Il Partido Popular di Alberto Feijoo, lo scorso 25 settembre, ha ottenuto un trionfo alle ultime elezioni ‘autonomiche’ galiziane: con la maggioranza assoluta dei seggi è diventato, per il terzo mandato consecutivo, presidente della Comunità Autonoma. La vittoria massiccia del PP – primo partito nella quasi totalità dei comuni della Galizia – è stata una delle dimostrazioni esemplari della capacità della Destra spagnola di resistere al potere, nonostante la ventilata crisi del «regime del '78» e l'emersione della nuova Sinistra populista. Capacità confermata con la recente investitura di Rajoy – galiziano anche lui – a presidente del governo, grazie all'astensione del PSOE.
La Galizia è una delle nazionalità storiche del Regno di Spagna, insieme alla Catalogna e ad Euskadi; convenzionalmente, questo titolo è attribuito alle tre comunità autonome che – durante la Seconda Repubblica – approvarono un proprio Statuto di Autonomia. Anche per questo, la situazione politica galiziana è singolare se osserviamo quanto accaduto durante le ultime consultazioni nella Generalitat e nella CAV: queste due, infatti, hanno visto vincere alle generali le forze politiche per il cambiamento della politica statale (En Comù e Podemos) ed alle autonomiche i propri partiti nazionalisti (PNV, Bildu, Junts pel Si).
Come si spiega questa differenza? Perché il PP è così forte in Galizia, mentre è marginale nelle altre nazionalità storiche? Come mai il nazionalismo galiziano non è maggioritario? Le risposte si possono trovare nella evoluzione socio-economica di questa nazione.
Colonia interna di Spagna
«Siamo stanchi di essere una colonia, e per quanti vantaggi ci possa offrire una nuova colonizzazione, vogliamo dettare leggi per autogovernarci, senza ingerenze straniere. La libertà è l'unica riserva su cui contano i popoli per creare il proprio futuro. E noi potremmo ipotecare tutto, meno il futuro» (Castelao, «Sempre en Galiza», 1944)
Xosé Manuel Beiras, economista marxista e leader storico del nazionalismo galiziano, ha dichiarato di aver compreso l'alienazione dei suoi connazionali quando – a Parigi – lesse «Portrait du colonisée» del tunisino Albert Memmi, una delle letture più importanti per i militanti anticolonialisti del secolo scorso, in cui veniva illustrato il complesso dei colonizzati ed il loro rapporto dialettico con il colonizzatore. Tale complesso, in Galizia come in altri contesti analoghi, è reso evidente dal fenomeno della diglossia: la lingua galega è stigmatizzata in quanto idioma di contadini, allevatori e pescatori mentre la lingua castigliana è identificata come la lingua dell'élite modernizzatrice. Spinto da questa consapevolezza, Beiras indagò in termini accademici la condizione coloniale della propria nazione scrivendo «O atraso economico da Galiza»; qui applicò alla regione la tesi del colonialismo interno, elaborata in ambito sociologico tra gli anni '60 e '70 – in particolare con gli studi del messicano Gonzalez Casanova e dello statunitense Michael Hechter. Se il colonialismo in generale è una relazione di dominio tra uno Stato oppressore e un popolo oppresso, sfruttando la differente condizione di sviluppo tra i due (Reinhard, 1990), una colonia interna è una comunità nazionale distinta inserita in condizione di subalternità entro uno Stato-Nazione, attraverso delle relazioni coloniali con il centro economico statale; l'interesse di questo è, di fatto, l'unico rappresentato entro un'istituzione che, formalmente, garantisce pari diritti a tutti i suoi cittadini.
