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Turismo di massa e affitti turistici. Contraddizione lacerante per le città e gli abitanti

Un nostro lettore, Simone, ci ha inviato una lunga e significativa lettera sulla questione “overtourism” che più volte – e da tempi non sospetti – abbiamo trattato sul nostro giornale.

Simone, lavoratore in contratto di solidarietà da anni, possiede una casa vacanze gestita da B&B in un quartiere semiperiferico della Capitale e dalla quale riceve un reddito che va a integrare quello da lavoro che, immaginiamo, sia ridotto da tempo a causa del contratto di solidarietà. La situazione del nostro lettore è tutt’altro che eccezionale, anzi costituisce da decenni una condizione comune a milioni di lavoratori e lavoratrici.

Nella sua lettera contesta le campagne stampa tese a demonizzare gli affitti turistici e le case affidate a B&B, soprattutto in questa estate che ha visto esplodere le proteste degli abitanti in alcune mete turistiche sottoposte a quello che viene definito “overtourism” e che si può tradurre più semplicemente come turismo di massa.

La lettera offre lo spunto per una discussione di merito che ci interessa molto e che un recente libro – Prigionieri del mattone – ha declinato in modo completo ed esaustivo sviscerando tutte le contraddizioni – e le maledizioni – relative alla questione abitativa nel nostro paese.

Il nostro lettore affianca ad osservazioni accettabili delle sottovalutazioni che lo sono meno. Il suo punto di vista della realtà delle cose è indubbiamente maggioritario nel senso comune della nostra società, ma ciò non significa che sia quello giusto. Il problema è sempre la prospettiva da cui si guarda alla realtà.

Simone scrive che “certamente esiste il problema drammatico ed innegabile della casa per le famiglie, ma canalizzare su un solo comparto ogni genere di responsabilità, agli occhi attenti di chi di quel comparto fa parte, appare come un’attività delatoria, dannosa e alquanto sospetta”.

In questo c’è del vero e del non vero. Sicuramente l’emergenza abitativa – che però si riproduce da decenni diventando ormai norma e non emergenza – non dipende solo dal boom degli affitti turistici ma anche dal fatto che migliaia di abitazioni affittabili sono state sottratte alla domanda di case in affitto di famiglie, genitori single, studenti e lavoratori fuorisede ormai impossibilitati ad accedere agli affitti, sia per la scarsità di case messe a disposizione (nonostante un numero di case sfitte enorme) sia per i prezzi degli affitti stessi.

Ed a questa riduzione della disponibilità di case in affitto per abitanti e residenti, ha contribuito molto anche la grande diffusione degli affitti turistici. Chi affitta ai turisti ha meno problemi che con inquilini stabili e le “variabili” che rappresentano, le relazioni sono mediate dalle piattaforme e ridotte al minimo, le possibilità di incasso sono superiori e più garantite – tolte le commissioni – dalle piattaforme stesse. Certo spesso i turisti sono vandalizzanti più di una famiglia o di studenti fuorisede, ma il gioco sembra valere la candela.

Un ragionamento individualista, come quelli incentivati da anni di cultura “proprietaria” che ha soppiantato sia quella produttiva che quella collettiva, porta a dire che questa è la soluzione migliore per “mettere a valore un immobile di proprietà”.

Ma qui si aprono almeno due problemi. Se la vastità del fenomeno fosse limitata non farebbe danni, ma se invece si estende – e si è estesa di molto – mette in aperta contraddizione un interesse individuale (messa a valore del proprio immobile) con quello collettivo (la domanda di case in affitto). E su questo la contraddizione appare insanabile.

Questo ha già generato e sta generando problemi. La pervasività degli affitti turistici nei centri storici delle città e nei quartieri vicini, produce una desertificazione sociale e uno stiparsi di turisti in queste zone. Incredibilmente anche i quartieri “bassi” del centro di Napoli stanno subendo questa trasformazione violenta dopo che per decenni è stata l’unica città in cui “i poveri” abitavano ancora nel centro. E’ una sorta di pulizia etnica e sociale che si va producendo sotto i nostri occhi. I benpensanti ne saranno felici, noi meno.

Non solo. L’espulsione degli abitanti dal cuore delle città, le consegna a soggetti come i “consumatori dinamici” (così Benetton definì i turisti negli anni Novanta in cui con le privatizzazioni si comprò Autostrade, Grill e Grandi Stazioni, ndr), ma che hanno un rapporto temporale, strumentale e relativo con le città o le località turistiche che visitano. A Roma, secondo alcune ricerche, i turisti che vengono per vedere il patrimonio archeologico sono una minoranza.

E poi veniamo ai cosiddetti benefici del turismo di massa o overtourism.

Simone afferma che dagli affitti turistici le “amministrazioni percepiscono enormi introiti dalle tasse di soggiorno”. Purtroppo non è affatto così. Il Comune di Roma ad esempio, raccoglie solo tra i 110 e i 125 milioni all’anno di tassa di soggiorno su un giro d’affari di oltre 5,5 miliardi (secondo altre fonti 6,7).

E questo è un dato importante, perché è l’unico effettivo beneficio che l’intera città riceve dal disagio di dover convivere con un turismo di massa e devastante. Anni fa proponemmo che questa tassa diventasse una “tassa di scopo” destinata alle periferie, cioè a quella parte di città che non beneficia in alcun modo del turismo ma ne subisce tutti i disagi (sulla riduzione dei trasporti, la raccolta dei rifiuti etc etc).

Difficile poi sorvolare sui profitti che vengono incassate all’estero dalle multinazionali OTA (Online Travel Agency), così come sul loro livello di evasione fiscale nel nostro paese dove convogliano milioni e milioni di persone.

