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SME, euro, moneta elettronica: tre strumenti di dominio dell’imperialismo UE

Dopo il fallimento del Serpente Monetario, nel 1979 venne creato il Sistema Monetario Europeo (SME), di cui facevano parte Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Italia, Irlanda, Belgio, Olanda, Danimarca e Lussemburgo.

Alla riunione del FMI in Giamaica, durante la quale fu imposto il sistema di fluttuazione commerciale del prezzo delle valute (il suo prezzo in altre valute nazionali che servono come mezzo di pagamento internazionale, ovviamente), la Germania, e con essa il resto dei membri del mercato comune, si dimostrarono determinati a mantenere una stabilità monetaria tra di loro, altrimenti sarebbe stato impossibile instradare il mercato comune nella direzione di un mercato unico. Per questo, nel 1978 venne lanciato un nuovo meccanismo istituzionale, il Sistema Monetario Europeo nato a seguito di una risoluzione del Consiglio Europeo del 5 dicembre 1978 con due obiettivi fondamentali: stabilizzare i tassi di cambio per correggere l’instabilità esistente e aiutare a controllare l’inflazione.


Nel 1987 venne introdotta una rigidità di cambi maggiore e per questo il sistema venne chiamato nuovo SME, ma ci furono delle divergenze che videro la Germania e la Francia protagoniste: la Germania già nel 1989 chiedeva una rivalutazione del marco necessaria dopo l’unificazione tedesca tramite inflazione o tramite un apprezzamento rispetto alle altre monete. Nel 1991 fu firmato il trattato di Maastricht che stabiliva le modalità con le quali si sarebbe attuata l’unificazione monetaria, ma durante gli accordi ci furono diverse opposizioni. Questa situazione espose nel 1992 le valute europee ad attacchi speculativi: gli operatori cominciarono a vendere lire e sterline per acquistare marchi.


L’ECU era in realtà una valuta composita (o paniere di monete), costituita da determinate percentuali di ciascuna delle valute partecipanti stabilite sulla base del contributo del rispettivo paese al PNL e agli scambi della Comunità.

Servì come mezzo di pagamento e riserva delle banche centrali. Le funzioni dell’ECU erano di fungere da unità di conto per il calcolo del bilancio nella Comunità europea, come mezzo di pagamento e riserva delle banche centrali e come quantità di riferimento nel sistema dei tassi di cambio. Il Fondo Europeo di Cooperazione Monetaria (FECOM): fu creato nell’ottobre 1972 con funzione di facilitare gli interventi sui mercati valutari, effettuare le liquidazioni tra le banche centrali e gestire le linee di credito a breve termine associate allo SME. Sebbene nessuna valuta sia stata designata come ancora, il marco e la Bundesbank tedeschi divennero ben presto il centro dello SME. A causa della loro forza relativa e delle politiche di bassa inflazione della banca, tutte le altre valute furono costrette a seguire il suo esempio per rimanere all’interno del sistema.


Ma il problema principale della gestione dello SME derivava dalla formazione parallela di un immenso mercato finanziario globale basato proprio sulla gestione mercantile dei prezzi del denaro: il tasso di interesse (prezzo nel tempo) e il tasso di cambio (prezzo nello spazio). Le riserve comuni delle banche centrali dello SME erano solo una frazione della liquidità fittizia (contropartita del capitale fittizio che costituisce la maggior parte delle attività finanziarie): nel 1992 le riserve ufficiali dei paesi collegati allo SME ammontavano a circa 400 miliardi di dollari, 100 miliardi in meno dei prestiti internazionali concessi dalle banche. Nello stesso anno, le transazioni effettuate in prodotti finanziari derivati basati su valute, effettuate in valute regolate ammontarono a 15 milioni di transazioni del valore di quasi 100 miliardi di dollari al giorno.


Lo SME ha avuto breve durata: 1978-1992. A malapena quindici anni, il che non dovrebbe sorprendere se si ricordano i tempi di stabilità dei sistemi monetari dopo il Gold Standard: due decenni sono più che sufficienti per mettere fuori combattimento il sistema di cambio sterlina-oro o il sistema di Bretton Woods, per non parlare della breve esistenza del Gold Standard rinato nel periodo tra le due guerre: effettivamente meno di un decennio. Questa instabilità monetaria dei sistemi regolamentati era una delle idee alla base della proposta di trasferire al mercato il compito di fissare il tasso di cambio.