La Galizia era la regione più povera del Regno di Spagna (con il più basso PIL pro capite) quando fu integrata entro il tardivo sviluppo capitalistico dello Stato iberico. All'inizio dell'Ottocento era un territorio agricolo, in cui le altre attività economiche (pesca, lavorazione del ferro, tessile, concia) erano svolte per autoconsumo. All'epoca, il porto di La Coruna era l'unico elemento d’interesse strategico per lo Stato centrale, essendo importante per il commercio con le Americhe. Lo Stato liberale, avviato il processo di centralizzazione politica (nel 1833 fu posto fine al Regno di Galizia, nel 1846 fu sconfitta la prima rivolta nazionale galiziana) nella seconda metà del secolo iniziò il processo di integrazione della Galizia nello sviluppo economico iberico: il brusco aumento dell'aliquota fiscale per i redditi dei contadini – dal 9 al 25% – indusse questi a praticare un allevamento volto all'esportazione, aderendo ad una mentalità di tipo mercantile; nel 1880, la Galizia fu collegata al sistema ferroviario, da cui era prima l'unica regione del Regno ad esserne esclusa, divenendo una riserva di bestiame per la Spagna, innanzitutto verso Madrid e Barcellona. Le rimesse degli emigrati in America contribuirono alla creazione delle prime banche commerciali, come il Banco di La Coruna, in mano a banchieri-commercianti spagnoli, che finanziò la realizzazione dei servizi pubblici cittadini. Inoltre, la fine del monopolio del sale e la crisi della pesca in Bretagna e Normandia attirarono nella regione capitali francesi e catalani per sviluppare il complesso marittimo dell'industria conserviera.
A differenza di Euskadi e Catalunya, dunque, il capitalismo in Galizia si affermò per mano di forze esterne e per interessi estranei allo sviluppo della regione, lasciando alla borghesia autoctona un ruolo di mera subalternità che ancora lo caratterizza. Il primo trentennio del Novecento vide l'espansione del settore navale (dalla conserva alla cantieristica), il consolidamento del sistema finanziario (i principali azionisti erano gli industriali navali) e dei servizi urbani (gas, elettricità, trasporti, acqua). L'economia di sussistenza era ormai definitivamente scomparsa e le migliorie applicate in campo agricolo (dalla meccanica alla chimica) avevano aumentato notevolmente la produzione nel settore primario.
La guerra civile in Galizia ebbe una brevissima durata, giacché fu una delle prime aree occupate dai ribelli fascisti; nonostante ciò, la repressione di repubblicani e galeguisti fu durissima, con una media di 7 uccisi al giorno per tre anni (4699 morti secondo il Progetto Nomes e Voces, 2014). Durante il conflitto la Galizia fu un'importante fornitrice di alimenti per i soldati franchisti; stessa funzione a cui la dittatura relegò la regione per l'intero Stato durante la fase autarchica (1940-1959). Questa politica provocò una grave recessione in ogni settore, bloccando il progresso dell'agroalimentare, soffocando l'industria conserviera (a capitale galiziano) obbligata a vendere il 60% della propria produzione a basso prezzo per il mercato spagnolo e vincolando l'export ai soli Paesi che avevano sottoscritto un trattato con Madrid. Inoltre, ebbe inizio in quest'epoca una forma di sfruttamento che persiste tuttora: nelle acque del Minho, Sil, Limia una società di elettricità (poi assorbita dalla Fenosa) produce energia per la Spagna localizzando nella regione i costi sociali e ambientali del processo. La ripresa economica dovuta alla fine dell'autarchia – con il Plan de Estabilizaciòn del 1959 – non riuscì mai a recuperare quanto perso nei precedenti decenni; tuttavia, dagli anni '60 iniziò l'evoluzione della società galiziana da prettamente agricola (3/5 degli addetti) all'espansione del terziario, con la crescita del tasso di urbanizzazione e l'aumento degli addetti nell'industria. Gli allevatori iniziarono a specializzarsi nel settore lattiero; pesca e conservieri acquisirono migliori tecnologie; il capitale pubblico impiantò siderurgia (alluminio) e una raffineria di petrolio; la Citroen si stabilì nella regione e fu l'unica impresa allogena capace di generare un cluster (nascerà un insieme numeroso di imprese collegate al settore dell'automozione).