Questa discussione potrebbe continuare a lungo e le opposte  argomentazioni potrebbero incrociarsi per intere giornate. Solo per affrontare il tema delle soluzioni (ad esempio come si riduce il turismo di massa? Con i ticket di ingresso o creando un clima malevolo e deterrente per i turisti?) ci vorrà del tempo, creatività e indagini sul campo.

Ma questa discussione, anche sulla spinta delle proteste popolari contro il turismo di massa, finalmente si è aperta e ci auguriamo che il nostro giornale possa contribuire ad essa. Pertanto ringraziamo Simone della lettera e invitiamo altre ed altri a prendere parola.

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La lettera di Simone alla nostra redazione

Neanche un mese fa, i muri del Quadraro Vecchio dove ho la casa destinata a locazione turistica, uno dei quartieri più importanti della storia della Resistenza di Roma, sono stati riempiti di scritte contro la gentrificazione e, in particolar modo, contro il turismo e i “bed and breakfast”. Queste scritte – tra cui deliranti stelle a cinque punte, falce e martello e la “sempreverde” scritta “BR” – hanno deturpato per sempre un magnifico intervento artistico realizzato nel 2010 dal Comune di Roma, che aveva coinvolto artisti di tutto il mondo per la realizzazione del primo progetto di museo diffuso integrato nel tessuto sociale.

Non riesco a determinare il momento storico in cui siamo passati dall’urgenza di attrarre maggior turismo, sfruttando l’immenso patrimonio naturale, artistico e culturale del nostro paese, all’urgenza di contrastarlo con ogni mezzo possibile. Certamente, non si può non individuare nella stampa un ruolo cruciale nella diffusione di questo messaggio.

Pur comprendendo l’umana necessità di dover mettere in tavola la cena, resta un mistero come sia possibile che la responsabilità di ciò che, molto genericamente, viene perimetrato nel fenomeno dell’”overtourism” possa essere unicamente individuata nel profluvio di articoli “copia e incolla”, contro quelli che, altrettanto genericamente e a prescindere dalla nomenclatura e dai diversi regimi legali e fiscali, vengono chiamati “b&b”.

È sufficiente fare una ricerca per accorgersi che per il giornalismo intero, il problema principale dell’Italia non è l’inflazione galoppante né l’evasione crescente e inarrestabile di un sistema che premia sistematicamente chi elude il fisco. Il vero problema dell’Italia non è la guerra in Ucraina né l’escalation di sangue in Medio Oriente. E no, il problema non sono neanche i quattro morti al giorno sul lavoro né il dilagare delle droghe sintetiche. Nel nostro paese, come direbbe “Johnny Stecchino”, il vero problema, come per il “traffico” a Palermo, sono i “b&b”.

Mi domando: esiste un momento in cui in una redazione si va oltre all’intercettare un argomento mainstream per sfruttare il fenomeno del clickbait e ci si chiede se questo modus operandi non abbia partorito già sufficienti mostri, alimentando solo la brama di capri espiatori in una popolazione economicamente frustrata e vessata e in una classe dirigente capace esclusivamente di fornire risposte populiste a problemi complessi?

Certamente esiste la necessità di regolare i flussi turistici e certamente esiste il problema drammatico ed innegabile della casa per le famiglie, ma canalizzare su un solo comparto ogni genere di responsabilità, agli occhi attenti di chi di quel comparto fa parte, appare come un’attività delatoria, dannosa e alquanto sospetta.

Sospetta perché è indubbio che l’interesse principale nel contenimento degli affitti turistici – analogamente alla lobby dei taxi che ostacola in ogni modo nuove licenze e le piattaforme come Uber – è quello delle grandi catene alberghiere. Dannosa perché va a demonizzare chi ha la “colpa” di industriarsi per sostenere o creare un proprio reddito. Delatoria perché questa attività è sempre accompagnata anche dall’accusa di evasione, arricchimento indebito e sfruttamento.

Dunque, prendiamo un caso su tutti: Roma. Da mesi, l’unica cifra che viene pubblicata strumentalmente per aggredire e imporre misure drastiche verso i “b&b” è quella riportata dal Comune di Roma, che indica in 20.000 unità le strutture destinate agli affitti turistici. Gli alloggi – non gli edifici ma gli appartamenti – secondo l’ultima rilevazione dell’ISTAT del 2011, sono circa 1.600.000 (rilevazione che non prende in considerazione i dati della cementificazione avvenuta nei successivi tredici anni, considerando che solo tra il 2021 e il 2022, sono stati erosi 70.000 ettari destinati a nuova edilizia residenziale). Restando però ai dati del 2011 e senza considerare che da allora sono stati edificati immensi quartieri come Roma Est, Porte di Roma e la nuova Fidene, la percentuale di “b&b” è dell’1,25% sul totale degli alloggi disponibili.

Riassumendo: la responsabilità della desertificazione del centro storico di Roma, dell’”overtourism”, del degrado, delle tonnellate di spazzatura che invadono i quartieri, nonché di tutta la retorica sull’”artigiano che non c’è più” e degli “anziani di quartiere che giocavano a carte al bar scomparsi a causa dei b&b” è tutta da ricondurre all’1,25% degli affitti turistici. E in ultimo, non il lerciume onnipresente né le selve che crescono sui marciapiedi né la quantità di polveri sottili che respiriamo sono il segno della decadenza nella quale versa Roma, ma bensì, i “lucchetti” fuori dai portoni. Dei “b&b” sarebbe la responsabilità delle centinaia di pullman parcheggiati in terza fila, dei “b&b” sarebbe la colpa dell’assenza di alloggi per gli studenti (ma solo fino a settembre quando i titoli diventano “per colpa degli affitti a studenti non ci sono alloggi per le famiglie”) e, ovviamente, dei “b&b” sarebbe la colpa dell’impennata dei costi delle case e dell’inservibilità dei trasporti pubblici.

