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Le domande inevase della sinistra e la rappresentanza politica

Che si fa dopo il 4 dicembre? Ross@ Roma ha promosso venerdi scorso un dibattito pubblico a Roma ponendo al centro il nodo irrisolto della rappresentanza politica a partire dalla situazione romana ma dentro il contesto determinato dalla prossima scadenza referendaria e dalle sue conseguenze. La discussione è stata introdotta da Mauro Luongo (Ross@). Sono intervenuti Claudio Ursella (Prc), il Collettivo Militant, Walter Tucci (Pci), Gualtiero Alunni (Rete dei Comunisti) e Sergio Cararo (Eurostop).
La Brexit prima, il recente voto delle periferie a Roma, Napoli Torino poi ed infine il possibile risultato del No nel referendum del 4 dicembre, indicano una nuova situazione in cui i settori popolari, quando ne hanno la possibilità, manifestano sul piano dell’espressione elettorale una rottura che non è direttamente proporzionale al conflitto sociale. La gente vota "per vendetta" ma non vede nel conflitto lo strumento e la forza per cambiare la propria condizione. Siamo dunque di fronte ad una forma di politicizzazione spuria (spesso liquidata come populismo) che pone la questione della rappresentanza politica su un terreno diverso da quello sul quale siamo stati abituati ad agire. I settori popolari non riconoscono più nelle opzioni della sinistra storica “la forza” per modificare lo stato delle cose presenti (Ursella). A Roma, alla luce di quello che la nuova giunta del M5S sta facendo vedere e non vedere, sta diventando inevitabile andare allo scontro tra movimenti sociali e Comune pentastellato sulle questioni concrete che fanno la differenza nelle priorità sociali della città: dal ricatto del debito alle privatizzazioni dei servizi, dall’emergenza abitativa a quella democratica (Luongo).

Ma senza una visione generale – dunque politica – le vertenze sociali e territoriali non hanno più possibilità di pesare quanto necessario. Come ricostruire allora una rappresentanza politica di interessi sociali identificati, definiti e organizzati? Sicuramente, dopo il 4 dicembre esiste il rischio che la vittoria del No rimetta in ballo un nuovo ritorno a tentazioni passate (tutti insieme con il Pd antirenziano o quello che ne verrà fuori), una coazione a ripetere che rimetterebbe insieme tutte le ambiguità e le debolezze della sinistra. Al contrario non si può che rimettere al centro gli interessi popolari e lavorare per la loro organizzazione (Alunni). Serve quindi un progetto politico alternativo che metta al centro la rottura dell’esistente a partire dall’individuazione del nemico – identificato e identificabile nella gabbia dell’Unione Europea – e sul piano locale l’identificazione degli interessi privati come antagonisti agli interessi popolari e ad una nuova visione della e sulla città (Cararo). Un progetto che metta insieme le forze come è stato fatto con il No sociale o la Piattaforma Eurostop (Tucci) ma che rimetta anche al centro la questione del cambiamento, magari proprio a partire dal 2017 che segna i cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre e che dovrebbe porre tutti di fronte ad una domanda semplice ma ormai non più posta da troppo tempo: che idea di cambiamento avete in testa? (Militant). Insomma una discussione molto “fuori dai denti” su un nodo irrisolto ma non più rinviabile come quello della rappresentanza politica che, alla vigilia del referendum, ha messo un po’ tutti di fronte al cosa e come fare dopo il 4 dicembre.

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