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Siria: forze in campo e possibili scenari

Le premesse della caduta di Assad

La Siria baathista si è presentata, al 7 ottobre 2023 e alla successiva guerra sionista su più fronti, in una condizione duplice e contraddittoria: regime sanzionatorio massimo, di tipo “cubano”, potremmo dire, accompagnato, all’opposto, da una crescente rilegittimazione internazionale.

Il Caesar Act, ovvero le sanzioni USA attive dal 2020, ha sostanzialmente vanificato ogni sforzo di ricostruzione del paese, mettendolo, di fatto, fuori dal mercato mondiale, compresa la Cina, con cui gli interscambi sono rimasti minimi (la Cina, infatti, non s’impegna a fondo in un quadro d’instabilità bellica e in un quadro sanzionatorio che rischia di colpire negativamente anche i soggetti che partecipano ad interscambi con il soggetto sanzionato, come nel caso del Caesar Act). Ciò ha deteriorato i servizi sociali, che prima della guerra erano molto avanzati in rapporto al contesto, ha abbattuto il potere d’acquisto degli stipendi e favorito processi corruttivi a tutti i livelli. Si aggiunga, poi, che gran parte dei terreni fertili e delle risorse minerarie erano sotto controllo Forze Democratiche Siriane/USA, il quadro era drammatico. Il paese dipendeva totalmente da Russia e Iran ed aveva disperato bisogno di importare capitali per ricostruire.

Parallelamente, la Siria usciva, apparentemente dobbiamo dire ora, dall’isolamento regionale e internazionale, venendo riammessa ufficialmente nella Lega Araba1 (in cui, a onor del vero, ha svolto una seria funzione di denuncia della natura intrinsecamente coloniale del sionismo e critica durissima agli altri paesi arabi per l’inazione sostanziale di fronte al genoidio2) e normalizzando le relazioni diplomatiche con molteplici paesi (l’Italia, in questo era all’avanguardia fra i paesi occidentali3). È probabile che la leadership siriana abbia fatto troppo affidamento su questo stato di cose, ritenendo di aver scongiurato definitivamente il pericolo del cambio di regime.

Per affrontare il problema delle sanzioni, la scelta è stata iniziare delle trattative con gli Emirati Arabi e l’Arabia Saudita affinché intercedessero con gli USA per alleviare il regime sanzionatorio. Il contenuto delle trattative è sconosciuto, tuttavia, è emerso che alla fine gli USA pretendessero, in cambio, una presa di distanza pratica dall’Asse della Resistenza e l’assunzione di una postura più marcatamente anti-iraniana (come il Baath iracheno, del resto); quest’opzione è stata messa sul piatto tramite gli Emirati Arabi Uniti, fino a pochi giorni prima della caduta4.

La Siria, tuttavia, non ha mai ottemperato a queste condizioni, a maggior ragione dopo il 7 ottobre; tuttavia, si è limitata a partecipare in un ruolo più di secondo piano, nell’ambito dell’Asse della Resistenza, alla guerra regionale, non aprendo, ad esempio, nessun fronte sul Golan, nonostante i continui bombardamenti israeliani sul proprio territorio. La Russia, infatti, non utilizzava i sistemi antiaerei contro l’aereonautica sionista e, in più, l’esercito non era ritenuto idoneo a difendersi in una guerra su vasta scala come quella affrontata dal Libano. In più, ovviamente, vi erano i jihadisti dietro le linee che controllavano parte del paese.

Pertanto, la Siria si limitava a rimanere una piattaforma logistica per l’Asse della Resistenza.

Un punto di frizione con l’Iran e la Russia è stato il rifiuto di Assad di rispondere alle richieste di Erdogan di normalizzare i rapporti diplomatici; si ricordi che Iran, Russia e Turchia erano partner nel cosiddetto formato di Astana, che aveva determinato la stabilizzazione della situazione per quasi cinque anni. In cambio della normalizzazione con la Turchia, venivano chiesti alla Siria una serie di compromessi con le milizie filo turche presenti ad Idlib, una serie di concessioni economiche nell’area di Aleppo e la collaborazione militare contro le Ypg/Ypj5.

Le forze che ne hanno determinato la caduta

A fine novembre, così, da Ankara vengono rotti gli indugi e il giorno dopo il raggiungimento della tregua in Libano (in maniera da non far apparire l’operazione come sfacciatamente favorevole a Israele), parte l’offensiva delle milizie presenti ad Idlib, enclave jihadista che funzionava di fatto come una dependance economica e territoriale della Turchia.