Dopo il franchismo e l'ingresso della Spagna nella Comunità Europea – durante la nuova fase storico-economica seguita alla crisi petrolifera degli anni '70 – crebbe la presenza di capitali stranieri (se nel 1970 le grandi imprese straniere erano 6 delle maggiori 11, nel 1990 saranno ben 10 su 11) a seguito della crisi delle imprese locali, la temporanea acquisizione pubblica e la successiva privatizzazione tra gli anni '80 e '90. Il complesso marittimo e agroalimentare ha perso il suo protagonismo (dal 1960 al 1990, da 20 a 9 tra le maggiori 50 imprese) anche a causa dei danni causati dalle quote di produzione imposte dalle politiche comunitarie. Oggi la Galizia è una delle comunità del Regno che importa più alimenti (al maggio scorso era la maggiore importatrice, con il più alto costo per persona, 422 euro – laopinioncoruna.es) per la debolezza della sua produzione interna (all'inizio del secolo in corso, si è importato il 26% dell'offerta agroalimentare, mentre la media spagnola era del 12.8%; 49% import prodotti agricoli). Il deficit commerciale nell'agroalimentare nel 2010 è stato pari a circa 260000 mila euro. Inoltre, il monopolio della grande distribuzione (83% acquisti del latte) e il cartello degli industriali (tra cui la francese Lactalis, la galiziana Larsa, l'asturiana Leyma e la portoghese Leche Celta) spinge costantemente verso il basso il prezzo del latte, danneggiando gli allevatori e provocando periodiche vertenze.
L'ultima fase del colonialismo interno galiziano ha avuto la Destra unionista – la quale, da Alianza Popular al Partido Popular ha governato la comunità autonoma galiziana dalla riconquista dell'autonomia in avanti, salvo due parentesi (un «ribaltone» in favore di un socialista negli anni '80 e il governo bipartito tra PSdeG e BNG) – come intermediaria del potere politico-economico esterno e garante della dipendenza, basando il proprio consenso sulla struttura clientelare conseguente alla redistribuzione dei fondi pubblici. Secondo il politologo Michael Keating, il clientelismo galego si distinguerebbe da quello italiano, legato più all'elargizione di contributi sociali ai singoli individui, per essere legato a programmi di opere pubbliche, coinvolgenti cooperative e associazioni professionali, creando quindi effimeri posti di lavoro.
Il nazionalismo come strumento utile alle lotte sociali: il BNG
Dagli anni '80 all'alba del nuovo millennio il Bloque Nacionalista Galego è stato – nella regione in questione – il più importante partito di opposizione al bipartitismo PP-PSOE, capace di raccogliere gran parte del malcontento sociale contro le politiche di Madrid, di Bruxelles e del governo della Comunità Autonoma. Il BNG è un fronte di partiti, collettivi e individui nazionalisti progressisti nato nel 1982; il ruolo egemone in seno ad esso, per la propria capacità di organizzazione e militanti, è stato storicamente svolto dall'Union do Povo Galego. L'UPG è un partito comunista sorto negli anni '60 in critica verso il PCE, cresciuto con la partecipazione alle lotte dei lavoratori galiziani e la creazione di associazioni nazionaliste civiche e sindacali. Significativa la correlazione tra il voto nazionalista e le aree in cui il sindacato nazionalista (Confederacion Intersindical Galega) era più forte; così, durante tutti gli anni '80, la base elettorale del BNG rimase legata all'identificazione di classe sia nei centri industriali che nelle zone rurali (Loi Barrio, 2007).
Il frontismo perseguito dal UPG, dunque, non nacque dal nulla – come mera unione di sigle – ma fu pensato al fine di valorizzare l'opera svolta nella società per circa un ventennio. Malgrado l'importanza di un partito in particolare, il Bloque è stato a lungo – sino alla XII Assemblea del 2006 – organizzato in modo assembleare, con il voto diretto degli affiliati nelle assemblee della formazione a livello locale e nazionale; oltre a ciò, seppe presto trasformarsi da strumento dei partiti ad associazione per sé stessa – che oggi conta 3/4 dei suoi membri tra gli indipendenti – capace di aggregare a sé i gruppi nazionalisti pre-esistenti o di eliminarli di fatto dalla scena. Nei suoi militanti l'identificazione nel BNG ha finito per prevalere sulla propria appartenenza ai partiti e movimenti cui si è tesserati.
