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La secessione reale. Il governo vara la “Zona Economica Speciale unica” nel Meridione

A fianco dell’autonomia differenziata sta marciando un altro processo che porterà alla “secessione reale” del paese.

Indicato già nel Pnrr di Draghi ma sottraendo risorse alle zone interne in via di spopolamento, diventa operativo il progetto di fare nel Meridione una “Zona Economica Speciale”.

Prima concepita per territori (privilegiando quelli in prossimità di porti e aeroporti) e poi in una unica area, la Zes creerà nel Sud del paese le condizioni per attuare il disegno della gabbie salariali differenziando le condizioni di lavoro, salario e previdenziali nel paese. Per molti aspetti si tratta di un progetto perfettamente complementare a quello dell’autonomia differenziata.

Secondo la presidente del Consiglio Meloni, il Piano “è un modello molto diverso dalle logiche assistenzialistiche che abbiamo visto in passato, e che hanno impedito al Sud di dimostrare appieno il suo valore. Il Mezzogiorno – ha proseguito Meloni – ha straordinarie ricchezze e potenzialità, che finora non sono state espresse appieno. Penso alla sua eccezionale posizione geografica, che lo rende una piattaforma naturale al centro del Mediterraneo, ma anche a ciò che rende il Sud famoso nel mondo, in termini di storia, cultura, bellezza, talenti e produzioni di eccellenza”.

Per la presidente del Consiglio “è un mattone in più che noi mettiamo per costruire quel nuovo modello di cooperazione, sviluppo e partenariato con l’Africa che è alla base del Piano Mattei, che il Parlamento sta discutendo in queste ore, e che identifica l’Italia come ponte tra il continente africano e l’Europa. L’obiettivo strategico che ci poniamo – ha proseguito la Meloni– è rendere il Sud un luogo dove sia conveniente investire. Ed è un’occasione alla nostra portata, perché “la Zes Unica del Mezzogiorno sarà la più grande zona economica speciale in Europa per numero di abitanti, e supererà il primato della Polonia, che pure costituisce una buona pratica a livello internazionale”.

In Polonia esistono infatti 14 Zone Economiche Speciali (Specjalne Strefy Ekonomiczne- SSE), istituite con la legge del 20 ottobre 1994 e cioè in piena fase di conquista dell’Est Europa da parte dei gruppi capitalisti occidentali. Le Zes sono state prorogate fino al 2026.

Si tratta di aree territoriali che assicurano sgravi fiscali e altri benefici per le imprese. In Polonia sono prevalentemente localizzate in aree poco abitate, dove gli imprenditori che vi insediano l’attività possono beneficiare di aiuti pubblici. L’ordine di grandezza delle agevolazioni alle imprese cambia di regione in regione: in alcune (Lubelskie, Podkarpackie, Podlaskie, Warminsko-Mazurskie) le agevolazioni per le piccole imprese raggiungono il 70%, mentre per le grandi aziende l’abbattimento della tassazione è del 50 per cento. In altre zone le agevolazioni sono più contenute: del 45% per le piccole imprese e del 25% per le grandi aziende (Dolnoslskie, Wielkopolskie, Slskie) oppure rispettivamente del 35% e del 15% per Varsavia (fino a 2017; successivamente passeranno al 30% e al 10%).

Altri elementi di indubbio interesse per le imprese è ovviamente “un costo del lavoro che resta ancora competitivo rispetto ai Paesi occidentali specialmente per quanto riguarda la manodopera qualificata”.

Standard sociali differenziati tra le regioni, agevolazioni fiscali e contributive per le imprese, differenziazioni salariali. Più chiaro di così!!

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1 Commento


  • Sergio Binazzi

    tutti hanno contribuito a privatizzazioni selvagge di tutto ciò che era possibile vendere o cedere a multinazionali o altri stati. chissà che vogliano vendere anche il meridione? tra vendite e autonomie differenziate può darsi che ci sia il ritorno ai granducati e alle repubbliche marinare? chi vivrà vedrà si diceva.

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