L’arrivo 65 anni fa della spedizione dello yacht Granma con 82 uomini a bordo sulla costa sud-orientale di Cuba, segnò l’inizio di una nuova tappa nella lotta contro la dittatura di Fulgencio Batista e il trionfo della Rivoluzione cubana.
In Messico, dove si trovava in esilio dopo essere stato scarcerato per l’attacco al Cuartel Moncada del 26 luglio 1953, Fidel conosce Ernesto Guevara de la Cerna, un medico argentino che si integrerà alla brigata. Intanto a Cuba il Movimento 26 de Julio continua ad organizzarsi in piccole cellule che non si conoscevano tra loro.
Questa strategia permetteva, nel caso una cellula fosse stata scoperta, di preservare le altre e l’integrità del Movimento
Durante l’esilio messicano i preparativi per la spedizione a Cuba continuarono. Al nascente movimento si integrarono altre persone che porteranno il numero totale a circa 200 combattenti.
Varie furono anche le donne che decisero di entrare nel movimento, ne seguirono i duri addestramenti e ne divennero membri a tutti gli effetti senza discriminazioni di genere. Non parteciparono alla spedizione finale, come una buona parte degli uomini, perché l’imbarcazione scelta era troppo piccola per ospitarli tutti.
La notte del 25 novembre 1956 dal porto di Tuxpan in Messico salpa una piccola imbarcazione, il Yate Granma, con a bordo 82 uomini la cui missione era quella appunto di rovesciare la dittatura di Fulgencio Batista.
Tra i partecipanti alla missione: Fidel Castro Ruz, il capo della brigata, il fratello Raul, Ernesto Che Guevara, Camilo Cienfuegos Gorrian, Juan Almeida Bosque, l’italiano Gino Donè.
I problemi iniziano subito dopo poche ore dalla partenza: l’equipaggio inizia a soffrire di mal di mare e i farmaci non si trovano. L’arrivo a Santiago era previsto per il 30 di nov 1956 e Frank Pais aveva organizzato in concomitanza con lo sbarco una sollevazione popolare, ma il Granma era ancora in alto mare. Le coste cubane appariranno solo il giorno seguente. L’imbarcazione procedeva lentamente ed i viveri e l’acqua iniziavano a scarseggiare.
La mattina del 2 dicembre 1956 il Granma viene intercettato da una motovedetta che segnala la sua posizione alla Guardia Costiera. Lo sbarco avviene poco dopo in un posto chiamato Playa Las Coloradas. La barca si incaglia nel basso fondale e velocemente inizia lo sbarco delle armi e dei pochi viveri rimasti, ma subito arriva la aviazione batistiana che mitraglia all’impazzata la zona; fortunatamente però il gruppo capeggiato da Fidel Castro non viene avvistato.
Gli 82 guerriglieri continuano a camminare nel fango della palude in condizioni precarie senza acqua e cibo. La mattina del 5 dicembre 1956 il gruppo è accampato in un luogo chiamato Alegrìa de Pio ma viene colto di sorpresa dall’esercito di Batista che lo tempesta di pallottole da tutti i lati.
La notizia dello sbarco dell’esercito rivoluzionario era arrivata fino ai vertici dello Stato. Il Che è ferito da una pallottola e si rifugia assieme ad altri compagni in un canneto. Si sente una voce gridare “Arrendetevi”, Juan Almeida risponde con la celebre affermazione “aqui no si rinde nadie, carajo! (Qui non si arrende nessuno, accidenti!)”.
La battaglia di Alegrìa de Pio aveva sparpagliato i guerriglieri in tanti piccoli gruppetti di uomini affamati e disorganizzati. Il gruppo di Almeida e del Che continua la sua marcia di notte per non essere visti dalle guardie batistiane in direzione della Sierra Maestra, con la speranza di ricongiungersi ai superstiti.
Nel solo giorno 8 dicembre 1956 vengono uccisi 17 guerriglieri e al 15 dicembre 1956 l’esercito era ridotto del 50 per cento. Lo stesso giorno viene catturato e successivamente ucciso il secondo capo della spedizione Juan Manuel Marquez.