D’altro canto, la messa in moto dello SME portò alla luce le prime contraddizioni tra Stati Uniti ed Europa. Va ricordato che al momento del lancio del mercato comune, una delle condizioni imposte dagli Stati Uniti era l’abolizione del sistema di compensazione dei pagamenti in vigore in Europa negli anni ’50, che era stato essenziale per rilanciare il commercio intraeuropeo, senza dover ricorrere a una grande quantità di liquidità (riserve). E i paesi europei accettarono, tendenzialmente senza grandi problemi. Ma successivamente, venti anni dopo, esisteva un progetto specifico del capitale europeo, il mercato unico, e ciò richiedeva stabilità che già si sapeva non poter essere garantita dal mercato. La nascita dell’ECU significava quindi un principio di indipendenza iniziale delle capitali europee rispetto al dollaro USA.


Il trattato di Maastricht entra in vigore nel 1993. Unifica i precedenti accordi (CEE, CECA, CEEA), e rappresenta il momento al quale si fa risalire la nascita dell’Unione Europea vera e propria. Esso si fonda su tre pilastri: l’unificazione dei precedenti accordi, politiche interne, politiche estere e sicurezza. Viene ratificato il Consiglio Europeo come organo decisionale riguardo alle politiche interne all’Unione Europea e vengono indicati i requisiti che i paesi devono soddisfare per far parte della moneta unica, al fine di risanare i bilanci e ridurre l’inflazione (rapporto PIL deficit ≤ 3%, rapporto tra debito pubblico ≤ 60%, tasso di inflazione ≤ 1,5% e un tasso di interesse ≤ 2% rispetto alla media dei tassi dei tre paesi più virtuosi, e un’assenza di fluttuazioni della valuta negli ultimi due anni di permanenza nello SME).


Nel 1997 viene ratificato il patto di Stabilità e di Crescita che può essere visto come una prosecuzione del trattato di Maastricht; infatti, prevede delle sanzioni per i paesi che, facenti parte dell’Unione Monetaria, non rispettino i vincoli di bilancio del precedente trattato. Le sanzioni sono composte dallo 0,2% del PIL più una parte che può arrivare fino al 10% della somma eccedente il 3%. Non si possono applicare sanzioni maggiori dello 0,5% del PIL. La BCE presiede il sistema europeo di banche centrali e l’Eurosistema: il primo è composto da tutte le banche centrali dei paesi aderenti all’Unione Europea, il secondo esclusivamente dai paesi che hanno adottato l’euro, e che quindi adottano anche una politica monetaria comune.


Nel 1999 vengono fissati ufficialmente i cambi delle valute nazionali con l’euro, prendendo a riferimento l’ECU in maniera tale che valesse un euro, e che quindi il cambio euro-valuta nazionale fosse in relazione al cambio in ECU.
2. Il passaggio dalla lira all’euro è considerato come un’operazione logistica di enormi dimensioni, iniziata il 16 dicembre 1995, giorno in cui il nome della moneta è stato scelto, per terminare il 28 febbraio 2002, quando le vecchie banconote nazionali hanno cessato di essere moneta legale.


Ovviamente, l’introduzione dell’euro, sia in Italia che negli altri paesi aderenti, ha implicato delle trasformazioni profonde nel sistema dei pagamenti di cui abbiamo detto.
Nel 2000 assistiamo in Europa anche alla nascita della prima disciplina in fatto di monete elettroniche, che le definiva: «un valore monetario rappresentato da un credito memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso dopo la ricezione di fondi che sono almeno pari al valore monetario emesso. Questa forma di moneta è accettata come mezzo di pagamento da imprese diverse dall’emittente».


