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Automazione e disoccupazione tecnologica. Introduzione /1

Inziamo con questa Introduzione la pubblicazione della serie di articoli raccolti dalla Campagna Noi Restiamo nel libretto "Automazione e disoccupazione tecnologica".

Difficile sottovalutare l'importanza delle analisi – diverse per impostazione teorico.ideologica, ma convergenti nel definire con precisione scientifica un tema decisivo per il futuro della popolazione globale all'interno (e sperabilmente oltre) il modo di produzione capitalistico.

Basterebbe solo questa batteria di conoscenze per spazzare via – sul piano analitico ma anche su quello politico – ogni "narrazione" della disoccupazione nei paesi avanzati come addebitabile ai flussi migratori. Di lavoro, con l'automazione dei processi produttivi – appena iniziata ma con effetti già distruttivi -, ce ne sarà sempre meno.

Ma non vogliano togliere neanche un minuto di attenzione al lavoro che viene qui proposto a puntate.

 

INTRODUZIONE

La campagna Noi Restiamo nasce per interrogarsi su un tema che praticamente chiunque nella nostra generazione si è trovato ad affrontare più o meno direttamente: quello dell'emigrazione giovanile. Di fronte alla situazione spesso desolante che ci si presenta una volta finita la scuola o l'università una risposta che ci sentiamo ripetere costantemente da genitori, insegnanti, giornali è: dovete andare all'estero. Come hanno mostrato vari studi, il numero di giovani che ha lasciato l'Italia per cercare un lavoro o semplicemente continuare a studiare (nella maggior parte dei casi verso il centro-nord Europa) è enorme e in costante crescita. Più che una "fuga di cervelli", come spesso viene chiamata, un vero e proprio "furto di cervelli", in cui un territorio viene drenato di lavoratori qualificati e non. Ovviamente non si ha niente in contrario sulla libera scelta di cambiare paese, ma quando questa "scelta" è sostanzialmente forzata da un tasso di disoccupazione giovanile al 40 per cento e da continui e pesanti tagli all'istruzione, la nostra risposta è invece di restare, e cercare di cambiare le cose qui. Per questa ragione abbiamo da subito ritenuto fondamentale collaborare con quelle forze sociali che sinceramente si oppongono allo stato di cose presenti. Allo stesso tempo, abbiamo cercato di organizzare una serie di iniziative di controinformazione e formazione nel tentativo di costruire un paradigma culturale alternativo a quello dominante1.

In quest'ottica riteniamo che sia fondamentale un ragionamento sulle grandissime evoluzioni tecnologiche che stiamo vivendo e sull'influenza che queste possono avere sulla società. Da un lato abbiamo infatti un processo di automazione della produzione che procede inesorabilmente da decenni a questa parte, e che ormai sta raggiungendo livelli impressionanti2.

Nei due secoli passati la sostituzione del lavoro dell'uomo con macchine non ha mai comportato un aumento stabile della disoccupazione, perché nuovi lavori si sono venuti a creare in un'economia in crescita (di lungo periodo) costante. Ultimamente numerose ricerche hanno messo in luce che con le nuove tecnologie questo processo di sostituzione di vecchi posti di lavoro con almeno altrettanti nuovi posti di lavoro potrebbe non essere più possibile. Da un lato si assiste a una progressiva automazione di lavori che hanno una certa componente di routine, e in cui è quindi possibile sostituire il lavoro umano con quello meccanico. Dall’altro il crescente utilizzo di tecnologie come i computer aumenta estende il grado di standardizzazione e routinizzazione di tutte le attività lavorative, rendendo più facile una sostituzione futura di lavoratori da parte di robot e macchine anche in professioni finora ritenute difficilmente automatizzabili, come ad esempio l’avvocatura o il giornalismo3.

Non si tratta di tifare contro o a favore del progresso tecnologico, quanto piuttosto di capire se non si sia innestato un processo quantitativamente differente rispetto al passato e quali possono esserne gli effetti.

Vediamo infatti emergere tecnologie sempre più sorprendenti. Con la stampante 3D si possono stampare gli oggetti più diversi: dalle posate alle pistole, dalle case agli organi umani. Se è certamente entusiasmante il fatto di poter produrre gli oggetti di cui abbiamo bisogno così facilmente, non possiamo non notare che nella produzione con la stampante 3D il lavoro "manuale" umano si riduce quasi al minimo, pur rimanendo ovviamente quello intellettuale. Allo stesso tempo abbiamo già visto quanto la diffusione di internet abbia trasformato vari aspetti della vita quotidiana e lavorativa e probabilmente ancora non sono state sfruttate tutte le sue potenzialità. L'uomo oggi ha accesso a una quantità di informazioni che mai ha avuto a disposizione, come altrettanto si sono moltiplicate esponenzialmente le possibilità di confronto e condivisione.

Ma in un sistema di produzione basato sul profitto questo significa che si è anche moltiplicato il bacino di persone con cui si è direttamente in competizione. Sempre più imprese lanciano "concorsi" a livello globale, in cui migliaia lavorano su un'idea e poi solo il vincitore viene pagato. Ci viene spontaneo interrogarci su che società sarebbe quella in cui stampanti 3D proprietà di grandi aziende producono la maggioranza dei prodotti industriali, i cui i progetti vengono "esternalizzati" a livello globale ad ingegneri che lo fanno per piacere o che comunque sono pagati poco (siccome si può sempre trovare qualcuno che lo fa a un po' meno). E se effettivamente ci saranno meno posti di lavoro, chi potrà comprare le merci prodotte? E ancora, se per la produzione di alcune merci servirà una quantità minima di lavoro umano, si può ancora parlare di profitto?

