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Cca’ o petrolio nun ce sta! – parte 3

 Il terzo settore

Il terzo settore in Italia si può sintetizzare nella esternalizzazione e privatizzazione di tutti i servizi che prima venivano erogati dagli enti pubblici.

Un binomio tra mondo cattolico e vecchia “sinistra” che ha, inizialmente, rovesciato il concetto di sussidiarietà e mutualismo in favore di servizi al cittadino che si ritrova a dover rivolgersi a queste cooperative per dei servizi che prima erogavano gli enti pubblici.

E man mano che si va avanti il terzo settore espande la sua influenza anche su altri settori pubblici, come la sanità, la gestione degli spazi, etc.

Che oggi il terzo settore sia la transizione tra quel poco che di pubblico è rimasto in Italia, e il privato, non è più un mistero, basta leggere il piano resilienza del governo Draghi per scoprire che il terzo settore è fondamentale per poter smantellare quei pochi servizi pubblici rimasti.

Eppure, per un settore che produce il 4,3% del PIL ben il 90% dell’impiego è volontario o percepisce solo “rimborsi”, secondo una ricerca IPSOS condotta da UNICREDIT.

Per il restante i lavoratori del terzo settore sono precari pagati spesso a 60 e più giorni e nella maggior parte delle cooperative, per avere un impiego duraturo, bisogna anche procacciarsi il lavoro o il “progetto”.

Sfidiamo chiunque a trovare un’omogeneità tra le varie proposte di lavoro e i salari percepiti, i quali spesso vengono pagati a presenze o in ritenute d’acconto, uscendo fuori dall’ottica del lavoratore “tutelato”.

Ovviamente esistono anche cooperative molto grosse e che hanno messo le mani già in qualsiasi settore opzionabile, calcio compreso, che hanno una serie di lavoratori messi in regola come un’azienda qualsiasi, per il grande cumulo di lavoro da gestire “espropriato” al pubblico.

È il caso della Gesco a Napoli, divenuta una vera e propria industria del terzo settore, in cui il suo presidente è sceso direttamente in campo per candidarsi come sindaco (Sergio D’angelo), dove oramai si contano più di 40 imprese sociali facente capo a lei, inclusa una vera e propria AGENZIA INTERINALE per il lavoro.

Ma come? Il terzo settore non dovrebbe promuovere inclusione e stabilizzazione?

Ancor più grave quando nel calderone della Gesco ci finiscono anche pezzi di movimento che per anni si sono battuti contro il lavoro interinale e che oggi costituiscono l’ossatura insieme a chiesa, preti, parroci e chi più ne ha più ne metta, mettendo fine a un’epoca di movimento che ha solo riprodotto il riciclo dell’epoca dei Gennaro Migliore e dei Vendola.

Qualche anno fa a Napoli uscì anche una denuncia di una ragazza, Michela, che lamentava le condizioni di lavoro e salario che si percepivano nella Gesco, la ragazza fu prontamente riconosciuta e allontanata dall’impresa sociale in cui lavorava.

Roberta invece ci racconta che, in epoca pre-covid, rispose a un annuncio lavorativo di una cooperativa del terzo settore (Le Nuvole) operante a Città della Scienza.

Questa cooperativa proponeva un lavoro saltuario di guida archeologica a Paestum, rivolto alle scuole, e pagato in base al numero delle classi che riuscivano a coinvolgere. In soldoni la retribuzione giornaliera era di 15 o massimo 30 €, le spese di viaggio te le pagavi tu e il pagamento era a 60 giorni.

Ora non tutte le cooperative sono come quel ricettacolo di voti e favori che si trova a Città della scienza, ma possiamo sicuramente affermare che quasi tutto il terzo settore è uno scambio clientelare tra politica e grosse cooperative.

Conosciamo personalmente persone che lavorano da più di 15 anni nel terzo settore e comunque si avvalgono dell’aiuto del reddito di cittadinanza per poter vivere, poiché il lavoro è saltuario, precario e malpagato, in nome di una mission sociale e solidale che ingrossa solo le tasche delle cooperative che spesso sono le migliori alleate della malapolitica e delle disuguaglianze sociali nei territori.

Bisogna rompere il muro di silenzio attorno a queste cooperative che spesso gravitano attorno alla sinistra e ad ambienti che vengono considerati vicini alle istanze portate avanti in questi anni dai vari movimenti di lotta.

Denunciare le condizioni lavorative da un lato, e dall’altro denunciare l’ascesa di privatizzazioni che il terzo settore sta portando nel nostro paese sostituendo in tutto e per tutto il tessuto di enti pubblici che eravamo abituati a vedere nei nostri quartieri. Dall’assistenza, alla sanità e ora fino al collocamento!

 * Puoi leggere l’intero documento dal link: https://issuu.com/nr1917/docs/cca_o_petrolio?fbclid=IwAR027z35Miy-WGqmjYPfBZLMEnQRFkKrNnYy8Gi14Pu9UsDUXwm_jWfn9mo

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