Quale sia il raziocinio che porti a pensare che un idraulico o un fabbro possa trarre vantaggio commerciale con una “bottega” nella ZTL, visto peraltro che la grande distribuzione è periferica, resta un mistero. E resta un mistero come si immagini che siano i due o quattro ospiti di un “b&b” e non le frotte del turismo alberghiero a richiedere spostamenti in pullman, così come resta un mistero del perché la TARI pagata dai proprietari dei “b&b” – a fronte di un tasso di occupazione ridotto rispetto a quello di una famiglia – non sia sufficiente.

Guardando poi ai dati del settore immobiliare di Roma (ripeto, di Roma) attuali e quelli del 2001, resta avvolta dal mistero anche l’interpretazione dei costi delle case, a fronte di un mercato non solo in ribasso ma che, al netto dell’ingresso dell’euro e dell’inflazione, sono totalmente in linea con quelli di vent’anni fa.

E mentre resta un mistero anche il dono dell’immortalità che dovrebbero possedere gli anziani residenti del centro storico “che giocano a carte”, ci si chiede perché a rimpolparne le fila di questo olocausto dei falegnami o dei cromatori non vadano per primi proprio i giornalisti che a pagina quattro si stracciano le vesti perché in Italia si fanno pochi figli, a pagina cinque lanciano l’allarme perché la popolazione mondiale sta raggiungendo i dieci miliardi e a pagina sei si lamentano dell’”over turism” perché, ça va sans dir, la vacanza e la cultura è riservata all’élite e non certo ai figli degli altri o ai cinesi o ai francesi che non sanno che farsene dei nostri bidet.

Su tutti i misteri però il più grande e degno di nota è quello che regola l’equazione sui trasporti pubblici il cui sovraffollamento sarebbe da ricercare nei turisti dei “b&b”. E’ notorio infatti che se gli alloggi fossero occupati da famiglie, certamente gli autobus e le metropolitane di Roma sarebbero vuoti ed efficienti e l’evasione tariffaria – tipica del turista all’estero – anziché di 90 milioni l’anno, sarebbe a zero (come dubitare d’altronde che i romani non facciamo il biglietto).

Ma a nulla servono evidentemente i numeri. La risposta che ogni giornalista ti darà è sempre “ma cosa dici, basta guardare la mappa di Airbnb del centro, è pieno!”. Ovviamente, che sulla mappa sia indicato un “b&b” in un palazzo dove ci sono altri 30 appartamenti ad uso residenziale è un dato assolutamente trascurabile. Il “percepito” è ciò che conta, insieme a cinque secondi di pubblicità – a proposito dell’”over turism” – di una “fantastica crociera scontata del 60% per tutti i nostri lettori”.

A nulla servono i numeri in merito ai costi e ai ricavi di chi ha destinato la propria casa ad un affitto turistico. A nulla vale sottolineare che le piattaforme sottraggono il 23%, che i costi di gestione vanno ben oltre il 20% – ai quali vanno sommati i costi di pulizia e di manutenzione straordinaria, dei consumi e di ogni oggetto che gli ospiti decidono di fare proprio, arrivando a rubare anche il ferro da stiro – e a nulla vale che per ogni prenotazione (ovviamente sul lordo, senza detrazione di alcun costo sopra riportato) lo Stato chiede il 22%. E a nulla vale che a tutto questo vanno sottratti IMU e TARI e ogni costo che amministrazione dopo amministrazione ti impone, tra inutili targhette, estintori che nessuno sa utilizzare e rilevatori di monossido di carbonio e fughe di gas, anche quando la casa che affitti è interamente alimentata dalla corrente elettrica.

Amministrazioni che percepiscono enormi introiti dalle tasse di soggiorno – irrintracciabili nei servizi offerti dalle amministrazioni stesse – non solo non spendono una parola in difesa di chi rappresenta un volano economico per le amministrazioni stesse e per l’enorme indotto che generano gli affitti turistici, ma anzi si aggiungono a questa insensata aggressione, rincarando la dose e paventando divieti e chiusure contro i “b&b che fanno affari d’oro e neanche pagano le tasse”, con toni da Gestapo. D’altronde, appunto, “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”.

A nulla serve spiegare che il problema della casa per le famiglie non ha nulla a che vedere con gli affitti turistici (basti pensare peraltro che il regime di “b&b” è destinato solo a chi ospita pur vivendo nello stesso appartamento) e che, anche limitandoli o chiudendoli, senza una revisione radicale delle leggi che regolano gli affitti a lungo termine, l’unico risultato che verrà ottenuto sarà quello del crollo del mercato immobiliare con tutte le criticità che questo comporterà su famiglie, banche e imprese, nonché ovviamente su chi con questo reddito si sostiene e su tutti i comparti dell’indotto.

E a nulla soprattutto serve evidenziare che gli affitti turistici – non la gestione degli affitti turistici che rappresenta tutt’altra scena imprenditoriale e speculativa – sono un sostegno all’erosione del reddito e che spesso rappresentano l’unica alternativa in un mercato del lavoro che quegli stessi giornalisti descrivono come inaccessibile e vessatorio.

La guerra alle locazioni turistiche, dati alla mano, non trova riscontro con l’oggettività. Questa guerra rispecchia un sistema da sempre incapace di gestire i cambiamenti e il cui unico interesse è fare muro, garantendo così a chi ne beneficia, nei secoli dei secoli, un immutabile status quo. Che siano i monopattini, il car sharing o piuttosto lo smartworking, la stampa – a prescindere dall’orientamento – si ritrova sempre compatta nella difesa di un’economia che troppo spesso rispecchia gli interessi dei propri editori e dei loro azionisti.