Le forze in campo, come noto, sono Hayat Tahrir al-Sham (ex Al-Nusra, ramo di Al-Qaeda in Siria) ed il Syrian National Army, più organicamente legato alla Turchia, entrambe milizie multinazionali di estrazione integralista sunnita.

Vari fattori dimostrano che l’operazione militare era in preparazione da molto tempo.

Innanzitutto, i miliziani mettono in campo uniformi e mezzi militari nuovi, dotazioni di carburante sufficiente, linee logistiche solide, grande dotazione di droni e tattiche militari simili a quelle ucraine6.

Inoltre, i capi di HTS si presentano con un’immagine diversa da quella di guerriglieri islamisti cui si era abituati a vederli, sono sin dall’inizio capaci di trattare con i media occidentali e di parlare in maniera rassicurante nei confronti delle minoranze.

Infine, un’infernale macchina mediatica a loro favore, messa in moto dai media del Qatar come Al-Jazeera, Middle East Eye e Middle East Monitor, evidentemente già predisposta da tempo, entra in azione a pieno giro sin dal primo giorno, rinverdendo la retorica della “rivoluzione siriana” e dei “crimini inenarrabili del regime”.

Così, quella che, forse, era pensata per essere un’offensiva con lo scopo di indurre Assad ad effettuare i compromessi che non aveva voluto effettuare con mezzi diplomatici, si trasforma nel giro di pochi giorni in un’operazione di regime change completo: la gran parte dei reparti militari abbandona senza combattere, lasciando indietro le armi; solo i reparti d’elite delle ex -Forze Tigre oppongono resistenza.

I primissimi giorni di offensiva, l’aviazione russa e quella siriana intervengono a supporto dell’esercito siriano, dopodiché abbandonano anch’esse.

Dopo la caduta di Aleppo, Hama ed Homs entrano in scena anche altre milizie, quelle delle province di Quneitra, Daara e As-Suweida, non estremiste, ma realmente moderate, che negli anni precedenti si erano riappacificate col regime. Tali forze, scarsamente armate, hanno avuto un ruolo puramente momentaneo e decorativo, atto a promuovere i vertici di HTS come a loro volta moderati, pluralisti e affidabili.

Nel contempo, il Syrian National Army non entra mai a Damasco, ma rivolge immediatamente le proprie armi contro le Forze Democratiche Siriane, sottraendo loro Manbij e tenendole sotto minaccia costante, in vista di una resa dei conti che prima o poi dovrà arrivare, in un senso o nell’altro.

Il post-caduta

Al culmine una serie di eventi scioccante e sconvolgente per il mondo intero, appena 48 ore dopo essere stato tranquillamente a colloquio col Ministro degli Esteri iraniano al centro di Damasco, Assad fugge prima nella base russa di Khmeimim, sul Mediterraneo, per poi giungere a Mosca (costretto dalla Russia, secondo quella una dichiarazione attribuita a lui uscita qualche giorno dopo sui profili social arabi della Presidenza Siriana7). Da allora è cominciata una “damnatio memoriae” più o meno generalizzata, proveniente anche da ambienti politici, diplomatici e militari afferenti al regime baathista, dettata in parte dal “si salvi chi può”, in parte dall’essersi “venduti” al nemico.

Volendo essere scevri da analisi che contemplano grandi complotti o grandi accordi internazionali preventivi, le quali non aiutano affatto nel valutare la reale portata dell’evento, ma alla fin fine la minimizzano (perché era “tutto deciso a tavolino”), si può affermare che le condizioni di debolezza interna date principalmente dal regime sanzionatorio, la corruzione dei vertici militari e l’inflessibilità rispetto a compromessi con la Turchia, il Qatar e l’odiatissima Fratellanza Musulmana siano state ragioni plausibili della caduta del più che sessantennale regime baathista. Rendendo vani, per altro, più di 150mila morti nell’esercito siriano e suoi alleati nel corso di 14 anni, nonché un investimento di risorse massiccio da parte di Russia e Iran.

Al suo posto, HTS si trova a controllare tutta la cosiddetta “Siria utile”, ovvero le aree urbane più popolate.

