Si è tenuta lo scorso 11 aprile l’udienza in Cassazione sul maxiprocesso notav, dopo la condanna in appello di 38 compagni e compagne per la resistenza allo sgombero della ‘Libera Repubblica della Maddalena’ del 27 giugno 2011, e l’assedio al cantiere di Chiomonte del 3 luglio successivo.
La sentenza è prevista per il 27 aprile.
La Cassazione si pronuncerà quel giorno su un processo surreale, che ha escluso dal dibattimento le testimonianze sulle violenze poliziesche, sui manifestanti feriti, sulle migliaia di lacrimogeni, sull’uso dei gas CS.
Un processo dove si è assistito al completo ribaltamento della realtà, al sabotaggio del diritto alla difesa, alla negazione del valore morale e sociale della lotta.
Per riaffermare questo valore, riannodiamo per un attimo i fili della storia.
La Libera Repubblica
Alla fine di maggio 2011, dopo l’annuncio dell’apertura del cantiere dell’alta velocità in Val Clarea, il Movimento No Tav organizzava un presidio alla Maddalena di Chiomonte per contrastare l’inizio dei lavori.
Nasceva così la Libera Repubblica della Maddalena.
Non era un semplice presidio. Migliaia di persone – valligiani e solidali di ogni età, compagni di ogni credo, intellettuali, artisti – sperimentarono quello che Gian Carlo Caselli – ai tempi Procuratore Capo della Repubblica di Torino – ebbe a definire come “un fatto eversivo”.
“Va ancora ricordata la cosiddetta ‘Libera repubblica della Maddalena’. Poco se ne è parlato, mentre la vicenda avrebbe meritato ben altra attenzione. Si è trattato di una “enclave” creata nei pressi del cantiere, con tanto di posti di blocco valicabili soltanto da coloro (forze dell’ordine comprese) che ottenevano il permesso dei sedicenti “repubblicani”. Dunque, un pezzo del territorio dello Stato italiano sottratto per qualche mese alla sovranità dello Stato medesimo. Un fatto che può serenamente definirsi “eversivo”.1
Non posso che convenire sulla definizione.
La Libera Repubblica – durata in verità 23 giorni e non “qualche mese” – era veramente un “fatto eversivo”, incomprensibile, inconcepibile, insopportabile per i guardiani dell’ordine costituito.
Un pezzo di territorio veniva temporaneamente sottratto dal suo popolo (colui che, per Costituzione, dovrebbe detenere la sovranità) ad uno Stato che ambiva a violentarlo per fini speculativi, ed in quel pezzo di territorio si cominciavano a praticare forme di scambio non mediate dalla merce, forme di democrazia diretta al di fuori dei meccanismi fasulli della rappresentanza elettorale.
“Aver creato un posto dove il denaro non esisteva più, dove eravamo tutti uguali, dove di faceva della cultura alta, dove si riusciva a discutere e a portare la cultura alta con dei termini bassi e facili che tutti potessero capire. Io ricordo le lezioni dei professori universitari, che tenevano lezioni ufficiali.
Mi ricordo una sera che è arrivata Margherita, che è una musicista che suona da dio la viola, e questa sul piazzale della Maddalena si è messa a suonare Bach.
Sembrava di essere in un altro mondo.
Un po’ più in là c’erano i ragazzi che stavano distillando la grappa. E questo mischiarsi, questo contaminarsi, questo unirsi, senza problemi, è stato un’esperienza incredibile. Avevamo gente che faceva da mangiare dal mattino alla sera, c’era la cucina aperta a tutte le ore. Si arrivava, si gioiva insieme, si cantava.
Era un’esperienza sconvolgente.
Non poteva durare. Doveva essere distrutta”.2
L’assalto
Il 27 giugno 2011 la Libera Repubblica veniva definita illegale da un’ordinanza prefettizia (nonostante il presidio fosse stato regolarmente autorizzato dal Comune di Chiomonte), notificata ai presenti da più di 2000 agenti antisommossa seguiti da blindati, idranti, elicotteri e mezzi meccanici da demolizione.
L’attacco al presidio, popolato da centinaia di persone, veniva portato da più lati e preceduto da fitti lanci di lacrimogeni a base di gas CS, per impedire che i No TAV contrastassero lo sgombero facendo resistenza passiva.
“Quella mattina abbiamo visto arrivare una imponente colonna con caschi neri e blu preceduta da un cingolato. Sembrava la scena di un film sull’ultima guerra mondiale.
Alcuni testimoni hanno riferito che molti manifestanti gridavano “mafia mafia” all’indirizzo della colonna, ed il fatto è vero; la colonna di FFOO era preceduta da un bulldozer della Italcoge, azienda molto chiacchierata in valle (chiacchiere poi dimostratesi fondate, da quello che si è saputo con le inchieste Minotauro e S. Michele).
