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Per un’alleanza popolare contro l’autonomia differenziata dell’ultradestra e i “falsi amici” del centrosinistra

Il progetto dell’“autonomia differenziata” procede da tempo. La Lega, prima quella di Bossi poi quella di Salvini, ne ha fatto la sua bandiera. Ma è stata tutt’altro che sola. E se oggi siamo arrivati all’approvazione della Legge Calderoli è solo grazie a una catena di complicità che va indietro negli anni e arriva fino ai nostri giorni e che coinvolge quasi l’intero arco parlamentare, dal PD – quello “renziano” di ieri e quello “schleiniano-bonacciniano” di oggi – a Forza Italia, passando per i “nazionalisti” di Fratelli d’Italia. Quelli che si autodefiniscono “patrioti” e che non perdono occasione per dimostrare che l’unica patria che conoscono è quella che può riempirgli il portafogli.

Quattro Regioni – Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria, tutte governate dalle destre – hanno già richiesto ufficialmente l’autonomia sulle materie per le quali non è prevista la determinazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), previsti dall’articolo 117 della Costituzione.

Materie tutt’altro che secondarie, a partire dal commercio con l’estero e arrivando a funzioni inerenti la previdenza integrativa.

Questa richiesta sprint permette di valutare i rischi cui stiamo andando incontro: si produrrebbe una frammentazione il cui effetto più pericoloso starebbe soprattutto nella spinta a una competizione al ribasso di cui, a fare le spese, sarebbero le classi popolari, tanto del Sud quanto del Nord del Paese.

Lavoratori e lavoratrici l’un contro gli altri armati. Nel solo interesse delle classi dominanti.

Opporsi all’Autonomia Differenziata è dunque strategico per evitare un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita delle classi popolari.

Cosa significa più autonomia regionale? Esattamente quello che abbiamo già visto quando una materia come la sanità con la riforma del Titolo V è diventata legislazione concorrente tra Stato e Regioni.

Abbiamo visto la tutela della salute migliorare o 20 centri di potere e di enorme clientela politica regionale con 20 sistemi sanitari diversi con servizi e prestazioni sanitarie profondamente diversi?

Per non parlare delle assicurazioni integrative ormai diffusissime che permettono servizi migliori a chi lavora in certe aziende presenti soprattutto in certi territori più ricchi economicamente con buona pace dei principi universalisti di uguaglianza di accesso a cure e prestazioni.

Vogliamo che non ci siano più cittadini di serie A e di serie B in base a Regioni di appartenenza e reddito personale.

Si apre una finestra in cui l’attore decisivo sarà la mobilitazione popolare. Noi crediamo sia questa la strada su cui impegnarci collettivamente.

Allo stesso tempo, però, non pensiamo che l’alternativa possa essere costituita da quel “campo largo” – o addirittura “larghissimo” – che si sta costruendo intorno alla raccolta firme per un Referendum contro l’Autonomia Differenziata (lo diciamo in premessa: sosterremo il referendum abrogativo totale qualora si dovesse svolgere e per il quale è possibile firmare tramite piattaforma digitale). Di questo campo, infatti fanno parte tanti, troppi soggetti che sono responsabili di questo scempio (de iure, con la Riforma del Titolo V, e de facto, svilendo la Carta Costituzionale e le sue conquiste sociali).

Se per vincere l’eventuale Referendum ci sarà bisogno di raggiungere il quorum del 50% + 1 degli aventi diritti al voto è perché si tratterebbe di un referendum ordinario e non costituzionale. Responsabilità di chi promosse la riforma del Titolo V della Costituzione. Chi? Il centrosinistra di D’Alema & Co.

Si potrebbe dire che sono passati 25 anni, che di acqua sotto i ponti ne è passata e che è sempre buono quando si ammette un errore e si volta pagina.

Certo, Bonaccini – oggi europarlamentare e Presidente del PD – era, con Zaia e Fontana, uno dei tre presidenti di Regione ad aver chiesto all’allora Presidente del Consiglio Conte  di “addivenire finalmente alla sottoscrizione delle corrispettive Intese”, cioè all’applicazione dell’autonomia differenziata. Correva l’anno 2018. Ieri, politicamente parlando.

Esiste la possibilità della folgorazione sulla via di Damasco. Ma si dà il caso che i problemi stiano nel presente e non solo nel passato più o meno recente.

