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M’hanno rimasto solo!

Ascoltando la Marcegaglia ci è sembrato proprio di sentire la gag di Vittorio Gassman nel celebre film “I soliti ignoti”

Passato, però, il primo momento emotivo e ragionando sui fatti, sorgono spontanee alcune domande. Ad esempio alla FIAT è rimasto solo Marchionne, sostenuto dalla CISL, dalla UIL, dal Governo e Sacconi, da Fassino oppure i lavoratori ricattati e “mazziati” vista l’emigrazione oltre oceano decisa dalla FIAT e l’andamento di mercato della ex casa torinese? La stratosferica evasione fiscale delle imprese a fronte della tagliola ineluttabile delle tasse del lavoro dipendente è un caso oppure c’è la complicità della politica che non ha certo “lasciato soli gli imprenditori”? L’enorme trasferimento di ricchezza operato tramite i tagli alla spesa sociale dal settore pubblico a quello privato non è forse una “solidarietà” forzata verso la nostra borghesia un po’ parassitaria? Potremmo continuare con le domande retoriche ma il penoso appello fatto dalla presidente della Confindustria nasconde un paio di verità.

La prima è quella di una classe incapace di sostenere la competizione internazionale e quella europea. La scelta di ripiegare sulla dimensione parassitaria e “bollettara” a spese del bilancio pubblico e dei servizi, quella di pensare in modo miope che il piccolo è bello potesse andare molto lontano cioè l’idiozia del “Made in Italy”, le privatizzazioni e lo smantellamento dell’industria e delle banche pubbliche hanno portato all’aumento dei profitti ma anche all’imbolsimento di una borghesia nazionale incapace di sostenere le sfide che oggi vengono dalla “loro” competizione globale.

Questo smottamento prima culturale, poi economico e produttivo e quindi sociale, ben rappresentato dal livello indecente raggiunto dalla politica e dai mezzi di comunicazione, non riguarda solo la parabola di Berlusconi, ormai privo di una qualsiasi prospettiva credibile, ma anche il centrosinistra che ha fatto negli anni passati da mallevadore di questa situazione. La incapacità di sostenere la competizione economica nasce soprattutto dalla svendita delle imprese di Stato, cosa che la Germania e meno ancora la Francia non hanno fatto, ma che il nostro centrosinistra dal 1995, in fotocopia alla ideologia liberista americana, ha promosso con convinzione.

L’altra verità è che per tentare di recuperare il terreno perso, la Confindustria ritiene che occorra superare la parentesi berlusconiana chiamando tutte le forze all’unità per affrontare la crisi che si prospetta pesante per i nostri capitalisti di tutte le risme. Le sensibilità a questo appello sono molteplici, la prima è quella del presidente, guerrafondaio, della repubblica Napolitano. Poi troviamo in prima fila il PD con le salmerie, cioè gli alleati che seguiranno, i centristi, la CISL e la UIL e infine la CGIL che dopo lo sciopero del 6 Maggio rilancerà la concertazione e il patto sociale come ha denunciato Rinaldini dalle pagine del Manifesto.

L’unico elemento certo di questa situazione è che comunque a sostenere i costi di questo, improbabile, rilancio saranno ancora una volta i lavoratori dipendenti ed i settori sociali più deboli. Siamo di fronte ad una crisi di egemonia della nostra borghesia sulla società italiana e ad una estraneità dell’Unione Europea verso gli interessi di un paese posto ormai alla periferia dei centri di potere effettivo della nuova dimensione continentale. Una condizione questa che può divenire la premessa per il rilancio dell’iniziativa politica della sinistra anticapitalista ed alla ricostruzione di una rappresentanza politica dei settori subalterni del nostro paese. E’ un treno che non si può perdere ancora una volta.

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