La moneta elettronica, dunque, andava a sostituire la banconota o il contante e veniva registrata dall’utente su una sorta di registro elettronico in suo possesso; non era necessario, pertanto, effettuare registrazioni sul conto di un soggetto che fungeva da intermediario. La moneta elettronica può essere emessa soltanto da poste, banche e dagli istituti di moneta elettronica (IMEL), gli intermediari avviati a partire dal 2000. Inoltre: «gli emittenti non possono mai consegnare più moneta elettronica di quanti sono i fondi ricevuti dal cliente; i fondi devono essere depositati presso una banca o investiti in titoli prontamente liquidabili».
Comunque, le riforme attuate negli anni 2000, hanno proposto sicuramente un nuovo modello dove operatori, diversi da quelli tradizionali, potevano finalmente contribuire nelle offerte di servizi di pagamento totalmente all’avanguardia. Tuttavia, negli anni successivi, a causa di un aumento spropositato non tanto della concorrenza degli operatori, quanto delle nuove tecnologie sempre più avanzate, la competizione si è accesa con innovazioni che hanno cooperato alla nascita di servizi nuovi all’interno dell’industria finanziaria.


Nel 2010 l’Eurozona deve confrontarsi con la crisi del debito sovrano, che tra l’altro si è sviluppata perché prima della crisi, il settore privato risultava massimamente indebitato, mentre a seguito della crisi il settore pubblico si è posto come intermediario finanziario contraendo una quantità enorme di debiti, contribuendo a stabilizzare il debito privato. In alcuni paesi (Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna) questo debito ha raggiunto una dimensione insostenibile.


Ma di nuovo, nel 2011, la crisi del debito sovrano è riscoppiata in Spagna e in Italia con il rischio di contagio per altri paesi europei ed è stato riattivato il SMP. Alcune politiche hanno anche aumentato la necessità di liquidi delle banche, provocando una stretta creditizia che si è cercato di contrastare con altri provvedimenti.
Durante tutta la crisi le emissioni di liquidità sono state ingenti, e purtroppo, nonostante ciò, attualmente ci si trova in una situazione in cui le banche, nonostante abbiano la possibilità di concedere prestiti grazie alle notevoli emissioni di liquidità, preferiscono risparmiare e non concedere credito. In questa maniera le politiche della BCE risultano inefficienti poiché non si riesce a trasmetterle all’intero sistema economico.


Ma anche negli USA il giocare sulla liquidità ha effetti fortemente condizionanti sull’andamento dell’economia reale non solo nazionali, ma di manipolazione di risultati internazionali. La Federal Reserve (FED) è la banca centrale degli Stati Uniti. Nacque ufficialmente nel 1913 e incominciò ad operare nel 1916, composta da una banca centrale a Washington e diverse banche regionali. È definita come una struttura privata e indipendente dal governo, poiché le sue decisioni non sono ratificate da nessun organo esecutivo o legislativo. Principalmente le sue funzioni sono: stabilire la politica monetaria nazionale utilizzando gli strumenti delle politiche monetarie già elencati, al fine di ottenere una stabilità dei prezzi; controllare e regolamentare le banche al fine di assicurare la stabilità del sistema bancario e la tutela dell’economia e dei consumatori; arginare il rischio sistemico dei mercati finanziari e mantenerne la stabilità, fornire servizi di tesoreria per il governo nazionale e i governi stranieri.
La Federal Reserve principalmente opera attraverso le manovre del tasso di sconto (corrispondente al tasso di rifinanziamento marginale europeo, però al contrario di questo che viene fissato al di sopra del tasso di mercato, quello americano viene determinato sul mercato, dopo che la FED abbia stabilito un valore di riferimento).


A seguito della crisi del 2008 anche la FED ha adottato delle politiche monetarie non convenzionali. Uno dei programmi è il Quantitative Easing, ovvero un programma di acquisto di titoli su larga scala. Contemporaneamente le banche centrali possono aumentare la base monetaria, poiché non c’è sterilizzazione della moneta come invece avviene in Unione Europea. La sterilizzazione della moneta è un «intervento compiuto dalla banca centrale al fine di assorbire, tramite operazioni di mercato aperto compensative, le variazioni della base monetaria realizzate con interventi sul mercato estero, e necessarie allo scopo di stabilizzare il corso internazionale della valuta. La sterilizzazione della moneta, in sintesi, si propone di isolare il canale estero ed interno di creazione della base monetaria».


In questo modo si cerca di influenzare il mercato per mantenere il tasso d’interesse interbancario desiderato, ma come per la BCE, anche la FED non è riuscita a diminuire la contrazione del credito. Infatti, la liquidità fornita alle banche è stata utilizzata per speculazioni finanziarie piuttosto che per concedere credito ai consumatori e alle imprese. Più controversi sono gli studi che hanno cercato di valutare l’impatto delle QE sull’inflazione.

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