Certo che la presente sarà inascoltata e che nessuno si porrà il dubbio quantomeno su questa univocità delle voce contro i “b&b” che ogni giorno produce tonnellate di aggressioni a mezzo stampa e restando in attesa di leggere l’ennesima “inchiesta sugli affitti brevi”, il Moloch dei nostri tempi (scritta ovviamente durante le vacanze in un “b&b” del quale non dubito verrà fatta anche una recensione “bello tutto, ma le pantofoline non erano della mia taglia, spiace devo dare una sola stella”), auguro a tutti buone vacanze e per chi ha un maledetto b&b, buon lavoro.

Simone
51’anni, impiegato, in regime di “solidarietà espansiva” da 15 anni

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9 Commenti


  • Paolo

    si ho capito tutto ma se è una cosa così orrenda affittare camere perché non fitti a una famiglia Simone? io faccio così a Salerno, proprio sul mare dove potrei fare tranquillamente l’affittacamere…pago la cedolare secca al 21% non è che le tasse le paghi solo tu e mi accontento di quello che possono pagare i miei inquilini. senza parlare di massimi sistemi…


  • Miguel Martinez

    Ringrazio Contropiano per aver pubblicato questa lettera: un dibattito va fatto sempre in due, e qui mi sembra che si senta bene la “altra campana”.

    Non ho nulla in contrario al tizio che ha una casa grande, e affitta una stanza ai turisti e magari ci fa anche quattro chiacchiere quando arrivano. E capisco e conosco persone che fanno cose simili.

    Mi piace poi che Simone abbia voluto fare un discorso lungo e ragionato proprio a una testata che la pensa diversamente.

    Ma…

    Vivo a Firenze, e immagino che in percentuale sulla popolazione, la situazione da noi sia molto più grave che a Roma. Non ho le statistiche sotto mano, ma credo che gli alberghi da noi (con cui Simone se la prende) abbiano un ruolo marginale e di elite.

    Simone dice che basta un appartamento su 30 usato come b&b, che sulla mappa tutto il palazzo ti appaia come tale…

    Non sono “i giornali” a dire che nel palazzo in cui abito, metà degli appartamento sono B&B e così in tutti quelli accanto (a parte il palazzo interamente in mano a un’università statunitense). E che i proprietari non si sono mai visti, si limitano a lasciare dei lucchetti attaccati abusivamente sul nostro cancello. Ogni tanto compare un’anziana donna velata che parla solo in arabo (lo preciso perché non fa pensare esattamente a un contratto in regola) che fa le pulizie.

    Simone scrive, “A nulla vale sottolineare che le piattaforme sottraggono il 23%, che i costi di gestione vanno ben oltre il 20% – ai quali vanno sommati i costi di pulizia e di manutenzione straordinaria, dei consumi e di ogni oggetto che gli ospiti decidono di fare proprio, arrivando a rubare anche il ferro da stiro ”

    Bene, immagino che l’anziana signora sottragga quanto le piattaforme. E basterebbe che il proprietario si facesse vedere prima che vadano via gli ospiti, perché non scompaia il ferro da stiro.

    A dirmi che non si trova più un appartamento in affitto in tutto il centro, non è un “giornalista al soldo degli alberghi”, ma l’agente immobiliare che ha la sua agenzia qui.

    In una stradina vicino a casa mia, ci sono due palazzi interi che sono stati comprati da un’impresa (e non da un “impiegato in solidarietà espansiva”) per farne B&B.


  • Paolo F

    Abito a Verona, ho un piccolo appartamento di proprietà. Avrei potuto affittarlo o a studenti (l’Università è vicina con i mezzi) o fare un b&b. Ho sempre fatto una scelta diversa, affittandolo ad un canone ragionevole a persone che lavorano (prima ad un ragazzo che poi si è sposato e se n’è andato, poi ad una signora lavoratrice single che ci vive attualmente).
    Con ciò non voglio dire che la scelta di Simone sia sbagliata e la capisco, è una questione di punti di vista e scelte, opinabili e discutibili entrambi ovviamente.
    Poi la discussione dovrebbe inoltre essere spostata sul patrimonio edilizio pubblico inutilizzato ed abbandonato, con una seria riflessione sulle politiche abitative (es. case Gescal negli anni 60/70, piani 167, Peep, alloggi Ater…), di reddito, di periferie ecc.. ecc… delle quali oggi non si vede traccia.
    Ovviamente l’argomento è molto più complesso.


  • Herlinda Stockner

    Su questo argomento vorrei fare un esempio concreto, da me vissuto in questi ultimi mesi. Dal 2016 vivo in un piccolo appartamento di mia proprietà nelle vicinanze del Colosseo. Pensavo di aver trovato la soluzione ideale per trascorrere gli anni della mia pensione, in quanto centrale, tranquillissimo e con un piccolo cortile. Ci sono 7 appartamenti nel nostro condominio, dei quali uno disabitato per liti ereditarie dal 2015
    Da un paio di mesi la situazione è la seguente: un appartamento disabitato, 3 appartamenti con inquilini proprietari, 2 B&B su ambedue i lati I cui cortiletti confinano con il mio appartamento e una casa vacanza sopra la mia camera da letto. Tutto questo malgrado un esplicito divieto per affitti brevi nel regolamento condominiale (contrattuale). Purtroppo abbiamo le mani legate, in quanto il regolamento del 2004 non risulta registrato le la clausola del divieto vale pertanto solo per gli allora proprietari che lo avevano sottoscritto e non per gli acquirenti successivi. C’è poi da dire che nessun proprietario dei 2 B&,B è effettivamente residente nella palazzina.
    Sono veramente scoraggiata e, malgrado I disagi di un eventuale trasloco, determinata a trasferirmi altrove.