La prima fase di questo «strumento utile per la liberazione nazionale», situata tra il 1982 ed il 1985, fu caratterizzata dal rifiuto dei canali istituzionali e dalla mobilitazione diretta. La seconda fase (1985-2001) è stata quella dell'ascesa elettorale e militante, della graduale istituzionalizzazione all'esterno e burocratizzazione all'interno. L'obiettivo perseguito in questo periodo – sancito dalla III Assemblea del 1987 con il nome di «Proxecto Comun» – è quello di diventare la forza centrale della politica galiziana; ciò ha comportato il superamento del carattere extraparlamentare e la moderazione del messaggio politico, divenuto riformista: incremento dell'eterogeneità dei membri (dalla sinistra estrema al centrosinistra); il PP come nemico principale; socialdemocrazia prevalente sul marxismo-leninismo; autonomismo e federalismo sono preferiti all'anticolonialismo originario.
L'ascesa nei consensi pare inarrestabile: nel 1985 il primo eletto nel Parlamento Autonomo con il 4.23% di voti; nel 1989 il BNG divenne la prima forza nazionalista con l'8%; nel 1993 fu l'unica forza nazionalista rappresentata nel Parlamento Autonomo (18.5% e 13 seggi). Nel 1996 furono eletti i primi rappresentanti del nazionalismo galiziano al Congreso di Madrid. Nel 1997 il BNG – con il 25% dei voti – compì il sorpasso sul PSOE locale, divenendo la seconda forza politica galega dietro solo al clientelare PP dell'ex gerarca fascista Manuel Fraga. Nel 1999 il BNG giunse anche al Parlamento Europeo. La crescita di militanti e membri nelle istituzioni andò di pari passo con una maggiore organizzazione del fronte: centralizzazione nel controllo delle risorse e diversificazione funzionale indebolirono progressivamente il carattere assembleare facendo divenire l'associazione sempre più simile ad un comune partito politico.
Alle elezioni galiziane del 2001 arrivò la prima crepa rivelatrice della crisi dell'organizzazione: calo elettorale e perdita del ruolo di seconda forza galiziana. Le Assemblee del 2002 e del 2003 furono animate dalla percezione di essere giunti al culmine della propria espansione, segnando l'inizio degli scontri interni che hanno lacerato il Bloque sino all'assemblea di Amio del 2012; la tensione principale sarà tra coloro che vogliono preservare il carattere assembleare e frontista dell'organizzazione e coloro che intendono riformare la struttura verso una maggiore organizzazione interna con la riduzione del ruolo delle singole componenti. Il primo a fare le spese di questo conflitto interno sarà il portavoce storico del BNG Xosé Manuel Beiras – di grande carisma e forte impatto mediatico ma mai padrone delle dinamiche interne al Bloque – sostituito dal giovane dirigente Anxo Quintana, il quale – nell'assemblea nazionale del 2006 – smantellerà definitivamente la democrazia diretta in favore di meccanismi di delega.
L'ascesa del BNG non fu legata ad un elettorato ideologizzato in senso nazionalista ma alla capacità del Bloque di canalizzare su di sé lo scontento diffuso verso la classe politica bipolare, facendosi strumento di lotta e opposizione contro le politiche dello Stato spagnolo e dell'Unione Europea (fu l'unica formazione galiziana ad opporsi all'ingresso nella CEE, ha sempre denunciato il carattere imperialista della UE imputando la crisi dei settori chiave dell'economia galiziana al mercato comune). Per un ventennio apparve come l'organizzazione politica più affidabile contro la marginalizzazione della Galizia. Progressivamente esaurita questa dimensione di lotta, cresciuta la priorità di ottenere cariche pubbliche rispetto alla mobilitazione diretta, gli elementi più coscienti della maggioranza sociale galega – quelli non raggiunti dal clientelismo del PP e dai messaggi del PSOE – hanno cercato altri referenti e nuovi metodi. Probabilmente, può aver influito la minorità della coscienza nazionale galiziana; per cui, il nazionalismo galiziano – a differenza di quanto avviene in Catalogna ed Euskadi – può contare unicamente sulla propria capacità di rappresentare degli interessi di classe ben definiti (non a caso, si può dire che in Galizia non esistano movimenti nazionali di Destra) senza che il nazionalismo sia necessariamente visto come un mezzo necessario per lottare in nome di questi.