I Consigli Regionali di cinque Regioni amministrate dal centrosinistra, infatti, hanno approvato non uno, bensì due quesiti referendari. Il primo rivendica l’abrogazione totale della Legge Calderoli. Il diavolo, però, è nel secondo quesito, con cui il centrosinistra si limita a richiedere un’abrogazione assolutamente parziale.

La presentazione stessa di questo secondo quesito indebolisce indirettamente il primo dinanzi al giudizio di ammissibilità della Corte Costituzionale. Inoltre – e soprattutto – palesa la volontà di forze consistenti del “campo largo” di addivenire a un accordo con la maggioranza di governo (o con sue parti) sul tema dell’autonomia differenziata. Stralciando i tratti deteriori, ma salvaguardando la sostanza.

Infine, abrogare la Legge Calderoli sarebbe un passaggio importante, ma non decisivo. Questa norma, infatti, è solo la forma specifica pensata dall’ultradestra al governo per declinare l’autonomia improvvidamente inscritta in Costituzione da un governo di centro-sinistra.

Per essere chiari: abrogata la Legge Calderoli, l’autonomia differenziata rimarrebbe sul tavolo. A dimostrarlo è proprio la richiesta del 2018 di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna di addivenire a intese sul tema, di cui sopra.

Se vogliamo consegnare i progetti di Autonomia Differenziata al passato, bisogna dire la verità e avere il coraggio di mobilitarci per cambiare il Titolo V della Costituzione.

Crediamo sia importante avviare un piano di ragionamento che non accetti la falsa semplificazione tra i “cattivi” del governo e un centrosinistra tornato improvvisamente “buono”.

Si tratta, in realtà, di due facce della stessa medaglia. Sono lì a dimostrarlo le politiche belliciste, supportate da entrambi i poli politici, le riforme contro i lavoratori, promosse indifferentemente dalle destre e dal centrosinistra, l’assoluta subalternità a USA e NATO, vero e proprio vincolo per qualunque forza politica voglia aspirare a governare oggi il Paese.

È in questo quadro che si inserisce l’Autonomia Differenziata, così come le riforme istituzionali in cantiere.

Su questi temi, crediamo sia fondamentale costruire un momento di confronto nazionale nel mese di settembre.

La manifestazione del 1 Giugno a Roma contro il Governo Meloni ha dimostrato che esiste uno spazio politico e sociale che può rappresentare una alternativa al bipolarismo liberista che si sta riconfigurando in Italia. È dalla capacità di organizzarci intorno ai bisogni e ai progetti che quella piazza esprimeva, che esprimono i tanti momenti e spazi di conflitto che per fortuna esistono in questo Paese, che si possono gettare le basi per un’alternativa sia al governo più di destra della storia repubblicana, sia all’opposizione del “campo largo”. Cioè alle due facce della stessa medaglia.

Primi Aderenti:

Comitato promotore primo giugno, Potere al Popolo!, Partito Comunista Italiano, Resistenza Popolare, Movimento per il Diritto all’Abitare, Opposizione Studentesca d’Alternativa, Cambiare Rotta, Unione Sindacale di Base, Movimento Migranti e Rifugiati, Ex OPG Je So’ Pazzo, Spazio Catai Padova, Collettivo Autorganizzato Universitario, Studenti Autorganizzati Campani, Centro Ricerche ed Elaborazioni per la Democrazia (Cred), Patria Socialista, Associazione nazionale “Per la scuola della Repubblica”……

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4 Commenti


  • Sergio Binazzi

    condivido, l’autonomia differenziata va abolita senza se e senza ma, la posizione del PD sui 2 quesiti è una emerita porcata, come lo è il PD & Co. purtroppo da quando siamo passati alla cosiddetta seconda repubblica, cioè siamo passati dal sistema elettorale proporzionale al maggioritario è finita la vera democrazia in italia. si è a tutti gli effetti totalmente subordinati agli usa, anche nel voto. quindi che ci sia al governo il centrosinistra o la destra non cambia nulla, sistema autoritario in tutti i sensi chi sbandiera l’antifascismo spicciolo non è diverso dai fascisti. si sono alleati con i nazisti ucraini come a suo tempo lo eravamo di quelli tedeschi.


