, forse perché 20 persone, le cosiddette “dame bianche”, corrotte e pagate, il giorno che è arrivato il Presidente USA con al seguito un codazzo interminabile sono scese in piazza per dire no a quella che loro chiamano la “dittatura” cubana in un momento in cui si potevano determinare problemi per la sicurezza pubblica, motivo per cui sono state fermate, ma immediatamente rilasciate dopo l’identificazione. Se in questo caso si parla di repressione, che dire della violenza poliziesca negli Stati Uniti, dove solo nel 2015 sono morte 1145 persone per mano della polizia. Inoltre ogni anno viene presentata una fitta documentazione da parte anche di organismi internazionali di episodi di tortura e di uso indebito della forza; ci sono attacchi brutali in continuazione da parte della polizia contro manifestazioni che si possono tenere sui marciapiedi soltanto camminando e senza mai fermarsi, perché se ci si ferma sui marciapiedi si viene immediatamente attaccati dalla polizia.
Obama ha poi parlato dei detenuti politici a Cuba: a me non risulta che nell’isola ci sia alcun detenuto politico, perché in carcere ci sono solo persone che hanno commesso reati comuni. Gli Stati Uniti invece sono il paese che ha il più alto numero di detenuti che sono in attesa di giudizio; molte delle carceri statunitensi inoltre, secondo quanto attestano organismi internazionali, sono dei veri e propri campi di concentramento e ci sono tantissimi detenuti politici negli Stati Uniti, che sono in attesa di giudizio da 14 anni o 15 anni. Per non parlare della tortura, dato che moltissimi funzionari della magistratura statunitense hanno perseguito reati per tecniche di tortura proibite dal diritto internazionale e non solo nella base di Guantanamo.
Obama auspica una società di rispetto reciproco: perché allora nella sua visita ufficiale ha portato con sé, oltre alla moglie, oltre ai ministri ed alle figlie, 1200 agenti dei servizi segreti?! A che serviva questo sperpero di denaro e questa mostra di forza nel paese al mondo con il più basso tasso di criminalità?
Negli Stati Uniti molti cittadini muoiono ogni giorno per l’uso di armi da fuoco e Amnesty International considera questa l’area dove c’è una molto più alta crisi dei diritti umani. Obama quindi prima di parlare della democrazia e dei diritti bisognerebbe chiedergli a quale democrazia e diritti ci si riferisce. Nel suo discorso, ad un certo punto, sempre con il sorriso e sempre con l’aria accattivante, Obama afferma che la democrazia statunitense accetta il dissenso, guardandosi bene però dal dire sfacciatamente che Cuba non lo fa, ma usando comunque toni più o meno velatamente provocatori sulla democrazia cubana controllata e ridotta.
Bisogna poi ricordare le condizioni dei tanti detenuti politici nelle carceri USA, come il leader dei portoricani Oscar Lopez Rivera che è in carcere negli Stati Uniti da 34 anni senza aver commesso un reato di sangue. Le carceri statunitensi sono invivibili, gli Stati Uniti sono il paese al mondo con il numero più alto in assoluto di detenuti, ce ne sono 270.000 nelle carceri e di questi almeno 100.000 sono ancora in isolamento. Obama dice che negli USA ci sono i diritti per gli omosessuali: è facile per le democrazie occidentali parlare di diritti civili, ma non si parla mai dei diritti sociali. Ovviamente il riconoscimento di tutti i diritti civili è indispensabile, ma la democrazia si misura in termini di diritti sociali, cioè di diritto al lavoro, di diritto all’abitare, di diritto alla salute. I diritti sono indivisibili, un tutt’uno e inalienabili
Vogliamo parlare dei diritti del lavoro? In grandissime aree degli Stati Uniti non si rispettano il diritto allo sciopero,il diritto alla sindacalizzazione, si violano tutte quelle che sono le norme per la salute, e la sicurezza sul lavoro e ci sono centinaia di migliaia di lavoratori, specialmente dell’agricoltura, a cui non è riconosciuto nemmeno il diritto al salario minimo. In questi settori dell’agricoltura c’è il maggior livello di sfruttamento di cittadini di nazionalità sudamericana.
L’obiettivo del governo degli Stati Uniti è quello, secondo me, di sobillare la sovversione controrivoluzionaria a Cuba, ipotizzando ipocritamente in qualche maniera un processo di transizione alla democrazia borghese e capitalista, perché più volte Obama ripete che gli USA sono un paese democratico da imitare e tenere come esempio.
Bisognerebbe domandarsi di quale democrazia stiamo parlando e se lui sa che esistono nel mondo oltre che la democrazia rappresentativa – quella che poi non rappresenta nulla visto che vota sempre meno gente anche qui in Italia ed in Europa – anche la democrazia popolare, la democrazia partecipativa, la democrazia socialista e di base che si esprime per esempio con i CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione), dove tutta la popolazione si riunisce quotidianamente per gestire i quartieri, per gestire la sicurezza, la sanità, la democrazia partecipativa, per dire quali sono i candidati alle elezioni, per fare la revoca dei candidati dopo sei mesi se non mantengono gli impegni elettorali.
