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Quel treno per Reggio Calabria

Un paio di anni dopo, per cercare – inutilmente – di impedire l’arrivo di decine di migliaia di operai provenienti dal nord per una manifestazione, otto bombe furono fatte esplodere lungo i binari nella sola notte tra il 21 e il 22 ottobre.

Stavolta, almeno, non ci sono state esplosioni. Semplicemente, il ministro dell’economia ha platealmente abbandonato la conferenza stampa di palazzo Chigi in cui si doveva magnificare la «scossa all’economia» decisa dal governo. Ed è salito su un convoglio insieme a Luigi Angeletti e Raffaele Bonanni, i suoi sindacalisti «compici» preferiti (ricordiamo sempre che l’aggettivo va addebitato a Maurizio Sacconi, il pasdaran della distruzione dei sindacati).

Giulio Tremonti sa meglio di tutti che quella «scossa» – che non prevede finanziamenti – non serve a nulla. Salvo la minaccia di rovesciare di segno l’art. 41 della Costituzione, quello che limita la «libertà d’impresa» entro confini vaghi precisi: «Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Come ha spiegato a tutti il «modello Mirafiori», quei limiti non sono più tollerati dall’impresa in cerca di competitività.

I maligni hanno subito notato che «la fuga» di Tremonti dalla conferenza stampa significava due cose: «non ci metto la faccia» su provvedimenti economici inefficaci anche dal punto di vista imprenditoriale e «non ci metto la faccia» sul più che prevedibile tourbillon di domande su Ruby, escort, cocaina e scontro istituzionale con magistrati, Corte Costituzionale e – dietro l’angolo – con il Quirinale.

Ok, ma perché mettersi in viaggio con Bonanni e Angeletti? Perché questo sopralluogo sulle infrastrutture di trasporto al Sud, lui «ministro del Nord» come e più di Bossi?

Lasciamo da parte il ridicolo della «straordinaria puntualità» dell’illustre convoglio (forse l’unico arrivato in orario, su quella tratta, negli ultimi anni) e proviamo a capire il «senso» di questa triade in viaggio.

C’è nell’aria odore di «piano B». Il centrodestra sta seguendo militarmente Berlusconi nel suo scontro finale con la magistratura. Ma nessuno che sia dotato di cervello, lì dentro, può scartare l’ipotesi che stavolta il satiro di Arcore possa esser finito su un binario minato. Se cade, come potrebbe quel blocco sociale e di potere sopravvivere al big bang? Come evitare di dilaniarsi tra fughe in avanti leghiste e propositi revanchisti di «poteri meridionali» messi a dieta dal federalismo?

Ecco allora che i due sindacalisti di regime diventano quasi indispensabili. Loro sono ancora alla testa di organizzazioni di massa, per quanto sfibrate e ormai ridotte a fornitrici di servizi (dall’assistenza fiscale al clientelismo «di sopravvivenza» sui posti di lavoro). Loro, forse, possono ancora avere un ruolo di sutura a destra tra pulsioni territoriali divaricanti.

Ultima notazione simbolica: una carrozza di seconda classe sembra davvero una location profetica per far le prove di sopravvivenza di un blocco reazionario senza più Berlusconi.

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