  • Franco Russo

    Contropiano, 7 agosto 2024
    Franco Russo

    Contro ogni autonomia differenziata

    La presa di posizione di Potere al Popolo (Contropiano 7 agosto), che si basa su una mezza cronistoria dell’Autonomia Differenziata (AD), annuncia la propria mobilitazione sul referendum per abrogare la legge 86/2024, la divenuta famosa legge Calderoli. Ben venga questa mobilitazione sul voto referendario, che speriamo abbia il via libera da parte della Corte Costituzionale, dato che ci potrebbe essere, complice il doppio quesito delle Regioni a guida del cosiddetto centrosinistra, una trappola che consente al governo di sottrarsi al giudizio popolare qualora la Corte dovesse respingere il quesito totale e dar via libera a quello parziale, che lascia intatta la legge Calderoli. A quel punto il governo potrebbe accettare le modifiche parziali e far saltare il referendum, Spero che le centinaia e centinaia di migliaia di firme possano scongiurare questo scenario e giungere al voto, quando servirà la partecipazione del 50% +un voto e poi la maggioranza di questo per sconfiggere Calderoli e il governo Meloni. Fin qui la ‘mezza cronistoria’ di PaP coincide con la mia. Peccato che manchi una metà della storia, quella di come si è arrivati alla raccolta delle firme. Su questo PaP tace, e se ne capisce bene il motivo, che risiede nel fatto che PaP non partecipa alla raccolta delle firme necessarie per giungere al referendum, e non indica neppure come si fa a raccoglierle informando in un inciso che esse si possono sottoscrivere anche online – sì, ma dove? andando su quale sito? Si poteva dare l’informazione che il sito è quello del Ministero di Grazia e Giustizia e con lo SPID o il CIE si può firmare, oppure ricordare che i Comitati contro ogni autonomia organizzata predispongono i banchetti, anche in pieno agosto, o che altre associazioni come l’ANPI lo stanno facendo dal 26 luglio così come le molte organizzazioni aderenti alla Via Maestra. Ecco la pietra dello scandalo: la Via Maestra, la CGIL, il ‘campo largo’ – tutte forze che sono complici dell’AD. Sì, lo so benissimo che il PD, la CGIL e molte altre forze sono state protagoniste o consenzienti, o silenti sull’AD. L’allora PDS – se ricordo bene la sigla – varò la controriforma del Titolo V con la modifica di articoli fondamentali della Seconda Parte, quella dell’organizzazione democratica della Repubblica: si capovolse la gerarchia delle fonti normative e si costituzionalizzò il vincolo della normativa UE (art. 117), si cancellò il riferimento ai divari territoriali del Mezzogiorno (art. 119), si legittimò la sussidiarietà orizzontale per dare impulso alle privatizzazioni dei servizi pubblici (art. 118), si varò il famigerato terzo comma dell’art. 116 che consente le Intese per attuare l’AD. Un ‘monumento di insipienza giuridica’, come disse Gianni Ferrara. Saltiamo e arriviamo al 2018 quando tre Regioni misero in moto il processo delle Intese – Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna furono le prime ad avviarle con il governo Gentiloni – e poi i governi succedutisi – con la presenza di M5S, PD, Lega al vertice del potere centrale – hanno cercato di varare la legge di attuazione dell’AD fino a quando Calderoli, con il governo di destra Meloni, l’ha fatta giungere al traguardo. Chi si è opposto ai tentativi dei vari governi di diverso colore? Poche forze, anzi per la precisione poche persone aderenti ad alcune forze. Tra queste ci sono i Comitati contro ogni autonomia differenziata, che con determinazione e nell’isolamento politico hanno tenuta aperta la via della critica, dell’opposizione, della mobilitazione contro l’AD. Mese dopo mese, direi giorno dopo giorno i Comitati hanno cercato di smuovere sindacati, partiti, associazioni, giuristi, economisti ecc. ecc per creare una forza d’urto per bloccare l’AD. Quanto tempo, quante energie, quante persone di PaP si sono mobilitate in tutti questi anni? Quante delle sue risorse sono state dedicate a questo compito? Via via, soprattutto quando la legge Calderoli ha iniziato il suo iter parlamentare, la mobilitazione contro ogni forma di autonomia differenziata è cresciuta, e non è stato facile perché i primi sit-in davanti al Parlamento erano poco partecipati, poi si è fatto un lavoro di sempre più forte pressione sui sindacati – CGIL , USB, COBAS (alcuni esponenti dei quali hanno fin dall’inizio dato un contributo alla lotta contro l’AD) -, e pian piano si sono raggiunti risultati importanti: odg delle assemblee sindacali, partecipazione alle manifestazioni di piazza che avevano nelle piattaforme la lotta contro l’AD, e poi al congresso di Rimini la stessa CGIL, per bocca di Landini, ha detto che la riforma del Titolo V era sbagliata, giungendo finalmente a sottoscrivere i giudizi negativi della stragrande maggioranza dei costituzionalisti. L’opposizione parlamentare ha fatto dell’AD un tema di scontro con il governo Meloni – è strumentale? Forse: ma sono i Comitati che si sono piegati ai partiti del cd centrosinistra o sono questi che hanno fatto propria la parola d’ordine della lotta frontale contro l’AD? La risposta sta negli atti ufficiali della Cassazione: Schlein, Conte, Fratoianni, hanno firmato con Marina Boscaino ed altri esponenti di forze politiche e associative, il quesito per l’abrogazione totale della legge Calderoli. Chi ha vinto, in questa battaglia? Il PD o i Comitati e gli oppositori dell’AD? So bene che le Regioni a guida PD e M5S vogliono presentare un quesito parziale, non a caso in queste settimane i Comitati stanno portando avanti una polemica forte e motivata contro il secondo quesito parziale, per le ragioni che prima ho ricordato. E PaP dove era ed è in questi momenti di scontro, al più ha fatto qualche comunicato ma non ha certo smosso ‘le masse’ contro i cinque governatori, noi abbiamo fatto dei sit-in e ci siamo mobilitati davanti ai Consigli regionali… I referendum non calano dal cielo, servono 500 mila firme, e anche la raccolta online abbisogna di organizzazione e mobilitazione, dunque troppo facile parlare e non attivarsi. Ci mancherebbe altro che, se si dovesse giungere al referendum abrogativo totale, non si partecipasse. Un’ultima questione. Scrive PaP: quand’anche si abrogasse la legge Calderoli, rimarrebbe in vigore il terzo comma del Titolo V dell’articolo 116, e dunque si potrebbe comunque procedere alle Intese. Scoprire l’acqua calda rimane pur sempre un’invenzione. Ma PaP si è accorta che nel corso di questi anni di mobilitazioni si è diffusa anche la consapevolezza che va riscritto daccapo l’intero Titolo V recuperando se non la lettera lo spirito di quello originario del 1948? Si è già lavorato in questa direzione con Laura Ronchetti e Gaetano Azzariti, e sarà questo uno dei temi della nostra prossima campagna referendaria. Davvero per finire. Il 1° giugno è stata una buona manifestazione, che però sta assumendo i connotati di un mito. Vogliamo dire che eravamo 10 mila persone, bene, ma la politica spiegava Lenin si comincia a fare quando sono in movimento, pensando alla Russia, milioni di persone, per l’Italia si può affermare che si comincia a far politica quando sono centinaia di migliaia di persone. Noi siamo parte della campagna per la raccolta delle firme, che non è proprio una passeggiata al chiaro di luna, e ad oggi in due settimane sono state coinvolte più di 500 mila persone.
    Franco Russo
    Comitati contro ogni autonomia differenziata