  • Simone

    Un giornale comunista autentico che abbia come fine l’intervento di massa nella sfera dell’informazione e ancor di più in quella della riflessione critica deve individuare le contraddizioni, porle in rilievo e contribuire a scioglierle.
    Pochi giornali lo fanno, quei pochi lo fanno di rado, ma quando avviene è giusto e doveroso porre in risalto la cosa.
    Il tema della cosiddetta gentrificazione è complesso, necessita ancora molte inchieste e anche una dibattito onesta che coinvolga anche in maniera conflittuale tutti i soggetti coinvolti. Da troppo tempo quel che resta della sinistra fu di classe si è specializzata in carnevalate di dubbio gusto che invece di accorciare la distanza creatasi con i soggetti di riferimento, la dilatano ancora di più.
    In realtà c’è però anche dell’altro che mi preme sottolineare.
    Questo articolo a mio avviso è molto utile perché da voce a una categoria sociale che, se non è proprio nuova , di certo è in espansione: la lumpenborghesia.
    Questa categoria non è ascrivibile a quel ben note e ampiamente trattate dalla letteratura marxista. Non è sottoproletariato né proletariato: possiede proprietà, che, seppur esigue e modeste, contribuiscono direttamente o indirettamente al reddito complessivo.
    Non è piccola borghesia produttiva, né tantomeno impiegatizia: questa figura non ha contratti stabili, in genere ha rapporti di lavoro precario e atipico; spesso ha una partita iva ma con un committente unico. La piccola proprietà funge da micro-rendita di posizione che le permette di integrare entrate non sufficienti per stare sulla soglia della povertà e leggermente sopra.
    Non ha una soggettività autoconsapevole essendo una categoria ibrida. I legami relazional-identitari sono indipendenti dalla condizione sociale, ma spesso la condizione sociale crea una contraddizione con le reti di relazione che i singoli lumpenborghesi hanno intrecciato.
    L’intervento riportato nell’articolo in questione è un chiaro esempio di questa contraddizione.


  • Marco

    La soluzione è una e una soltanto: legge statale che vieta gli affitti brevi ai turisti. Accoglienza turistica riservata agli hotel e a b&b che soddisfano determinati requisiti. Tutto il resto sono chiacchere. Di contro proteggere i proprietari di casa con leggi che permettono l’espulsione di inquilini morosi, anche se con minori o con 104. La soluzione è questa, ma in un paese dove la classe politica ha interessi diretti e concreti da questa faccenda è molto complicato arrivare alla soluzione definitiva.


  • simone

    Premessa. La Redazione di Contropiano è stata l’unica redazione ad aver letto la lettera che ho inviato e per questo, oltre che per la storica partecipazione attiva al problema della casa per gli studenti e le famiglie, la ringrazio.

    Uno dei nodi principali della mia missiva era la linea di condotta del giornalismo. Un giornalismo che intercetta temi complessi e che, con fini che nulla hanno a che vedere con i temi stessi, li utilizza pasturando i “Napalm51” e offrendo loro prede per innescare o disinnescare a seconda delle finalità editoriali o politiche, la frustrazione di un sistema che non sa gestire cambiamenti e offrire soluzioni adeguate. In questo senso ciò che fa le nouveau journalisme non è dissimile a ciò che viene quindi imputato a me, ovvero il ricorso all’individualismo per trovare escamotage per sopperire a necessità economiche personalistiche.

    Sottolineo questo aspetto perchè rilevo – sarà che solo ieri ho contato più di dieci articoli contro i “B&B” e ormai sono diventato molto suscettibile – aspetti distorsivi e meccanismi narrativi tesi a stigmatizzare la presunta linea di condotta dell’interlocutore piuttosto che analizzare i rilievi messi a disposizione per l’apertura di un dialogo e l’urgenza di analizzare i problemi prima che danni irreversibili vengano commessi.

    Un esempio su tutti.

    “Da anni possiede una casa vacanze gestita da B&B”. Non è l’adulterazione dei contenuti ai fini narrativi il motivo per il quale sollecito un cambiamento ma l’esito che questo approccio produce in chi legge. Fatto salvo che ho aperto solo da un anno, ancora una volta mi trovo a sottolineare la richiesta di maggiore attenzione ai temi trattati altrimenti restiamo, ahimè fermi, ai “copia&incolla” sui “maledetti b&b”.

    Il regime fiscale e legale del “b&b” rappresenta una offerta turistica e una modalità di esercizio totalmente diversa da quella di una “casa vacanze” e nel mio caso peraltro, non è né l’uno né l’altro ma una “locazione turistica”. La distinzione non è trascurabile ma cruciale. Non comprendere questo aspetto, significa non conoscere la regolamentazione e quindi non saper discernere tra quelle che possono essere modalità più o meno invasive nel tessuto sociale, di una struttura destinata all’ospitalità.

    Per ottenere l’autorizzazione all’apertura di un “b&b” è necessario avere la residenza e dimostrare nel tempo, la propria presenza lì dove si offre un contratto di affitto breve. Il regime di “b&b” quindi, non solo disinnesca a monte la discussione sul tema casa (un “b&b” è un’abitazione di proprietà in cui il proprietario abita l’alloggio anche con la sua famiglia mettendo a reddito una o più stanze libere) ma sollecita riflessioni diverse da quelle trattate nella mia lettera. Un “b&b” ad esempio – diversamente dalle altre categorie alle quali è fatto divieto assoluto – può somministrare cibo e deve sottostare alle normative in materia di HCCP.

    Bisognerebbe interrogarsi quindi sulla distinzione che andrebbe fatta tra “b&b” ed altre forme di ospitalità perchè la somministrazione di cibo, può avere un impatto maggiore sul contesto commerciale in cui si inserisce, un impatto maggiore in termini di produzione dei rifiuti e al tempo stesso però, anche costi di gestione – alla pari di qualsiasi altro esercizio commerciale – che dovrebbero poter essere riconosciuti.

