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La desertificazione del Meridione, sotto tutti gli aspetti

Due sere fa, sul programma Presadiretta, si è fatto un quadro della situazione del Meridione italiano che non può che suscitare un certo grado di sgomento, ma anche di rabbia. La trasmissione si è basata sui dati resi pubblici dagli ultimi studi dello Svimez.

Sappiamo già che è proprio il Sud Italia ad essere maggiormente interessato da quel fenomeno di desertificazione che risale la penisola insieme alla crisi climatica, messa sempre in secondo piano rispetto ai profitti. Ma quest’area ha vissuto anche altre forme di desertificazione.

Quella industriale e manifatturiera, che ha reso impossibile cercare un futuro nel Mezzogiorno. Il governo ha creato una narrazione tossica sulla volontà di costruire una Zona Economica Speciale nel Sud, che rappresenta solamente una misura complementare dell’autonomia differenziata.

Invece di garantire uno sviluppo equilibrato e attento ai consumi collettivi (il che significherebbe anche un miglioramento delle infrastrutture e dei servizi pubblici), a Palazzo Chigi pensano a come trasformare definitivamente il Sud in un terreno di speculazione per le imprese, millantando che ciò ridarà fiato a quest’area abbandonata da decenni.

Ma il dato che più di tutti è stato sottolineato dallo Svimez e poi da Presadiretta è il numero di laureati che è fuggito dal Mezzogiorno. Sono stati circa un milione coloro che, dopo il titolo accademico, se ne sono definitivamente andati dal Sud negli ultimi venti anni.

Le iscrizioni negli atenei meridionali sono crollate, con i giovani diretti verso le università più rinomate del Nord o verso l’estero. L’anno scorso lo Svimez aveva evidenziato come il Sud perdesse circa 40 mila laureati all’anno.

Una dinamica che non è una casualità, ma un vero e proprio “furto” di cervelli – più che fuga -, con una polarizzazione tra istituti di serie A e di serie B costruita ad arte coi meccanismi premiali del Fondo di Finanziamento Ordinario dell’istruzione accademica. E ovviamente una maggiore attrattiva di opportunità e salari da parte dei paesi core della UE.

In generale, sono poi tutte le aree interne a perdere laureati. Negli ultimi vent’anni, oltre 330 mila laureati tra i 25 e i 39 anni le hanno abbandonate, diretti verso i centri urbani, mentre circa 45 mila si sono diretti verso mete straniere: le aree interne hanno perso in media 8 mila laureati l’anno.

Non solo i laureati, ma i giovani nel complesso decidono di andarsene dall’Italia. Negli ultimi due anni sono state 100 mila le persone tra i 18 e i 35 anni che se ne sono andate all’estero, secondo la Fondazione Nord Est (un forum economico presieduto da Confindustria).

Per la Fondazione, inoltre, poiché molti giovani mantengono la residenza in Italia, pur vivendo in un altro paese, il dato sarebbero nettamente sottodimensionato. Si stima che la sua grandezza possa essere tre volte superiore.

Per dare un futuro alle giovani generazioni non basta più la retorica di una classe politica tutta uguale, che continua da decenni con le stesse politiche e che non è mai messa alle strette di fronte al suo fallimento. Serve un’alternativa che tenga di conto dei bisogni dei giovani e dei settori popolari.

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13 Commenti


  • Paccone Carmea

    ho 4 figli laureati a Bologna,ma siamo di sangineto,calabria.2 maschi ingegneri sono all,estero,1femmina a Bolognaed 1 femmina in Sicilia.Cosa avrebbero dovuto fare in Calabria? Ne godono i benefici l,Irlanda e l,Inghilterra


  • Giuseppe

    il colpo di grazia è stato il declassamento della Fiera.del Levante a dimostrazione della nullita’economica del Mezzogiorno d’italia, risolvendo.definitivamente a livello promozionale la questione meridionale..