La nuova leadership è praticamente la trasposizione su un territorio molto più ampio della leadership della sacca di Idlib, con l’aggiunta di funzionari di nazionalità turca, altro che l’inclusività millantata. Quindi, nei fatti, si tratta di uno staterello dipendente dalla Turchia nell’erogazione servizi essenziali, a partire dalla fornitura di energia elettrica, dall’emissione di moneta e dalla stampa dei documenti8.

I nuovi sedicenti capi mettono immediatamente in chiaro le principali linee di discontinuità rispetto ai predecessori: ci sarà un’economia di libero mercato9, in contrapposizione al precedente ordinamento definito socialista – sebbene la natura socialista del baathismo avesse basi debolissime sin dall’inizio, a causa della sottostante struttura sociale tribale, e fosse stata sostanzialmente erosa dalla caduta dell’URSS in poi – inoltre, le organizzazioni palestinesi non potranno più operare sul suolo siriano10 e tutte le truppe dell’asse filo iraniane dell’Asse della Resistenza, a partire da Hezbollah, dovranno lasciare il paese11.

Sostanzialmente l’imperialismo USA e gli altri attori regionali reazionari ottengono in pochi giorni quello che non erano riusciti ad ottenere in anni e anni di guerre e trattative col regime precedente.

Tuttavia, questa è condizione necessaria ma affatto sufficiente per ricevere gli aiuti e la legittimazione internazionale che le nuove autorità si attenderebbero. Così, il regime sionista coglie la palla al balzo per sfogare le sue attitudini espansioniste che la Resistenza Palestinese e Libanese non hanno consentito di sfogare altrove, e rosicchiare, così, territori in Siria. Tali aree, per lo più a maggioranza drusa, si estendono a poche decine di chilometri da Damasco e nei pressi di aree di confine libanese non fortificate da Hezbollah. Inoltre, l’aviazione di Tel Aviv ha effettuato bombardamenti massicci sulla flotta navale, sugli aerei da guerra, sugli aeroporti e sui depositi di armi siriani, in una campagna senza precedenti, per evitare che tutto il materiale finisca nelle mani della Turchia.

A questa violazione, che pregiudica, di fatto la ricreazione di uno stato siriano, HTS reagisce con dichiarazioni che sono un misto di subalternità, tentativi di rassicurazione e panico12 13.

L’obiettivo sionista più ambizioso potrebbe essere quello di creare un “cantone druso” nell’ambito di una Siria federata o balcanizzata e di insediarvi qualche colonia. Ma senz’altro, aver ottenuto una Siria strappata all’appoggio dell’Asse della Resistenza e alla libertà di operare per le organizzazioni palestinesi, con la prospettiva concreta di rinverdire gli “accordi di Abramo”, costituisce comunque di per sé un risultato positivo per Israele.

I paesi arabi vicini, come Egitto e Giordania, assieme ai teorici sconfitti dal cambio di regime, ovvero Russia e Iran, cercano di fare buon viso a cattivo gioco per provare a salvare il salvabile, ben sapendo di avere pochi margini. Così hanno cessato di definire HTS “terroristi” e aprono a forme di riconoscimento. La Russia cerca di conservare una presenza residua nelle aree del mediterraneo, complice anche i legami economici e militari storici con la Siria, che non possono essere cancellati con un tratto di penna. L’Iran, invece, non può ottenere nulla.

Da notare che, nonostante ciò, Russia e Iran hanno subito, senza opporvisi, la voce grossa della Turchia nei loro confronti durante gl’incontri del formato di Astana risalenti ai giorni subito precedenti alla caduta, e continuano a non portare alcuna rimostranza decisa nei confronti di Ankara. Quasi ci fosse un accordo fra loro, violato da Assad, affinché la Siria scendesse ai compromessi di cui sopra con Ankara.

Fa eccezione l’Ayatollah Kamanei, che si è già dissociato da ogni forma di apertura rispetto alla Siria post-baathista, differenziandosi anche dal proprio governo14.

Tutta questa serie di prese di posizioni non ostili, accanto al clima mediatico positivo volto ad accreditarne la “buona condotta” e l’inclusività rispetto alle minoranze delle nuove autorità, nascondendo le atrocità commesse dai miliziani “in libera uscita”, hanno creato inizialmente un clima positivo, che però non può durare a lungo.

La Turchia, infatti, nel dare il proprio appoggio diplomatico e materiale essenziale, ha già messo in chiaro di aspettarsi tolleranza nei confronti delle Ypg/YpJ15 e punta ad ottenere una Siria unita, non federata, sotto il proprio tallone.