    Ora, non sono qui per insegnare il mestiere a nessuno ma imploro che si eviti il ricorso a figure retoriche ed immaginarie – di cui fa parte anche “l’espulsione degli abitanti fuori dalla città” – che non non contribuiscono alla discussione e che negano la storia e la realtà del contesto in cui viviamo (già nel 1980 ad esempio, la linea Giardinetti delineava uno sviluppo urbanistico che avrebbe reso Fiuggi e Frosinone parte integrante della città Roma). Diversamente, l’unico esito possibile, è il parto di un thread che si va ad aggiungere alle centinaia di articoli inutili e dannosi che producono mostri inutili e dannosi quelli partoriti dalle recenti iniziative di legge.

    D’altronde è evidente che nessuno espelle le persone dal centro. Chi eredita una casa in centro la vende perchè mediamente non può permettersi il lusso di abitare lì, di pagare un garage mille euro al mese e di comprare le rosette da Volpetti e di pagare l’IMU per una casa considerata fiscalmente di lusso. E chi compra una casa in centro non lo fa per destinarla ad affitto turistico perchè un investimento di questo tipo, non sarebbe ammortizzabile neanche dopo quattro generazioni. Nella maggior parte dei casi sono affittacamere o “B&B” e non potrebbero dunque mai essere destinate ad affitti per famiglie e le case che potrebbero essere destinate all’affitto avrebbero costi inaccessibili per chi evidentemente, non può permettersi neanche una rata di un muto per una casa nel Frosinate. In ultimo e tra parentesi, vorrei ricordare che moltissime case in centro erano di proprietà pubblica ed assegnate a famiglie. Famiglie che furono cacciate in nome della disparità di trattamento proprio dalle amministrazioni di sinistra e che furono messe all’incanto, in nome del recupero di fondi da destinare ad edilizia popolare. Edilizia ovviamente, che non è mai stata realizzata ma che anche qui rappresenta un tema che non entra mai in gioco nella discussione.

    Dicevamo i mostri.

    Mostri generati da una rappresentazione distorta dei dati, analizzati senza criterio e tesi solo ad alimentare rivalse da tastiera. Giudizi presunti sugli incassi che ancora una volta non rispecchiano la realtà e ai quali, per dare un significato, bisognerebbe affiancare quelli sul tasso di turnover delle aperture e delle chiusure per comprendere quantomeno, che l’ondata dei grandi ricavi è finita da un pezzo e che attualmente la maggior parte delle attività, sono in perdita. E non paghi del caos generato mescolando over tourism, “b&b” e diritto alla casa, viene aggiunto anche il tema della tassazione delle OTA che però, non ha nulla a che vedere con nessuno di questi temi.

    Mostri alimentati da una decontestualizzazione di comparti enormi, rappresentando tutto come un “giro d’affari”, come appartenesse tutto a una cosca, ad una tenia che divora da dentro come un parassita la vittima di cui è ospite. Il “giro d’affari” si compone di un paniere articolato e fatto di esercizi commerciali, servizi, manifatturiero e artigianato (quegli stessi artigiani che alternativamente e a seconda della necessità narrativa, a volte vengono compianti a volte indicati come prima fonte di evasione fiscale). Il giro di affari sono persone che a 51 anni si ritrovano dopo 30’anni di professione a fare le pulizie e i checkin alle due di notte.

    Mostri che questa mattina si sono materializzati con la promessa di un aumento fino a 25 euro della tassa di soggiorno e che andrebbe a colpire non solo “i francesi che non sanno che farsene dei nostri bidet” o i “maledetti proprietari dei b&b” ma le famiglie, i giovani che viaggiano e chiunque nato a Coccia di Morto, desideri non andare in vacanza a Coccia di Morto. E tassa di soggiorno che peraltro, è solo una tra le componenti dell’enorme quantità di emolumenti che chi ospita, va a corrispondere allo Stato, alle regioni e ai Comuni. Mostri che hanno generato a Bologna la richiesta di una TARI triplicata per le locazioni turistiche oltre che per i “b&b” e delle quali non si capisce il razionale a fronte del tasso di occupazione e di una tipologia di utenza composta sostanzialmente da turisti che che usano prevalentemente i servizi di ristorazione.

    E per quanto si possa tentare di banalizzare le ragioni degli interlocutori con un però “Il gioco vale la candela”, a testimonianza che confondere il problema della casa, dell’over tourism e gli affitti turistici è una operazione sconsiderata, ci sono le pessime condizioni in cui versa il settore immobiliare che nonostante una disponibilità enorme ed una conseguente deflazione, registra un calo delle compravendite del 10% (vi siete mai chiesti come mai nelle foto di moltissimi appartamenti in vendita ci sono gli asciugamani arrotolati sul letto a mo’ di hotel? siete dunque sicuri sicuri che il gioco valga la candela?). Il settore immobiliare – esattamente come in quello dei “maledetti b&B” – è composto di lavoratori, di gente che aspetta in piedi, al sole e al freddo o sotto la pioggia, che entra e esce da appartamenti al sesto piano senza ascensore e che deve lavorare con clienti che si sentono protagonisti di una puntata di “Cortesie per gli ospiti”, che anziché valutare la casa, si soffermano sul gusto dei proprietari nella scelta della biancheria del bagno.