Quel bulldozer abbatterà poi il cancello dopo abbondanti lanci di lacrimogeni CS al nostro indirizzo…
In assemblea, la sera precedente si era deciso che, in caso di tentativo di sgombero avremmo attuato una resistenza passiva con i nostri corpi per rallentare l’avanzata delle FFOO per poi convergere tutti sul piazzale della Maddalena, lì ci saremmo seduti e fatti trascinare via a braccia. Cosa che non è stata possibile a causa del lancio di CS sul piazzale, prima che potessimo arrivarci”.3
Per la cronaca, i gas CS sono considerati arma chimica in tempo di guerra, ma usati tranquillamente sui manifestanti in tempo di ‘pace’. Oltre alla forte lacrimazione, soffocamento, nausea, vomito, irritazione e ustioni cutanee, i CS possono provocare effetti a lungo termine sui polmoni e vie respiratorie, cuore e fegato, causare danni oculari permanenti o aborti spontanei. L’esposizione ai CS può generare alterazioni del corredo cromosomico.4
Il 27 giugno sul presidio e sulla gente in fuga nei boschi ne vennero sparati 270, anche ad altezza d’uomo.
Questo è il racconto di una giovane donna, rivolto a uno schieramento di celerini dalle espressioni ostentatamente indifferenti:
“Io facevo parte di quelli che dovevano provvedere al soccorso delle persone. C’erano anziani che al mattino dicevano “Siamo qui anche noi. Siamo anziani. Io non posso credere che verranno ad attaccarci. Non vengono. Noi siamo persone pacifiche. Guarda, io ho ottant’anni. Io ho fatto la resistenza. Io sono qui, difendo la mia terra. State tranquilli, ragazzi, non vi attaccheranno. Siamo troppo pacifici”.
Ci siamo trovati nel prato, là sopra, che … cioè è una situazione … che voi avevate le maschere, magari non sentivate quello che abbiamo sentito noi. Io ero bocconi per terra, non riuscivo a respirare, mi sembrava di morire. Non avevo mai provato sta situazione, non sono abituata a fare le guerre di strada.
A soccorrere gli anziani, asmatici magari, non ce la facevo, stavo morendo.
Ho trovato quelli che voi chiamate insurrezionalisti, gli anarchici dell’area antagonista, i “violenti”, sono stati gli unici che ci hanno dato una mano, perché erano forse più preparati di noi a questa cosa. Ci hanno dato delle cose da mettere sul viso che ci hanno fatto stare meglio. Noi eravamo tutti completamente impreparati.
Ci stavate ammazzando, eravamo sul bosco, e stavamo scappando perché oramai avevate preso il cantiere, cosa volevate di più? Ancora lacrimogeni nel bosco, con la gente che si saltava addosso per scappare”.5
Mentre il cancello del presidio vicino alla centrale elettrica veniva divelto dal Caterpillar, sul lato dell’autostrada le pinze demolitrici distruggevano il guardrail e le barriere per aprirsi un varco, sfiorando i corpi di chi cercava di frapporsi, arrampicato sulle reti.
Il giorno dopo lo sgombero gli attivisti di Pro-natura Piemonte, che erano tornati sul luogo per recuperare i materiali del presidio, trovarono le tende del campeggio tagliate a brandelli, sporcate di feci e di piscio.
Gli effetti personali sparsi a terra, distrutti o derubati.
“Una giornalista televisiva ci ha confermato di aver visitato il campeggio dopo l’occupazione dell’area da parte delle forze dell’ordine e di averlo visto intatto, con le tende chiuse: la devastazione e il saccheggio sono dunque avvenuti nelle 20 ore seguenti”6
Lo scempio non era stato dunque attuato nella concitazione delle cariche, ma nella calma dell’occupazione militare, per puro sfregio.
Oltre all’area di cantiere, anche quella del Museo archeologico – tombe neolitiche comprese – era stata circondata da una pesante recinzione di ferro e cemento, ed il Museo trasformato in campo base delle FFOO, al di fuori di ogni previsione dell’ordinanza prefettizia e del progetto del tunnel geognostico.
Parafrasando Caselli, la “porzione di territorio” era stata finalmente sottratta al dominio degli eversori …
… e restituita alla sovranità dello Stato.
Gli effetti della riscossa dello Stato si estendevano anche oltre la Valsusa: a Venaria Anna Reccia, una pensionata 65enne veniva investita e uccisa da un blindato dei CC diretto al cantiere TAV. A Nichelino i Punkreas, di ritorno da un concerto, venivano gasati con spray urticante nella propria camera d’albergo da un gruppo di CC impiegati nelle operazioni a Chiomonte, che erano ospitati nella stessa struttura.
Intanto il movimento reagiva con la chiamata nazionale in difesa della Valle.
3 luglio: assedio al cantiere
Il 3 luglio decine di migliaia di persone accorsero da tutta Italia, accolti dagli abitanti con generi di conforto, calore e riconoscenza.