Ypg/Ypj

Le milizie curde, per il momento, tengono. Dopo essere giunte, in cooperazione con le altre Forze Democratiche Siriane (alleanza di creazione statunitense che include milizie tribali di vario tipo non sempre affidabili16), a controllare quasi il 40% del territorio nazionale in concomitanza con la defezione delle varie unità delle truppe governative in fuga in Iraq, si sono dovute attestare sulle posizioni precedenti, perdendo, come detto, soltanto Manbij.

Dopo aver beneficiato dell’inflessibilità di Assad nei confronti della Turchia e, contemporaneamente, aver contribuito in maniera decisiva a farlo cadere grazie al controllo, per conto degli USA, delle risorse petrolifere, ora, di fatto, sono rimasti isolati rispetto alle mire turche; resiste ancora l’appoggio americano che, seppur fra molti tentennamenti, ha permesso di ottenere un cessate il fuoco provvisorio con il Syrian National Army.

Gli USA sono spinti anch’essi dalla preferenza per una Siria decentralizzata, per non dire balcanizzata, piuttosto che per uno stato unitario, ma il timore è che l’amministrazione Trump possa cambiare le carte in tavola, preferendo venire incontro ad Ankara e spingendo per un ritiro. Gli elementi apicali dei militari americani di stanza in Siria, tuttavia, sembrano determinati a resistere e mantenere le posizioni17, creando un potenziale conflitto con la nuova amministrazione.

Al momento, i vertici politici dell’autonomia curda fanno anch’essi buon viso a cattivo gioco: hanno enunciato l’adesione entusiasta alla “rivoluzione siriana”, ne hanno fatti propri i vessilli, esplicitando l’intenzione di volersi integrare18.

Intanto, la Turchia, per evitare una nuova operazione militare diretta (che verrebbe, eventualmente, camuffata da richiesta di aiuto militare da parte delle nuove autorità), chiede che i combattenti non siriani delle Ypg lascino il paese19 e che i vertici si dimettano, integrando tutti gli altri combattenti nel nascente nuovo esercito siriano. Nel mentre, cerca di spingere affinché Ocalan, dal carcere, chieda la loro dissoluzione20.

Da parte loro, i vertici delle Ypg, per evitare il conflitto, cercano anche la mediazione della Russia21 e delle fazioni curde in buoni rapporti con la Turchia22 e si giocano due carte fondamentali per indurre gli USA a non ritirarsi: il controllo delle risorse petrolifere e il controllo dei campi di prigionia in cui sono stipati decine di migliaia di combattenti dell’Isis. Una deflagrazione bellica nell’area di questi campi, infatti, provocherebbe una fuga di massa dai miliziani.

È possibile, se non probabile, che alla fine dovranno accettare qualche forma di mediazione pesante, o mettendo a rischia il sistema confederale o, magari, qualora si giunga ad un punto d’incontro fra USA e Turchia, dovendo condividere il potere nella regione del nord-est con altre forze curde filo-turche, come il PDK di Barzani. Il che snaturerebbero l’ispirazione originaria del Rojava. Molto dipenderà dalle decisioni di Washington ed Ankara.

L’Asse della Resistenza

Chi ha subito un colpo micidiale è stato, ovviamente, il cosiddetto “Asse della Resistenza”, che ora deve andare ad una ridefinizione complessiva della sua strategia e corre un rischio esistenziale; ovvero corre il rischio che le varie formazioni, statuali e non statuali, che lo compongono, comincino ad operare in ordine sparso e sulla base di politiche settarie e particolaristiche, facendo venire meno la sintesi che veniva praticata sul terreno comune della lotta all’imperialismo USA e al sionismo.

Inoltre, il fatto stesso di essere riusciti a portare a termine un cambio di regime in maniera quasi insperata, sta già ringalluzzendo una serie di soggettività filoamericane in tutta l’area mediorientale.

L’Iran, con il nuovo Presidente Pezeshkian, era già di per sé portatore di istanze più improntate al dialogo con l’Occidente rispetto al suo predecessore e, quindi ad investire meno nell’Asse della Resistenza23. Ciò ha spinto all’escalation a più riprese Israele, specialmente dopo la mancata risposta all’uccisione di Haniyeh. Le vicende siriane rischiano di rafforzare queste tendenze, nonostante l’Ayatollah Khamenei vi si opponga.