    E sempre a testimonianza che chi esercita questa attività non può non ritenere puramente delatoria e strumentale questa concentrazione mediatica contro i “maledetti b&b” c’è l’incremento spaventoso degli investimenti nel settore alberghiero (dal 2023 ad oggi, Il Bulgari Hotel a Piazza Augusto Imperatore, Palazzo Velabro sui Fori Imperiali, il Six Senses alla chiesa di San Marcello al Corso e il Nobu Hotel a Via Veneto) ai quali corrisponde ovviamente il dominio assoluto nel settore dell’ospitalità – con il 74,5% contro il 14% del l’home sharing e l’11,5% di offerte diverse – ma anche il più totale silenzio da parte di chi invece dovrebbe raccontarne l’impatto e i danni che ne conseguono.

    Contestualmente si possono “schifare” ideologicamente gli introiti incassati dalle amministrazioni dalle locazioni turistiche a patto che si sia disposti anche a trovare soluzioni alternative ad esempio, ai 40 milioni di euro che grazie alle locazioni turistiche sono stati destinati ai contratti di servizio ATAC e alla revisione della Metro C (Relazione performance Comune di Roma, 2023). E si possono “schifare” anche i posti di lavoro generati dalle locazioni turistiche nonché i posti di lavoro dell’indotto prodotti ma sempre a patto che, anziché giocare a sparare ad alzo zero si attuino politiche di sostegno e si ripristinino fondamentali economici tali da poter sostenere un reddito universale ed adeguati ammortizzatori sociali.

    E sinceramente non comprendo, come lavoratore e come presenza assidua che cura la sua piccola attività, in cosa io differisca dal compianto artigiano proprietario della bottega o perchè io debba essere rappresentato come una tenia mentre il negozio di alimentari o il “kebbabaro”, come eroi della resistenza civile del quartiere. O da cosa differisca la mia locazione turistica dagli “affittacamere” rappresentati nell’intera filmografia del nostro paese – senza scomodare Pasolini e Anna Magnani girato proprio al Quadraro basterebbe guardare un qualsiasi film di Totò – sempre descritti come presenze storiche, come punti centrali e vitali dei quartieri. O da cosa differisca la mia attività dai “b&b” che venivano osannati negli anni ’80 e ’90 come alternativa equa e solidale agli alberghi in Inghilterra o da cosa io differisca dal “pescatore” dal quale intere generazioni di viaggiatori “laternativi”, si vantavano di aver affittato la casa per due lire in Grecia.

    Concludendo, avevo scritto questa lettera nella speranza di poter spezzare alcuni luoghi comuni e soprattutto di riuscire a separare gli argomenti e in qualche misura anche per cercare di dare evidenza ad una enorme quantità di lavoratrici e di lavoratori coinvolti e che a causa di questa guerra, cui rischiano di perdere il lavoro. Una lettera che implora alla stampa di uscire fuori da una narrazione stereotipata e che tratti separatamente i fenomeni tenendo ben in conto che nella maggior parte dei casi il profilo tipico del proprietario di un “maledetto b&B” è come il mio, un impiegato che con il TFR maturato dopo 30’anni di lavoro salariato, un mutuo e gli spiccioli guadagnati con il sudore della fronte lasciati dalla madre.

    E si può continuare a fare orecchie da mercante sulla questione della natalità ma se si continua a spingere per la moltiplicazione indiscriminata degli esseri umani, far diventare “virali” i video di Santorini presa d’assalto o di Rialto che rischia di crollare sotto il peso del turisti, l’over tourism è e resterà solo polemica da clickbait. Polemica non solo sterile ma anche alquanto elitaria e non dissimile da quella che continua a vedere i fenomeni migratori come un pericolo e ai quali imputa ogni genere di male.

    E per quanto possa far storcere la bocca, se i sindacati continueranno ad avallare la pratica fantozziana nell’obbligare ad andare tutti in vacanza nello stesso periodo e al consumo delle ferie entro e non oltre i primi sei mesi dell’anno, l'”over tourism” resterà una chiacchera da bar.

    Così come chiacchera da bar resterà parte del problema dell’affitto per studenti se non si capirà che la remotizzazione è cruciale per uscire dalle dinamiche vessatorie degli affitti e chiacchera da bar resterà anche la casa per le famiglie se i sindacati continueranno ad abbracciare – esclusivamente per i propri interessi e non per quelli dei lavoratori- le politiche aziendali volte immotivatamente ad ostacolare lo smartworking (davvero pensate che siano i pulmann il problema e non il 50% dei veicoli che con il lavoro agile potrebbero essere tolti dalle nostre strade? e davvero pensate che il problema sia il turismo e non i 400.000 lavoratori che ogni giorno sono costretti a spostarsi con Trenord?).

    Possiamo anche metterci a discutere a quale categoria del proletariato io appartenga e puntare il dito su ciò che faccio perchè le porte del paradiso del proletariato sono aperte solo a chi affitta con cedolare secca (se volete possiamo aprire il capitolo dei sindacati degli inquilini e della vidimazione della qualsiasi per soli 150 euro di consulenza) ma purchè siate anche pronti a rispondermi mandanomi una lettera con un piccione viaggiatore.

    Perchè signori, ancor prima dei danno provocati dai “b&b”, ci sono quelli energetici e personali provocati dall’utilizzo dei servizi di profilazione di Mountain View di Google Analytics, ai quali non si sotrae neanche Contropiano.

    Detto ciò grazie, vi sono debitore per questo spazio, l’ascolto e perchè grazie ai commenti ora so che posso fregiarmi del titolo di “proletario cencioso”.


