Soltanto 4 mesi fa, precisamente il 25 gennaio, Eurostop ha tenuto a Napoli un interessante e partecipato convegno dal titolo “Il complesso militare industriale europeo. Crisi della Nato ed ambizioni geopolitiche dell’Unione Europea”.
Durante quella giornata mettemmo al centro della discussione una questione sistematicamente elusa o sottovalutata anche nell’ambito della c.d sinistra radicale: il ruolo e la vera natura dell’Unione Europea, contestando quella narrazione che la rappresenta come luogo di promozione della pace e della pacifica convivenza tra popoli.
In particolare, partendo dall’analisi di una serie di iniziative intraprese in ambito europeo (Pesco, Fondo europeo per la difesa, Iniziativa Europea di intervento) e che hanno registrato un’ importante accelerazione negli ultimi anni, evidenziammo una tendenza e una traiettoria, certo contraddittoria e non lineare, volta a trasformare l’UE in una alleanza a carattere militare.
D’altronde, sostenemmo in quella giornata, in un quadro di permanente tendenza alla guerra, una potenza come l’UE che non disponga di un proprio autonomo strumento militare rischia di non essere credibile sullo scacchiere internazionale ed ha quindi necessità di attrezzarsi rapidamente al fine di giocare un ruolo nella competizione con gli USA e gli altri paesi emergenti.
Ebbene, questa tesi frutto di una attenta osservazione rispetto alle spinte impresse negli ultimi anni e dirette a dare slancio alla cooperazione dell’Unione europea in materia di difesa, resta di estrema attualità. Nè tale processo sembra aver subito una battuta d’arresto a causa dell’emergenza rappresentata dal Covid 19.
Infatti, solo qualche giorno fa è stata firmata dai Ministri della Difesa di Francia,Germania, Italia e Spagna una lettera per l’Europa della difesa nella quale i promotori dell’iniziativa evidenziano l’esigenza di rinforzare le capacità di difesa dell’Unione anche mediante gli strumenti di cooperazione rafforzata permanente (Pesco) al fine di favorire progetti di investimento tra i partner europei e rendere più competitive le industrie della Difesa, ritenute importante leva economica nazionale per il rilancio dei Paesi anche nel post-pandemia.
In particolare, ne dà conto un articolo pubblicato sul sito Affari Internazionali dall’emblematico titolo “Se l’Europa della difesa esce dalla quarantena”, che vi invitiamo a leggere in quanto conferma, da un punto di vista diametralmente opposto rispetto al nostro, la prosecuzione del percorso intrapreso a livello europeo.
P.S.: l’ultima parte dell’articolo relativo alla cooperazione tra l’Europa della difesa e l’Alleanza atlantica va colta nella giusta dimensione e sembra configurarsi, come emerge anche dall’articolo, più che altro come una necessaria ed inevitabile rassicurazione rivolta verso i paesi dell’Europa orientale e settentrionale.
Buona lettura.
*Piattaforma Eurostop
*****
Se l’Europa della difesa esce dalla quarantena
La lettera per l’Europa della difesa appena firmata dai ministri di Francia, Germania, Italia e Spagna rappresenta un gesto politico importante nell’attuale periodo difficile per l’Ue e la sicurezza europea.
Si tratta di una posizione congiunta che guarda oltre l’emergenza Covid-19, traendone alcune lezioni in termini di maggiore solidarietà e resilienza ma uscendo dall’ottica emergenziale di breve periodo. In altre parole, si torna a occuparsi politicamente, almeno nelle intenzioni, del contesto internazionale teso e instabile, peggiorato dalla pandemia, nel quale l’Ue deve difendere la sicurezza degli europei, tutelarne i valori e promuoverne gli interessi.
Il fatto che sia firmata dai rappresentanti dei quattro principali stati membri dell’Unione in termini di popolazione, Pil e capacità militari – nonché Paesi di appartenenza degli attuali vertici Ue – aggiunge peso politico al documento.
La scommessa sulla Pesco e lo sguardo oltre Manica
La lettera mette a sistema un puzzle articolato di iniziative già avviate e lo rilancia affermando un elevato livello di ambizione. La Permanent Structured Cooperation (Pesco) è definito “il” framework chiave per la cooperazione europea nella difesa, i cui progetti devono portare risultati nei prossimi quattro anni pena la loro chiusura, e devono beneficiare del sostegno economico del European Defence Fund (Edf) quando ne rispettino i criteri.
I quattro ministri spingono anche per l’adozione della proposta della presidenza di turno finlandese sulla partecipazione degli stati terzi alla Pesco, giudicata un compromesso equilibrato. Definire le regole del gioco per i Paesi non Ue è particolarmente importante oggi per tenere agganciato in qualche modo il Regno Unito all’Europa della difesa nella nuova situazione post-Brexit.
Sovranità industriale, tecnologica e digitale
Quanto a politica industriale della difesa, si afferma l’obiettivo come Europa di una “sovranità industriale, tecnologica e digitale”, che passa per il controllo da parte dei Paesi europei di determinate tecnologie e capacità produttive, per la riduzione della dipendenza da fornitori extra-UE, un filtro agli investimenti stranieri, il sostegno alla ricerca tecnologica più dirompente.
In altre parole, occorre connettere meglio le politiche economiche con gli interessi di sicurezza. In questo quadro, l’Edf è fondamentale per il sostegno alla ricerca tecnologica nella difesa, e deve quindi avere un bilancio “ambizioso” ed una attuazione rapida.
Più autonomia per le missioni Ue
Pesco ed Edf dovrebbero essere i due lati di una stessa medaglia: la costruzione di maggiori e migliori capacità militari europee. Capacità che per essere utilizzate adeguatamente e autonomamente necessitano un rafforzamento della struttura di comando e controllo Ue, comprese maggiori responsabilità dell’Eu military staff su tutto il “continuum operazioni-dottrina-sviluppo capacitivo”.
L’obiettivo è far condurre alle strutture Ue tutte le missioni militari all’estero dell’Unione, attraverso la military planning and conduct capability. Di fatto c’è il mandato politico per la piena realizzazione del quartier generale Ue, da tempo voluto dalla Francia come tassello dell’autonomia strategica dell’Unione e reso possibile dalla Brexit. Si tratta di un elemento non da poco per Paesi come l’Italia che vedono nelle missioni all’estero uno strumento importante nel quadro di un approccio complessivo alla stabilizzazione della regione del Mediterraneo.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa