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Primi appunti post-elettorali

Il Pd non esiste – se non lì dove rappresenta un blocco di potere consolidato come a Torino, ma sempre meno a Bologna, o l’unica alternativa provvisoria – e Vendola nemmeno (fuori dalla Puglia).

Ritrova un po’ di fiato la Federazione della Sinistra, almeno lì dove può stare in una coalizione più ampia e giocare la residua attrazione del simbolo senza possibilità di “far danni”; altrimenti il “voto utile” (un dato acquisito del comportamento elettorale, ormai) la schiaccia tra gli irrilevanti. Tutto il malpancismo a metà strada tra qualunquismo e giustizialismo “progressista” ha mollato la sirena vendoliana e per ora si accontenta di “pompare” la meteora grillina o quella di De Magistris.

E’ l’immagine di un paese senza bussola né punti di riferimento solidi, senza progetti-paese, in balia dei caciccati locali; ma stanco dei fondali di cartone, capace di reagire per ora solo nei puri limiti della contestazione elettorale. La realtà della crisi morde e brucia i consensi al piazzista di Arcore, ma non fa emergere altri “fari”.
E’ un paese ancora nel pieno della confusione interclassista; anzi, completamente incapace di uno sguardo diverso dal mainstream. Ma in cui diventa visibile l’insofferenza. Che fa fatica a trovare forze, idee, visioni. La “voglia di cambiare” è tutta trattenuta negli argini degli schemi acquisiti, ma il “bipolarismo con l’obbligo di andare al centro” smotta vistosamente. Se non saranno cambiati i sistemi elettorali, però, l’articolazione degli interessi farò molta fatica a definirsi (facendo prevalere la necessità di “intrupparsi” in coalizioni eterogenee).

Ma è finita l’era Berlusconi, anzi è l’inizio della sua fine. E questo cambia molto. Non va affatto sottovalutato.
Prevedibile l’esplosione a breve – forse addirittura immediata – dell’ultima alleanza rimastagli (la Lega non può restare a farsi logorare); il fronte politico “si deve” rimescolare e l’irruzione di Confindustria in campo, tramite Montezemolo e qualcun altro, contribuirà a rideterminare gli schieramenti mettendo un nuovo “aggregatore di poteri” al centro della melassa impazzita (i caciccati locali in cerca di nuova bussola). Avremo un’orgia di “nuovo” senza una sola novità, se non la ricetta di Confindustria come pensiero unico “per uscire dalla crisi”.

In compenso, la materialità degli interessi diversi non sarà più accantonabile “perché bisogna cacciare Berlusconi”. L’interclassismo perbenista vince questa mano, elimina “il mostro” (nel senso classico dell’elemento “bizzarro e deformante”) e apre la possibilità di cominciare a distinguere sulla barca tra timonieri e rematori.

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1 Commento


  • Marco Pellegrini

    Ma insomma, si può sapere come è andata “Napoli non si piega”? Nessuno ne parla…

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