  • Joseph

    L’ultimo merlo. Il posto che non c’è più.
    Oltre trenta anni fa acquistai, e ristrutturai, in un piccolo borgo toscano, come seconda casa, un piccolo appartamento semidistrutto nel centro storico. Il paesino non offriva praticamente quasi nulla, a parte alcune attrattive artistiche, ma solo ciò che, proprio per questo motivo, mi attirò: tranquillità e il vivere in un posto magico che mi riportava a cinquanta anni prima.
    Da qualche anno, purtroppo, tale magia mi sembra scomparsa (il merlo è fuggito, e non torna più), grazie (si fa per dire) alla “scoperta” del magico posto che, secondo me, mi sembra che magico non è più, ma è divenuto un posto per turisti attirati da qualcosa che, secondo me, mi sembra non esiste più: mi sembra ormai un posto come tanti altri nel mondo, pieno di sfilate di tavoli nello stretto corso che offrono le specialità culinarie e alcoliche del luogo. Rimangono, per chi interessi, le attrattive artistiche.
    Ragion per cui ho deciso di vendere; ma anche questo è molto complicato per il trasloco perché per le per me, poco digitalizzato, complicate regole on line previste per accedere alla zona ztl per effettuarlo in proprio, oppure con mezzi da me affittati nella mia città di residenza, sarebbe difficile, e temo che una Ditta incaricata dalla mia città di residenza mi farebbe pagare molto per dover attenersi a tali regole; forse una Ditta del luogo che conosce meglio tali regole sarebbe facilitata.
    C’è da dire anche che già due volte a distanza di poco tempo, sembrerebbe, da quanto riportatomi, per evitare i tavoli in questione, il balcone del mio appartamento è stato danneggiato da due automezzi diversi (nonostante le regole che vieterebbero automezzi più alti di tot cm. salvo deroghe) fino ad essere considerato pericolante dalle autorità con ordinanza per le immaginabili conseguenze a mia carico e spesa.
    In America, salvo errori, ho visto dal film “Into the wild” che, se ben ricordo, per percorrere in barca il fiume Colorado che solca il Grand Canyon, occorre attendere una lista d’attesa di tot anni (sei?) o pagare tot mila dollari! Forse per non trasformare una bellezza protetta della natura in una specie di Dysneyland che, con tutto il rispetto dovutogli, altra cosa rappresenta?
    Saluto concludendo con una filastrocca del geniale Gianni Rodari, che aveva visto con decenni di anticipo cosa forse sarebbe accaduto: per quanto mi riguarda il merlo è fuggito, e non torna più!

    P.S. Non sono uno snob radical chic, ma uno che vorrebbe vivere in pace a casa sua.
    L’ultimo merlo.

    C’era una volta
    un paese di là dal mare
    dove si sentiva
    un merlo cantare.
    Non è favola, è verità:
    il merlo era vero,
    cantava davvero,
    fischiava e zufolava
    il giorno intero,
    allegro e giocondo.
    Però era l’ultimo merlo
    rimasto al mondo.

    E la gente venne a sapere
    che in un paese così e così
    c’era un merlo da qui fin qui,
    eccetera eccetera.
    Immantinente
    cominciarono ad arrivare
    da tutte le parti
    in treno, in bicicletta,
    in automobile,
    in corriera e in motoretta,
    rombando e strombettando,
    per essere i primi a sentirlo
    quel magico merlo.

    Naturalmente,
    con tutto quel chiasso,
    non sentirono un bel niente.
    Stanchi e scontenti
    infine si ritirarono.
    Ma il merlo, spaventato,
    era fuggito e non è più tornato.
    E adesso al mondo
    non c’è più un paese
    dove si possa ascoltare
    un merlo cantare.

    Gianni Rodari.
    Da “Il libro degli errori”.


  • simone

    Piccolo update.

    Nonostante ci sia ancora qualche giornalista – evidentemente in ritardo dal rientro delle ferie – che prova a recuperare la fuga in avanti dei suoi colleghi con ennesimi titoli deliranti sull’overtourism (“In giappone a causa del turismo è finito il cibo”), i dati che iniziano ad arrivare dall’ENIT unitamente ai dati raccolti dalle singole regioni, sbatte in faccia a tutti una realtà molto diversa da quella che ha riempito per mesi il refrain sui “maledetti b&b” e sul paese “preso d’assalto dai turisti”.

    La costa adriatica ha registrato il 10% in meno, il Lazio il 5% in meno, la Puglia il 25% in meno, il Cilento il 65% in meno, l’Abruzzo ha lavorato solo nel mese di agosto mentre Toscana, Liguria e Calabria registrano un ritorno ai numeri pre covid ma non li superano (ripeto, pre covid quindi nessuna orda di turisti aggiuntivi rispetto a quello che il nostro paese ha sempre ospitato).

    Personalmente ad agosto a Roma – anche se notoriamente è bassa stagione delle presenze c’erano – io non ho riempito un solo giorno e lo stesso feedback l’ho ricevuto dai “colleghi”. L’unica città che ad oggi vanta un incremento di presenze è Milano (ma che anche i muri sanno essere un caso a parte anche sull’immobiliare).

    E mentre Federalberghi a fronte di questi dati ha già inasprito la sua campagna verso i b&b (un po’ come “gli stranieri che ci rubano il lavoro” o i tassinari contro gli NCC) rilasciando ennesime interviste a destra e a manca, si iniziano a fare i conti con l’enorme gettito perso e con l’indotto che sta andando in grave sofferenza. Indotto la cui composizione – è bene ricordarlo ancora una volta – è fatto, oltre che dai “sempre siano dannati” proprietari di casa, anche dal personale che si occupa delle pulizie, da elettricisti, idraulici, artigiani e produttori agricoli che vengono colpiti duramente da questa manifestazione perpetua di odio verso chi ha la colpa di andare in vacanza anzichè continuare a lavorare nella fabbrichétta del sciùr padrun (d’altronde l’overtourism altro non è che l’operaio o l’impiegato che vanno in vacanza).

    Ma tutti i nodi verranno al pettine e presto, i soldi che non arriveranno dalle tasse di soggiorno così come dall’irpef, verranno presto chiesti a tutti noi. Ivi compresi ovviamente, i giornalisti

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