Che Guevara scrisse dello sbarco: “Siamo rimasti sulla terraferma, alla deriva, inciampando, costituendo un esercito di ombre, di fantasmi, che camminavano come se stassero seguendo un impulso di qualche meccanismo psichico”.
Il 18 dicembre 1956 Fidel Castro si incontra e si riunisce con il fratello Raul presso la fattoria di Mongo Perez e pronuncia la celebre frase “Ahora si que ganamos la guerra! (Ora si che vinciamo la guerra)”.
Il 21 dicembre 1956 il gruppo di Almeida ed il Che si incontra con Fidel e Raul, adesso sono in 15 con 7 armi: Fidel e Raul Castro, Ernesto Che Guevara, Juan Almeida, Camilo Cienfuegos, Ramiro Valdes, Faustino Perez, Universo Sanchez, Ciro Redondo, Efigenio Ameijeiras, Rene Rodriguez, Rafael Chao, Pancho Gonzales,Reinaldo Benitez e Armando Rodriguez.
Sono rimasti in pochi ma è proprio adesso che bisogna essere determinati ed occorre riorganizzare il Movimiento 26 de Julio, e per questo Faustino Perez viene mandato a Manzanillo per riorganizzarlo a livello nazionale.
Il 24 dicembre 1956 a Santiago si svolge una riunione a cui prendono parte Frank Pais, Vilma Espìn, Haydèe Santamaría e Mariantonia Figueroa in cui si sottolinea la necessità di appoggiare le azioni che il gruppo di Fidel farà sulle montagne e quindi occorre coinvolgere le forze presenti in città.
Il giorno successivo il gruppo guidato da Fidel riprende la marcia verso la Sierra Maestra. Si aggiungono nei giorni successivi altri sette combattenti ed arriva da Manzanillo il primo gruppo di rinforzo composto da nove uomini inviato da Celia Sanchez.
Era trascorso solo poco più di un mese dallo sbarco e la lotta clandestina godeva già di un grande appoggio popolare perché affondava le proprie radici in un radicato malcontento. Ai guerriglieri si erano aggiunti altri combattenti, i contadini offrivano il loro appoggio dando cibo ed aiuto logistico, indicando i movimenti delle guardie di Batista.
Il 10 gennaio 1957 il Generale di brigata dell’esercito di Batista Martin Diazz Tamajo, capo del reggimento Maceo ubicato in Santiago di Cuba, firma un ordine per annientare i ribelli rifugiati sulla Sierra Maestra. Intanto il gruppo dei 31 guerriglieri si sta muovendo nella boscaglia per raggiungere la caserma dell’esercito situata a La Plata con l’intenzione di attaccarla, mentre Batista il 15 gennaio 1957 sospende le libertà civili e mette la stampa sotto censura.
Il 17 gennaio 1957 Fidel e gli altri raggiungono La Plata e con uno stratagemma catturano il Maggiore Chicho Osorio capo della caserma. L’attacco avviene nella notte: è un successo, i ribelli si impadroniscono di una mitragliatrice, otto fucili, munizioni e cibo.
Durante gli scontri Juan Almeida si salva miracolosamente: una pallottola colpisce il cucchiaio che teneva riposto nel taschino della camicia salvandogli la vita, non si separerà più da quel cucchiaio.
Si contano nelle file dell’esercito 2 morti, 5 feriti e 3 prigionieri. I feriti ed i prigionieri vengono curati e lasciati liberi, questa era la differenza tra l’esercito di Batista ed i ribelli, l’esercito uccideva i prigionieri mentre Fidel aveva espressamente ordinato di non ucciderli. Nel corso dei combattimenti che seguiranno molti soldati presi prigionieri si uniranno al gruppo dei guerriglieri.
Il resto è storia …
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Maurizio+Cirillo
Hasta siempre Comandante, pugni chiusi al cielo e rivoluzione permanente