La Resistenza Palestinese, dal canto suo, dovrà definire molti dei suoi meccanismi organizzativi e rischia di dividersi di nuovo. Il Jihad islamico24, il FPLP, il FPLP – CG, assieme ad altre organizzazioni, specialmente di stampo laico e di sinistra, avevano le proprie dirigenze oppure centri decisionali importanti basati in Siria, dove era consentito loro anche di possedere arsenali e campi di addestramento.

Anche Hamas ha usufruito a lungo di tale condizione, salvo schierarsi con l’insorgenza islamista nel 2011, per poi giungere ad una riconciliazione25, in particolare su iniziativa di Yayah Sinwar e la dirigenza di Gaza26. Dopo la caduta di Assad, è subentrata di nuovo la dirigenza all’estero, legata alla Turchia e alla Fratellanza Musulmana; pertanto, sono tornate le dichiarazioni entusiaste nei confronti della fantomatica “rivoluzione siriana”27. Anche le altre organizzazioni palestinesi, comunque, mantengono un approccio prudente nei confronti del nuovo status quo, non esprimendosi apertamente in opposizione alla nuove autorità e cercando di salvare il salvabile.

Una prima conseguenza diretta che già sta subendo la Resistenza Palestinese è il rinnovato attivismo della filoamericana Autorità Nazionale Palestinese, che non si vedeva e non si sentiva da mesi: non pare affatto casuale la tempistica dell’operazione militare contro il campo di Jenin, in concomitanza con i giorni della caduta di Assad, tanto da configurarsi come continuazione della lotta contro la Resistenza Palestinese in corso in tutta l’area mediorientale.

Anche Hezbollah sta tenendo un atteggiamento prudente e pragmatico nei confronti delle nuove autorità siriane, ma ha subito danni potenzialmente catastrofici concernenti sia la logistica dell’approvvigionamento di armi dall’Iran, sia la propria proiezione regionale. Intervenendo in Siria nel 2012, infatti, l’organizzazione della Resistenza Libanese si era proiettata al di fuori dei propri confini e aveva aumentato il proprio prestigio. Ora, dovrà probabilmente dare maggior peso agli equilibri interni del Libano, anche nel rapporto con l’esercito nazionale, che si sta dispiegando nel sud, dando corso alla risoluzione 1701/2006. Andranno, inoltre, trovate nuove strade e nuove soluzioni rispetto all’approvvigionamento di armi.

Intanto, sempre sul fronte degli equilibri interni, è arrivato il primo effetto pratico negativo: è stato eletto un Presidente della Repubblica, il generale Joseph Aoun, sostenuto da mesi dagli USA e da sempre ostacolato da Hezbollah28. Ovviamente quest’ultimo non ha il potere di scalfire in maniera sostanziale la funzione della Resistenza, ma si tratta in ogni caso di un cambiamento in negativo.

In conclusione, la caduta della Siria ha dato vita ad un turbinio di eventi tesa a ridefinire gli equilibri in chiave pro-imperialista. I 14 mesi di guerra totale precedente non erano riusciti a dar vita ad un tale circolo virtuoso per l’imperialismo.

La nuova Resistenza in Siria

Man mano che si abbassa la polvere alzata nei primissimi giorni dopo l’8 dicembre 2024 dall’operazione di restyling della leadership di HTS, ecco che Al-Golani & company si mostrano per quello che sono, ovvero bande salafite non dissimili ai loro predecessori che in Afghanistan combatterono contro il locale governo socialista.

Oramai i media del Qatar non riescono più a nascondere le atrocità commesse dalle milizie, assurte al rango di esercito ufficiale, nei confronti delle minoranze; ancora meno efficaci sono le dichiarazioni rassicuranti ed inclusive dei nuovi sedicenti ministri, specie se poi dall’archivio vengono estratti video raffiguranti la loro partecipazione ad esecuzioni sommarie29.

Le minoranze più esposte sono i cristiani e, soprattutto, gli alawiti, cui appartiene Assad e che abitano prevalentemente nelle province che si affacciano sul Mediterraneo (dove lo stesso Assad si era rifugiato inizialmente, forse per provare a restarvi e non uscire completamente di scena) e nella provincia di Homs.

Dato che queste le aree appaiono come le più compromesse col regime precedente, per i loro abitanti, fra l’essere colpiti perché ritenuti colpevoli dei “crimini ordinati da Assad” e l’essere colpiti solo perché appartenenti ad una minoranza, il passo è brevissimo. Ecco che, dunque, le bande jihadiste hanno buon gioco a scatenarsi, camuffando le loro violenze settarie in “operazioni di polizia”. Sotto torchio sono anche i membri del disciolto esercito, che in parte le nuove autorità cercano di riciclare30 per non perderne le armi, in parte vengono colpiti.