    Fatta l”italia senza gli italiani ma coi piemontesi lombardi veneto emiliani romagnoli liguri toscani marchigiani ecc che no sono gli italiani di Mazzini, per cui.alla fine ha vinto il Cavour, cioè il francese.


  • Angelo

    Questo paese fa’ schifo,sono 163 anni che si continua a negare i diritti di una parte di paese x avere un surplus dall’altra parte.Grazie a questa politica scellerata,o ad una politica razzista, non so come meglio chiamarla, fallirà anche il nord.Andremo con la Germania o la Francia,e sicuramente andrà meglio x il sud, poiché peggio di così non si può.


  • Antoninociraolo

    la vita non è fatta solo di soldi chi scappa via sogna spesso di tornare


  • Giuseppe Vita

    ben detto, c’ è pure chi non scappa e continua a lottare senza mollare.


  • FRANCESCO ALLEVA

    Sono 163 anni che è nato “il Sud”. Io abruzzese, fedele da sempre al re di Napoli, sono ben conscio di quali fossero i difetti del Regno e che i primi nemici dei duosiciliani sono i duosiciliani: la furbizia dei tutti contro tutti, eredità culturale dei greci e romani, società fondata suila gerarchia clientelare
    Ma siamo stati spolpati come una colonia e adesso l’Italia unita conosce il suo karma, spolpata come una colonia da UE e USA. Buona fortuna a tutti.


  • Lorenzo Tobaldo

    Non è solo questione di possibilità ma anche di qualità del lavoro se a qualcuno interessa. Nemmeno una o due generazioni sarebbero in grado di recuperare il gap sociale, tecnologico e professionale. Declino e desertificazione autoalimentato anche da questo


  • Giuseppe

    salve , ho frequentato il nord per 14 anni, nessuno regala niente, adesso vivo a Sud e posso dire che si vive meglio.
    saluti


  • Beppe Grande

    i cicli cambiano piu velocemente di.quanto pensiamo; magari tra vent’anni la situazione sarà diversa e scriveremo cose diverse . Speriamo !!


  • Domenico d’esposito

    Molti grandi paesi hanno conosciuto la rivoluzione o guerra civile e sono evoluti come popolo. Qui ormai non si parla nemmeno più della questione meridionale
    Noi non siamo una Nazione


  • F. Aloi

    Sono del sud, ho insegnato per 7 anni nel Veneto (nel lontano 1976), mi sono trasferita nel Lazio, dove vivo, quindi conosco tre realtà. Ho trovato molte similitudini di valori, rispetto, educazione, ecc. fra la città del Veneto dove ho vissuto e la mia città. Non posso dire la stessa cosa della cittadina del Lazio dove vivo, bisogna guardarsi da tutte le parti, stare sempre sulle difensive, scegliere le amicizie con le pinze, ecc. Qui il motto è: “Voglia di lavorare saltami addosso”, vedono solo il ‘dio denaro’ (per potersi divertire, ecc.) ma senza alcuno sforzo, infatti, difficilmente accettano posti di lavoro fuori zona (vogliono la vita comoda), mentre i meridionali pur di rendersi indipendenti hanno, da sempre, accettato di emigrare.


  • Ferrara Giovanni

    Questa situazione, voluta e creata dai piemontesi e poi con gli anni dai loro politici, ha avuto il Suo apice negli anni 70 quando, con poco lungimiranza, i nostri politici decisero che il Sud sarebbe dovuto essere solo una sacca di manodopera per il nord. Una volta a fomentare le masse c’era la borghesia erudita oggi è al soldo del potere nell` individualismo più sfrenato. Gli intellettuali oggi annegano in un mare di mediocrità come anche mancano statisti di spessore. La crescita del Sud farebbe bene all’intero paese facendo crescere l’Italia al rango di potenza economica ma la miseria mentale di pochi fa sì che il paese si trascini in un declino inesorabile dovuto ancora alle Corporazioni. Siamo ancora nel Medioevo


  • Angelo Calemme

    Per la prossima volta, è “la” SVIMEZ e non “lo” SVIMEZ. Per il resto, bell’articolo. Grazie.

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