Insomma, se da una parte osservare il progresso tecnologico è certamente affascinante, dall'altra parte non possiamo evitare di vedere delle contraddizioni. Il dato fondamentale da tenere in considerazione è che non si può affrontare il progresso tecnologico da un punto di vista meramente tecnico, né lo si può elevare a religione, ma bisogna considerare anche le sue implicazioni politiche e sociali e le relazioni di potere che vi stanno dietro. Ad esempio che l’innovazione tecnologica, al di là delle retoriche sulle start-up, è oggi appannaggio di poche grandi imprese monopolistiche.

Questo non vuol dire considerare la tecnologia come l’unico fattore rilevante. Mentre molta della letteratura economica mainstream sembra attribuire l’enorme aumento delle diseguaglianze cui abbiamo assistito negli ultimi anni esclusivamente a dinamiche legate all’automazione dei processi produttivi, noi non dimentichiamo certo che altri fattori politici e istituzionali sono all’opera, a partire dalla contro rivoluzione neoliberista iniziata alla fine degli anni ’70. Ma come ricorda David Harvey, uno dei teorici più puntuali che si sia occupato del neoliberismo, la deindustrializzazione tramite l’automazione e la robotizzazione è stata una delle armi della rivincita del capitale sul lavoro4.

Il materiale che presentiamo in questo libretto proviene da fonti differenti. Si tratta in primis delle sbobinature degli interventi di alcuni degli ospiti di due iniziative organizzate dalla campagna noi restiamo al Politecnico di Torino. Più precisamente, si tratta degli interventi di Roberto Centazzo (esperto di innovazione nelle piccole e medie imprese), Juan Carlos de Martin (professore presso il Dipartimento di Automatica del Politecnico di Torino) e Carlo Formenti (saggista e gia’ professore presso l’Universita’ del Salento). A questi si aggiungono una relazione di Francesco Piccioni (contropiano.org), un articolo di Giorgio Gattei (professore di economia politica presso l’Universita’ di Bologna) e un testo di Laura Ferri.

L’intervento di Centazzo affronta il tema della stampa 3D, come ricordato una delle tecnologie più interessanti e potenzialmente in grado di cambiare le regole del gioco della produzione. Lo fa all’interno di una cornice più ampia, che tiene conto di quanto avvenuto nell’ultimo trentennio con la controrivoluzione neoliberista. De Martin prima tratteggia i motivi del ritardo italiano per quanto riguarda il cambiamento digitale, per poi analizzare il tema dell’impatto della rivoluzione tecnologica sul numero di posti di lavoro. Anche l’intervento di Francesco Piccioni si concentra sulla questione dell’automazione e dei posti di lavoro, analizzando le contraddizioni che essa apre all’interno del sistema di produzione capitalistico.

L’articolo di Gattei parte dal tema della disoccupazione tecnologica per arrivare al tema del reddito di cittadinanza. Lo abbiamo inserito perché da tempo abbiamo avviato una riflessione sul tema del reddito, che è sfociata nella pubblicazione di un libretto sulla questione5.

Formenti entra nel vivo sulla questione della sharing e della gig economy, l’economia della condivisione e quella dei lavoretti. È una tematica che sta iniziando ad avere risalto di recente anche in Italia grazie allo sciopero dei lavoratori di Foodora, start up tedesca che si occupa di consegna cibo.

Fra le aziende di questo settore una delle più note è Uber, che da tempo si è lanciata nella sperimentazione di “self driving cars”, auto che si guidino da sole, per liberarsi dell’annoso problema di dover pagare lavoratori. A queste come altre innovazioni nel campo dei veicoli automatici è dedicato l’ultimo intervento di Laura Ferri, che chiude la nostra rassegna.

Sono materiali non del tutto omogenei, che intendiamo però come spunti per un dibattito serio fra tutte le forze sociali, politiche e sindacali interessate al cambiamento di questa società.

 

INDICE

Introduzione

Dalla rivoluzione di Thatcher e Regan alla stampa 3D

(di R. Centazzo)

Il divario digitale italiano, l’innovazione tecnologica e il suo impatto sul lavoro

(di J.C. De Martin)

Il ruolo del progresso tecnologico in un sistema di produzione capitalistico

(di F. Piccioni)

Quali prospettive per i nostri (pro)nipoti?

(di G. Gattei)

Sharing e gig economy: dinamiche tayloristiche e sfruttamento

(di C. Formenti)

Self driving car e non solo: i veicoli automatici e il futuro dei trasporti

(di L. Ferri)

1  Per una trattazione più completa dei temi della nostra campagna si veda la relazione presentata al convegno sulla formazione del 30/04/2016 organizzato dalla Rete dei Comunisti.

https://www.youtube.com/watch?v=EYbTNg40FVU

2  Si veda ad esempio http://ebusiness.mit.edu/research/Briefs/Brynjolfsson_McAfee_Race_Against_the_Machine.pdf

3 Per una rassegna giornalistica di lavori a rischio di automatizzazione si veda il libro “Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro” di R. Staglianò. Si veda anche la recensione pubblicata su contropiano.org: https://contropiano.org/news/scienza-news/2016/05/22/leggendo-al-posto-r-stagliano-079426.

5  “Reddito garantito. Il lavoro è discontinuo, la vita no”

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