“Per tutta la giornata abbiamo attraversato strade, paesi, sentieri aggrappati ai fianchi delle montagne, sempre accompagnati dalla presenza di Valsusini sorridenti, determinati e incazzati, che ci spronavano a continuare, che ci indicavano la via verso i sentieri, o la fontanella più vicina.
Che ci ringraziavano, anche quando stavamo solo arrivando verso il paese da cui si scendeva alla Maddalena, dove la battaglia era già iniziata…
Mentre ci prepariamo a scendere, una signora del paese rifornisce di maalox chi non ne ha, prepara limoni da portare giù, dà da mangiare a chiunque ne chieda e poi augura buona fortuna, e ringrazia”.7.
I cortei partirono da Giaglione, da Chiomonte, da Exilles per accerchiare il cantiere da tutti i lati. Vennero attaccati.
“Vedo feriti che vengono portati via a braccia. Un ragazzo con il volto coperto di sangue, che continuava a zampillare da sotto il naso. E’ stato colpito da un lacrimogeno, sparato direttamente al volto. Un altro poco dopo, con un dente e il labbro spaccato da una pietra lanciata da un poliziotto, ed un altro ancora con uno squarcio su una guancia“.8
A Ramat caricarono in paese:
“Picchiano forte, iniziamo a correre tra le stradine di Ramats verso i boschi, dietro i consigli dei valligiani sempre così complici. “Prendete quel sentiero lassù, è lungo ma non vi beccano”. Io rimango giù, nelle strade di Ramats, non ho ancora raggiunto gli altri sul sentiero. La rabbia mi lascia davanti a loro che intanto aumentano. Arriva un altro plotone e penso ai miei compagni giù. Una signora sui cinquant’anni li riprende con il cellulare. Una manganellata in faccia e la buttano a terra: il marito, io ed un altro compagno ci mettiamo davanti, ci pigliamo qualche manganellata e corriamo via portando con noi la donna in lacrime per la rabbia“.9
Quel giorno piovvero sui cortei 4.357 lacrimogeni a base di gas CS: 2157 della polizia, 2000 dei CC e 200 della guardia di finanza.10
Numerosi video inquadrano gli agenti antisommossa mentre sparano i lacrimogeni ad altezza d’uomo, o tirano sassi sui manifestanti dall’alto dei ponti dell’autostrada.
Ne mostriamo uno per tutti:11
https://youtu.be/kY7SQeUOviY
Il 3 luglio vennero fermate 5 persone. Sotto la custodia degli agenti tre di loro subirono gravi lesioni.
Due manifestanti vennero trascinati per terra per quasi un centinaio di metri, ricevendo numerosi colpi. Il video Operazione Hunter mostra il pestaggio collettivo di uno di loro, con calci, manganelli e anche un bastone.
Grazie alle riprese uno degli agenti coinvolti, appartenente al reparto dei CC dei “cacciatori di Sardegna”, verrà riconosciuto in base a un tatuaggio, ma il procedimento a suo carico sarà archiviato.
Un altro compagno catturato ha subito la frattura di un braccio, del setto nasale, trauma cranico, ferite al capo, oltre che umiliazioni, insulti, minacce, omissione di soccorso e altre vessazioni.
Anche nel suo caso, il procedimento contro i responsabili delle torture è stato archiviato.
Nessuna archiviazione, invece, per i manifestanti accusati di aver reagito a tutto questo, sottoposti a un processo che rappresenta una dimostrazione da manuale di come possa essere esercitato il ‘diritto penale del nemico’.
Ma del maxiprocesso avremo modo di riparlarne …
(*) Tratto da Carmilla on line.
Note
1 G. C. Caselli, No tav. Da Roma a Susa isolare i violenti, Il Fatto Quotidiano, 23/10/2013
2 Alberto Perino, intervista a Radio Siani, 11 maggio 2017.
3 Dichiarazione spontanea al maxiprocesso di Guido Fissore, 3 ottobre 2014.
4 Massimo Zucchetti, Danni all’uomo e all’ambiente del gas lacrimogeno CS, 15 luglio 2014, pp. 15.
5 Video: Accade alla Maddalena di Chiomonte.
6 Mario Cavargna, Presidente di Pro Natura Piemonte, Cosa succede alla Maddalena di Chiomonte, 28 luglio 2011.
7 Bartebly-Bologna, E ad un tratto mi è parso che il bosco comiciasse a camminare…; Zero in condotta, 6 luglio 2011.
8 Idem.
9 Idem.
10 Manifestazione nazionale no tav del 3.7.2011. Impiego di artifici lacrimogeni e mezzi speciali.
11 Vedi anche: La giornata di protesta sul fronte Giaglione [1/2], La giornata di protesta sul fronte Giaglione [2/2], Archiviato. L’obbligatorietà dell’azione penale in Valsusa.
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