Crisi del BNG e nuovo protagonismo della società civile: il XXI secolo
Il 13 novembre 2002 la petroliera Prestige ebbe un incidente a 28 miglia dalle coste galiziane, riversando in mare il suo carico – 77.000 tonnellate di greggio – che nei giorni successivi, a causa della pessima gestione della situazione da parte delle autorità autonome e statali, finirà per invadere persino il sistema fluviale della regione. Al fine di sopperire alle mancanze delle istituzioni, numerosi volontari si organizzarono per limitare i danni. Il 27 novembre nacque la piattaforma Nunca Mais, la quale – malgrado l'importante influenza del BNG e della CIG – rappresentò il primo esempio di movimento sociale galego autonomo dai partiti tradizionali, rappresentante uno spettro politico più ampio di quello nazionalista, riunito in nome dell'avversione al Partido Popular (responsabile politico del disastro) e per esigenze immediate: misure economiche contro i danni; norme ambientali di prevenzione; riforma della sicurezza marittima. La questione permise alla cittadinanza galega di prendere coscienza dei problemi generali della propria comunità, creando una crisi nel sistema di creazione del consenso del PP e costruendo forme alternative di partecipazione democratica. Il 1° dicembre 250.000 persone manifestarono per le vie di Santiago. Per tutto il mese la protesta andò avanti con sit-in e dimostrazioni contro la classe politica, anche con l'aiuto del web, facendo di NM uno dei primi esempi di cyber-mobilization. Nel gennaio 2003, il governo Aznar elaborò un piano di investimenti nella regione e trovò l'accordo per un compenso con la maggioranza dei pescatori, riuscendo di fatto a far cessare le attività del movimento ma non a evitare la crisi del proprio partito.
Nelle elezioni autonomiche del 2005 il Partido Popular non riuscì ad ottenere la maggioranza dei seggi; così, Manuel Fraga, al governo dal 1989, fu finalmente estromesso dal massimo scranno del potere politico galiziano aprendo le porte ad un governo bipartito tra la federazione locale del PSOE ed il BNG. Il primo, socio maggioritario, ottenne la presidenza con Tourino, il secondo la vicepresidenza con il suo portavoce Quintana. Tuttavia l'esperienza di governo alternativo rappresentò un fallimento che finì per aggravare la crisi del blocco nazionalista. In generale, saranno due cose ad annientare il bipartito: la crisi economica e la macchina propagandistica della Destra. Quest'ultima riuscì ad incolpare della crescente disoccupazione la cattiva gestione governativa, rappresentando il PP come l'unico in grado di gestire la situazione; inoltre, denigrò la politica linguistica voluta dei nazionalisti, definendola «guerra culturale» e mostrandola come fonte di contrasto interno all'esecutivo; gettò infine ombre su Quintana per la presunta irregolarità di una concessione eolica. La parte più fedele ed ideologizzata degli elettori del BNG non digerì l'alleanza con i socialisti e finì per astenersi alle elezioni successive. Così, nel 2009, il PP riprese la maggioranza assoluta mantenendosi al governo della comunità autonoma sino ad oggi.
Entro il BNG i nuovi equilibri erano determinati dall'alleanza tra l’UPG e gli indipendenti contro altri partiti e movimenti minori, i quali inizieranno una serie di scissioni culminate nel 2012 con l'addio al fronte del movimento legato all'ex portavoce Beiras (Encontro Irmandino). Gli avversari del partito marxista si dichiaravano fautori di un rinnovamento democratico entro il blocco e all'esterno, prestando attenzione alle nuove forme organizzative emerse durante la crisi economica. Xosé Manuel Beiras fonderà il nuovo partito nazionalista Anova e darà vita all'Alternativa Galega de Esquerda, con un'alleanza tra la federazione di Izquierda Unida (fortemente marginale, in Galizia, prima della crisi del 2008), gli ecologisti di Equo e lo Espacio Social Galego.