Per quanto riguarda l’economia, Obama fa l’appello al mercato capitalista, infatti ha fatto delle aperture a quella che lui chiama l’economia privata che si sta portando avanti a Cuba. Ma nell’Isla Grande non c’è nessuna forma di economia privata, a Cuba sono state fatte delle attualizzazioni e perfezionamenti sulla pianificazione al VI° Congresso del Partito Comunista del 2011, ed è la settima volta, in cinquant’anni, che si modifica il modello di pianificazione perché i cubani sono assolutamente flessibili. E come ha espresso chiaramente il Comandante Fidel nel suo discorso del 1° maggio del 2001, “Revolucion es el sentido del momento historico” cioè la “rivoluzione è il senso del momento storico”, bisogna saper modificare i modelli di riferimento, sempre rimanendo fedeli alla strategia socialista, e quindi cambiare a seconda di quelli che sono i rapporti di forza nelle relazioni internazionali. Cuba ha cercato in questi anni semplicemente di rendere più efficiente l’economia, e questo argomento verrà ripreso al VII° Congresso ora ad Aprile, dopo cinque anni, come era stato promesso dal Partito Comunista, inserendo anche forme di lavoro individuale sui servizi non strategici.
Obama ha poi fatto riferimento alla nuova regolamentazione del turismo secondo la quale qualsiasi cittadino americano può recarsi a Cuba, quando invece in realtà se si analizzano le leggi degli Stati Uniti, anche dopo il 17 dicembre del 2014, si dice che qualsiasi cittadino americano può andare a Cuba sempre e soltanto se il suo viaggio sia effettuato in un programma a tempo pieno per attività di intercambio educativo, per migliorare il contatto con il popolo cubano e con la società civile, e per promuovere l’indipendenza del popolo cubano dalle autorità del paese. Non mi sembra una grande libertà di movimento!
Per quanto riguarda la questione Guantanamo, Obama continua a dire che quello è territorio statunitense ed il vero motivo di questa limitazione della sovranità territoriale di Cuba è imposta, perché quello spazio serve agli Stati Uniti per mantenere il controllo militare su Cuba.
Sul blocco non è stato preso alcun provvedimento, la questione non è stata toccata perché quello che ha voluto evidenziare Obama è che risolvere il problema non è suo compito; si appellerà al congresso, ma non dipenderà da lui l’esito dei risultati politici.
Una considerazione non ufficiale: personalmente ho visto giusta diffidenza e freddezza verso la molta ipocrisia ostentata nei discorsi di Obama. Anche nel momento in cui Obama è andato via; con la solita cortesia i cubani gli hanno stretto la mano, gli hanno sorriso, ma se si guardano i filmati, è chiaro che c’è stato un momento di imbarazzo quando Obama per simpatia e per il suo ruolo accattivante è andato da Raul Castro ed ha tentato di abbracciarlo, e Raul in maniera cortese e con il sorriso gli ha dato semplicemente la mano sollevando quella del Presidente USA.
La cosa più volte fatta ben intendere da Obama è stata che a suo parere nei suoi otto anni di governo è stato un portatore, un’interprete, un testimone della pace. Come si può affermare ciò, davanti all’evidenza che in questi otto anni non c’è mai stato un mese di pace?! Ci sono ancora tantissimi conflitti aperti dall’imperialismo statunitense. Un uomo di chiesa, sicuramente democratico e progressista, come Frei Betto, ha messo in evidenza in maniera chiara che c’è da parte degli Stati Uniti un’annessione simbolica che avviene nel mondo attraverso i mezzi di comunicazione, il commercio, la discriminazione, il dominio culturale, e ne è testimonianza la conclusione del discorso di Obama con “se puede” … certo che si può, ma si può fare cosa? E per che cosa?! Si è appellato al popolo cubano dicendo che gli americani saranno soci dei nuovi imprenditori cubani, però sarebbe bello che pensasse anche che oltre a questi pochi piccoli imprenditori rampanti, a Cuba c’è un popolo che è rappresentato dalla società civile che è il sindacato dei lavoratori, il partito, che sono i CDR, che sono le associazioni delle donne, che sono le associazioni dei cittadini, per la gestione dei quartieri, per l’amicizia e la solidarietà, ecc. Quando si appella al popolo cubano dovrebbe sapere che oltre ad esistere delle differenze tra i due governi statunitense e cubano, in tema di diritti umani bisogna anche ricordare come ha detto Raul che “i diritti umani sono indivisibili”, è una torta di cui non si può assolutamente prendere e far finta di assaporare una sola fetta. Quando Raul Castro ha detto che distruggere un ponte è molto facile ma ricostruirlo in maniera forte e solida è un compito molto lungo e difficile, mi sembra che abbia voluto dire che si ringrazia il Presidente Obama per gli sforzi e i passi avanti compiuti in questi 15 mesi, dal dicembre del 2014, ma che non si possono adottare forme ipocrite di comodo sulla democrazia incentrata sui diritti come finzione e sul blocco e poi non fare un passo avanti per chiudere questa infame pagina di brutale guerra economica.