Si moltiplicano, così, prevalentemente sui social31 32, le testimonianze delle angherie commesse dal regime qaedista, con omicidi di civili, maltrattamenti, sequestri; stesse pratiche di quando HTS si chiamava Jabhat Al-Nusra.

Tali azioni non rimangono, però, senza risposta. Permane, soprattutto nelle montagne della provincia di Latakia, ma anche nei pressi di Damasco ed in altri zone, una guerriglia portata avanti dalle ex Forze Tigre e altri reparti di elites del disciolto esercito siriano, i cui quadri intermedi non hanno mai lasciato il paese, dopo aver combattuto fino in fondo HTS, e dispongono ancora di armi pesanti e pickup. È con tali dotazioni che si mostrano soprattutto sui social33 34, rilasciano dei comunicati firmati “Fronte di Resistenza Siriana”35 e rivendicano delle azioni militari, anche di grande entità, contro HTS.

Quest’ultima, alla fine, ha dovuto riconoscere di aver subito perdite in alcune imboscate di questi guerriglieri36 e sta tentando di sradicarli37.

I media vicini all’Ayatollah Khamenei, che, come detto, continua a considerare “terrorista” la nuova leadership siriana, hanno dato spazio a questa resistenza38, accreditandola come l’embrione della riorganizzazione dell’Asse della Resistenza in Siria e come quella “gioventù siriana che si solleverà e alla fine vincerà” invocata ripetutamente dallo stesso Khamenei nei suoi discorsi39, incurante degli equilibri diplomatici. Ciò gli ha provocato accuse d’interferenza in tutto il mondo arabo40.

Altro punto di resistenza rispetto ad HTS è dato da un’area politica composta da forze comuniste, laiche e di sinistra, in precedenza sia alleate al Baath (ad esempio il Patito Comunista Siriano Unificato), sia all’opposizione di quest’ultimo, che cercano di riorganizzarsi in una contingenza difficilissima41.

Possibili convergenze si vanno delineando42 fra tale area politica e alcune forze delle province meridionali a maggioranza drusa che, da un lato, si stanno opponendo alle avanzate sioniste43, dall’altro si rifiutano di consegnare le armi alle nuove autorità e rifiutano un ordinamento islamista44. Si parla di quelle milizie che, durante gli anni guerra si erano riconciliate col regime baathista, per poi unirsi all’avanzata di HTS all’ultimo momento, in maniera evidentemente non proprio convinta.

Conclusione

La caduta del regime baathista, avvenuta in maniera sorprendente per tutti gli attori internazionali, rappresenta un ritorno dell’epoca dei regime change unilaterali, tipici degli anni ’90 e dei primi anni ‘2000, che sembrava essere definitivamente alle nostre spalle. Un esito così rovinoso è stato sicuramente dovuto all’incapacità dello stesso baathismo di riformarsi adeguatamente, ma è anche addebitabile all’incapacità da parte dei paesi del “blocco asiatico” che si fanno alfieri di un nuovo ordinamento multipolare, di cui la Cina è capofila, di sapere difendere e coprire adeguatamente le necessità vitali di un anello debole della propria catena. Il fatto stesso che il regime sanzionatorio unilaterale estremo decretato dagli USA abbia sortito gli effetti sperati rappresenta un precedente pericolosissimo per Cuba, il Venezuela e altri paesi volessero sganciarsi dal dominio imperialista da un punto di vista socialista, in quanto incoraggia l’imperialismo a proseguire sulla via dei blocchi economici.

Al momento, l’infrastruttura economico/finanziaria alternativa messa in campo dai BRICS non sembra ancora adeguatamente sviluppata per non determinare blocchi drammatici nei confronti dei paesi sanzionati in maniera estrema.