L'AGE fu una precorritrice del populismo progressista di Podemos, tanto che il politologo Anxo Lugilde ha definito la Galizia come il laboratorio del movimento di Pablo Iglesias: pur riconoscendo alla nazionalità delle proprie dinamiche sociali e facendo del nazionalismo un proprio patrimonio culturale, mise da parte la questione nazionale e si rivolse ad una «maggioranza sociale» sulla base di un progetto di rigenerazione della sovranità popolare, «contro l'élite» e di «rottura» con il sistema economico-istituzionale che ha generato la crisi. Le politiche antisociali del PP furono il bersaglio principale, dato che l'esecutivo di Feijoo aveva appoggiato le idee di Rajoy con tagli alla spesa pubblica e sostegno ai privati (in particolare nella sanità) mentre crescevano disoccupazione (dal 12.5% nel 2009 al 22% nel 2013, dati INE) e le famiglie povere (28%, secondo la Caritas).
Alle elezioni autonomiche del 2012, l'AGE otterrà ben 9 seggi, scavalcando il BNG nei consensi (14% contro 10%). Con la nascita di Podemos, in alleanza con l'AGE, è sorto il movimento delle «Maree». Queste sono piattaforme civiche, di unità popolare, simili a En Comù e Ahora Madrid, che alle elezioni comunali del 2015 riuscirono a conquistare importanti città come Santiago, Ferrol e La Coruna.
Conclusioni. Elezioni autonomiche 2016: rinascita del BNG ed esaurimento del populismo?
La comparsa del populismo progressista e del suo progetto federalista ha accelerato la crisi del BNG, riscontrabile nel calo di voti nelle due ultime elezioni generali di dicembre e giugno. Oltre ad essere tagliato fuori dall'organo parlamentare di Madrid, dopo vent'anni, il fronte è passato dai 184.000 (11%) voti del 2011 ai 44.000 (3%) del 2016. Tuttavia, la crisi ha dato vita ad un vivace dibattito interno sul futuro dell'organizzazione, culminato durante l'Assemblea dello scorso febbraio, con l'elezione della nuova portavoce Ana Ponton. L'obiettivo esplicito del nuovo corso è quello della rifondazione del Bloque, ribadendo la propria impostazione nazionalista di fronte al populismo. Perciò, al fine di sviluppare un dibattito «aperto e partecipativo» entro il nazionalismo galego – oltre il BNG – è nato il Proceso Adiante, incentrato su tre ambiti di discussione: interpretazione della realtà galiziana; strategia politica nazionalista; nuovi modelli di organizzazione e partecipazione. Le elezioni autonomiche del passato 25 settembre hanno ridato ottimismo al BNG: la formazione ha ottenuto oltre 100.000 voti e 5 seggi, contro le previsioni che volevano i nazionalisti addirittura fuori dal parlamento di Santiago.
En Marea, rispetto alle generali del dicembre del 2015, ha invece perso circa 140.000 voti. A differenza di Euskadi e Catalunya, la Galizia sembra essere scomparsa dal dibattito congressuale, completamente assorbita nel gruppo parlamentare di Podemos. Ciò può averle inimicato gli elettori più sensibili alla questione nazionale. La resistenza del PP agli assalti populisti contro la Moncloa ha già aperto una discussione entro la dirigenza di Podemos (Iglesias-Errejon) sulla necessità di darsi strutture e metodi più simili a quelli di un partito tradizionale, esaurita la fase movimentista.
La fermezza del BNG nel rifiutare alleanze elettorali con la Sinistra ispanista e i primi dubbi entro il campo populista, possono essere considerati una reazione alla ritrovata stabilità del regime del '78; superati gli scossoni della contingente crisi economica, il conflitto nazionale potrebbe riacquistare una posizione centrale nella definizione – in Galizia come in altre nazionalità interne – della lotta contro l'oligarchia.
Andria Pili
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