Raul Castro ha anche ripetuto in maniera chiara che la restituzione del territorio di Guantanamo, dove si trova la base navale nordamericana, e la fine del blocco sono elementi ineludibili per normalizzare le relazioni; ha poi voluto ricordare le sue decise parole più volte decisamente enunciate in Parlamento, sul divenire storico di Cuba che certamente può cambiare e perfezionare il suo modello ma rimarrà sempre all’interno di un sistema socialista, e l’esclusività della sovranità e dell’autodeterminazione spetta e spetterà esclusivamente al popolo cubano. Questo significa riaffermare che si vuole una relazione con gli USA di una pacifica e rispettosa convivenza, ma che ognuno rimane sul suo percorso politico-sociale e che le differenze politiche enormi permangono proprio sul modello di società. Penso che riconoscere questo sarà estremamente importante.
Il Presidente Raul ha ribadito che il processo di normalizzazione dei legami bilaterali è appena iniziato, ma sarà lungo e difficile che si è arrivati a questo punto per la volontà di entrambi i Paesi. Obama ha trovato un paese vivo di democrazia sostanziale che contribuisce attivamente alla pace nel mondo, alla stabilità dell’America Latina, con un ruolo fondamentale non solo nell’ALBA, ma anche nella CELAC e nell’UNASUR, Il concetto martiano della diffusione della cultura rivoluzionaria da parte di Cuba è un principio fondamentale, l’offerta generosa del suo popolo di amicizia e dignità ha sempre caratterizzato questo Paese nella pratica della solidarietà internazionale.
Voglio anche ricordare alcune parole del Comandante Fidel Castro dopo l’11 settembre del 2001: “Oggi è un giorno tragico per gli Stati Uniti e voi lo sapete bene perché qui non è mai stato seminato odio contro il popolo statunitense proprio per la sua cultura e la mancanza di complessi; siccome siamo uomini completamente liberi abbiamo una patria e non abbiamo padroni, Cuba è il paese dove i cittadini statunitensi sono trattati con più rispetto , non abbiamo mai praticato nessun genere di odio, né cose simili al fanatismo, per questo siamo forti, la rivoluzione è forte, basiamo la nostra condotta sui principi, sulle idee e trattiamo con gran rispetto tutti i cittadini statunitensi che visitano il nostro paese”…
E con lo stesso rispetto è stato trattato Obama senza però concedere nulla sulle scelte di governo, di società che la rivoluzione ha saputo darsi consolidando nella pratica quotidiana la superiorità politica della democrazia socialista, rispetto alla brutale democrazia del profitto.
La speranza è che la visita del Presidente degli Stati Uniti, che sembra più di facciata che di contenuti, si possa trasformare concretamente in una scelta di percorso reale verso la normalizzazione ma sempre nel rispetto del processo socialista e dell’autodeterminazione del governo e del popolo cubano.
ROD: E’ la speranza con la quale ci uniamo. Con queste parole di Fidel noi ci salutiamo con Luciano, ringraziandoti per questa intervista che è stata una vera e propria lezione di carattere economico sociale e politico rispetto a quello che sta accadendo a Cuba nei rapporti con gli Stati Uniti . Visto che hai parlato tanto di diritti umani mi permetto in conclusione di ricordare un aspetto riguardo alla trasparenza: basterebbe parlare del caso Snowden rispetto ai casi di spionaggio degli Stati Uniti per avere un’idea di come essi agiscano; e tu hai ricordato giustamente Oscar Lopez Rivera, quindi dedichiamo a tutti i purtroppo reali detenuti politici questa chiacchierata intelligente!
L.V: Questa trasmissione la dedichiamo al popolo cubano, alla rivoluzione socialista e come dici tu non solo ai prigionieri politici negli Stati Uniti, ma a tutti i prigionieri politici che sono nelle carceri dell’imperialismo e del capitalismo solo perché vogliono dire che un altro mondo è possibile perché è necessario.
Per i riferimenti e ulteriori approfondimenti anche ai temi trattati in questa intervista si possono vedere le tre fondamentali riflessioni di Fidel Castro, Raul Castro e Bruno Rodriguez.si veda il sito
www.nuestra-america.it
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
alessandro
Vi siete dimenticati di dire che il professor Vasapollo è uno dei consulenti del movimento 5 stelle, nulla di male, ognuno è libero di scegliere dove stare, con chi stare e dove sedere, ma visto il suo curriculum trovo importante e onesto citare anche il suo legame con il movimento 5 stelle.