  • Mario Barbieri, PRC Vicenza

    Complimenti a Franco Russo per la sua disamina lucida ed esauriente


  • R.P. NW

    Tempesta in un bicchier d’acqua.
    Negli anni ’60 sono stati istituiti i sistemi sanitari nei paesi occidentali. Dal punto di vista organizzativo si dividono in due macro-tipi: a finanziamento 1. da fiscalità generale e 2. da contribuzione obbligatoria tramite mutue pubbliche.
    Canada, Regno Unito, Italia, etc. seguono il modello 1.
    Germania, Francia, Svizzera, etc. seguono il modello 2.
    I paesi del modello 1. soffrono dei medesimi problemi: lunghe liste d’attesa, mancanza di risorse finanziarie, etc.etc.
    I paesi del modello 2. sembrano comportarsi meglio. Il controllo interno di entrate e uscite permette aggiustamenti organizzativi che controllano meglio l”evoluzione del sistema sanitario. Pubblico, ça va sans dire!
    Negli anni ’90 Parisi e Cassese proposero di passare al modello più virtuoso, cioè il tipo 2. Non se ne fece nulla, nacque invece l’autonomia differenziata … made in centro-sinistra! SIC!
    Chi è causa del suo mal pianga se stesso.
    Cordialità. R.P. NW :-/

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