1 https://www.reuters.com/world/middle-east/syrian-president-assad-receives-invitation-attend-arab-league-summit-bahrain-2024-03-26/

2 https://www.youtube.com/watch?v=isf-7q-j_4A

3 https://www.reuters.com/world/italy-appoints-ambassador-syria-turn-spotlight-country-foreign-minister-says-2024-07-26/

4 https://www.reuters.com/world/us-uae-discussed-lifting-assad-sanctions-exchange-break-with-iran-sources-say-2024-12-02/

5 https://contropiano.org/news/internazionale-news/2024/12/05/liran-si-confronta-col-rompicapo-siriano-0178222

6 https://www.kyivpost.com/post/43117

7 https://www.marx21.it/internazionale/le-dichiarazioni-ufficiali-di-bassar-al-assad-da-mosca/

8 https://www.dailysabah.com/politics/new-syrian-ids-passports-to-be-printed-in-turkiye/news

9 https://www.reuters.com/world/middle-east/syrias-new-rulers-back-shift-free-market-economy-business-leader-says-2024-12-10/

10 https://contropiano.org/news/internazionale-news/2024/12/14/siria-hts-sloggia-la-resistenza-palestinese-e-apre-ad-israele-0178496

11 https://www.youtube.com/watch?v=_4cLykRb1-A

12 https://www.timesofisrael.com/syrian-islamist-leader-says-rebel-groups-to-be-disbanded-minority-rights-protected/

13 https://www.jpost.com/middle-east/article-835106

14 https://www.presstv.ir/Detail/2024/12/12/738937/Leader-addresses-Syria-situation?ht-comment-id=21594063

15 https://ilmanifesto.it/le-unita-di-difesa-popolari-curde-devono-sciogliersi-o-verranno-sciolte

16 https://syriadirect.org/protests-and-sdf-defections-discontent-simmers-in-eastern-deir-e-zor/

17 https://www.twz.com/news-features/u-s-reportedly-setting-up-new-base-in-northern-syria

18 https://www.rudaw.net/english/middleeast/syria/121220242

19 https://www.newarab.com/news/non-syrian-kurdish-fighters-leave-if-turkey-truce-agreed

20 https://contropiano.org/news/internazionale-news/2025/01/01/ocalan-incontra-parlamentari-di-sinistra-e-non-chiede-la-smobilitazione-del-pkk-0178974

21 https://en.topwar.ru/256663-lider-sirijskih-kurdov-my-poprosim-rossiju-vystupit-posrednikom-v-primirenii-s-turciej.html

22 https://www.kurdistan24.net/en/story/815295/mazloum-abdi-calls-for-kurdish-unity-in-syria

23 https://www.mei.edu/publications/pezeshkian-new-york-and-khameneis-moment-truth

24 https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/che-cose-il-jihad-islamico-palestinese-152841

25 https://jusoor.co/en/details/situation-assessment-restoration-of-relations-between-hamas-and-the-syrian-regime

26https://x.com/resistance_sa/status/1862214951957327949

27 https://safir.af/en/2024/12/12/khalid-meshaal-congratulated-assads-fall/

28 https://www.reuters.com/world/middle-east/lebanese-lawmakers-start-voting-new-president-2025-01-09/

29 https://video.corriere.it/esteri/siria-il-ministro-della-giustizia-al-wais-sotto-accusa-per-un-video-del-2015-che-autorizza-l-esecuzione-di-due-donne/f70aebd2-92f6-4b83-82b2-dfd99238fxlk

30 https://www.aljazeera.com/program/newsfeed/2025/1/8/former-assad-military-officers-reconcile-with-syrias-new-authorities

31 https://x.com/CoastSyrian24

32 https://x.com/klcMesutklc/status/1877117731851427983

33 https://www.youtube.com/shorts/NTsU7oMo3vk

34 https://www.youtube.com/shorts/vvRjpU3koNM

35 https://kayhan.ir/en/news/135309/syrian-resistance-front-declares-war-on-hts

36 https://www.bbc.com/news/articles/c0ew5g3vzreo

37 https://www.youtube.com/watch?v=cMPwWHnxta0

38 https://kayhan.ir/files/en/publication/pages/1403/10/10/3022_24127.pdf

39 https://english.khamenei.ir/news/11339/Syrian-youth-will-prevail-in-the-end

40 https://thearabweekly.com/criticism-mounts-iran-rejects-accusations-interference-syria

41 https://contropiano.org/news/internazionale-news/2024/12/22/siria-i-ceti-laici-e-la-sinistra-provano-ad-organizzarsi-0178705

42 https://en.snc-sy.org/a-delegation-from-the-snc-meets-with-sheikh-al-hijri/

43 https://www.middleeasteye.net/news/top-syrian-druze-leader-condemns-israeli-invasion

44 https://manage.rudaw.net/english/middleeast/syria/050120255

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