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Sanzioni come guerra civile: il costo umano della pressione economica degli Stati Uniti

Le sanzioni economiche vengono spesso descritte come alternative “pacifiche” alla guerra. Eppure, per milioni di persone in paesi come l’Iran e il Venezuela, esse rappresentano una guerra combattuta con altri mezzi. Queste sanzioni, guidate principalmente dalla politica estera statunitense, hanno devastato i sistemi sanitari, fatto lievitare i prezzi dei generi alimentari e sconvolto la vita quotidiana. Non si tratta di semplice pressione economica, ma di una forma di guerra civile mirata a smantellare il tessuto sociale delle nazioni.

In Iran, anni di sanzioni statunitensi hanno gravemente limitato l’accesso ai farmaci. Human Rights Watch riferisce che i pazienti affetti da cancro, epilessia e altre malattie croniche affrontano regolarmente carenze che mettono a rischio la loro vita. Sebbene esistano esenzioni umanitarie sulla carta, le sanzioni secondarie – che penalizzano banche e aziende straniere per aver trattato con l’Iran – hanno portato a un eccesso di conformismo. Il risultato? Anche le importazioni legali di medicinali vitali vengono bloccate.

Come ha osservato un oncologo di Teheran: «Abbiamo le conoscenze per curare i nostri pazienti, ma non gli strumenti. Le sanzioni hanno trasformato cure semplici in missioni impossibili». Un caso tragico è quello di Armin, un bambino di 7 anni affetto da emofilia, la cui famiglia non è riuscita a ottenere un fattore di coagulazione essenziale. «Il farmaco esiste», ha detto sua madre, «ma nessuno osa venderlo all’Iran». Armin è morto per complicazioni prevenibili, vittima di questo assedio silenzioso.

In Venezuela, gli esperti delle Nazioni Unite hanno definito la situazione una «catastrofe umanitaria». Gli ospedali mancano di forniture di base e milioni di persone sono fuggite a causa del collasso economico. Nel 2020, il relatore ONU Alfred-Maurice de Zayas ha dichiarato: «Le moderne sanzioni economiche e i blocchi sono paragonabili agli assedi medievali».

Queste politiche non esercitano pressione solo sui governi, ma corrodono intere società. Le restrizioni bancarie paralizzano gli aiuti umanitari. L’inflazione e la scarsità di cibo indeboliscono la coesione civile. Le industrie locali crollano sotto il peso dell’isolamento. Questa non è diplomazia: è guerra economica camuffata da linguaggio legale.

Persino all’interno del pensiero liberale, queste sanzioni appaiono contraddittorie. Pensatori come Locke e Smith hanno enfatizzato lo scambio volontario e i diritti inalienabili, principi che vengono minati quando le sanzioni colpiscono intere popolazioni. Nella pratica, le sanzioni trasformano il “libero mercato” in un’arma strategica brandita dalle potenze dominanti per punire dissenso e disobbedienza.

Questa contraddizione rivela una verità più profonda: le sanzioni non sono solo strumenti di politica estera, ma rappresentano il tradimento del liberalismo da parte dei regimi che affermano di difenderlo. Quando l’Occidente impone punizioni economiche che privano i bambini delle medicine o le famiglie del cibo, mina le fondamenta morali della sua stessa filosofia politica.

Eppure, la resistenza continua. I paesi sanzionati stanno stringendo nuove alleanze: l’Iran approfondisce i legami con Cina e Russia, il Venezuela riceve aiuti energetici dagli alleati. Nel Sud del mondo, si alzano sempre più voci contro la punizione collettiva.

Nel 2023, oltre 200 organizzazioni hanno esortato l’ONU a occuparsi del costo umanitario delle sanzioni. Gruppi come Code Pink hanno protestato a Washington contro l’“economia d’assedio”, che danneggia più i civili che gli Stati.

È significativo che, con i recenti sviluppi politici – come la caduta del governo Assad in Siria – il dibattito globale sulle sanzioni stia entrando in una nuova fase. Se in passato le sanzioni statunitensi, come il Caesar Act, hanno ostacolato la ricostruzione e gli aiuti, il futuro rimane incerto. Quel che è chiaro, però, è che l’uso delle sanzioni come strumento di dominio deve essere esaminato criticamente, sia nella pratica che nei principi.

Colpire una nazione può servire obiettivi strategici a breve termine. Ma quando quell’isolamento priva un bambino dell’insulina o condanna un paziente a morire senza cure, diventa qualcosa di molto più oscuro. Non è più politica: è crudeltà sistematizzata.

Le sanzioni devono essere riconosciute per quello che sono: guerra economica. E come in tutte le guerre, le loro vittime meritano giustizia.

* da Globetrotter

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