L’efficace metafora ce l’ha suggerita un nostro collaboratore bolognese. Nella morra cinese si combattono carta, forbice e sasso, Ognuno dei tre ha la possibilità di sconfiggere sicuramente uno dei competitori. Applichiamo alla carta il fattore speculazione finanziaria, alle forbici le politiche di abbattimento del debito e al sasso la recessione e proviamo a giocare.
Alcuni dicono che per sconfiggere la speculazione (la carta) occorre tagliare con decisione il debito pubblico degli stati (e usano le forbici) ma una volta tagliata la carta, scopriamo che essa aveva avvolto il sasso (la recessione) e dunque le forbici si spuntano, perdono efficacia e addirittura perdono contro il sasso. Si riparte allora con il tentativo di sconfiggere il sasso (la recessione) avvolgendolo nella carta (dando soldi alle banche e alimentando la speculazione), ma questo produce un aumento del debito pubblico degli stati i cui titoli vengono accentrati dalla speculazione finanziaria, allora bisogna tagliare la carta con le forbici, ma ecco che le politiche di rigore di bilancio producono ulteriore recessione. Si potrebbe giocare all’infinito, ma se i parametri sono sempre questi, non vince nessuno, la situazione si avvita più profondamente e precipita in una crisi senza soluzioni.
Quanto sta accadendo soprattutto all’interno dell’Eurozona somiglia moltissimo a questo micidiale gioco a perdere per lavoratori, pensionati, disoccupati, ceti medi.
Il rinvio del vertice trilaterale tra Monti, Merkel e Sarkozy che doveva tenersi a Roma, ci dicono che è stato causato dal “nervosismo” del presidente francese perché alla vigilia delle elezioni presidenziali ha scoperto di essere in calo di popolarità, downgradato da Standard &Poor’s e con scarso ritorno pubblictario – sul piano interno – della sua partecipazioni ai vertici internazionali. Si trattava di fare un favore di immagine a Monti, ma questi non sono tempi per dettagli di cortesia.
Altri osservatori invece insistono sull’ipotesi che sia stata la rigidità della cancelliera Merkel a rendere inservibile il vertice a tre di Roma. Anche la Merkel è preoccupata dai sondaggi elettorali e intende mantenere il vantaggio adottando la linea dura dei banchieri e degli esportatori tedeschi, che dicono nein a tutte le proposte di condivisione degli oneri nell’affrontare la crisi nell’area euro. Quindi la Germania non si scosta di un millimetro dai diktat che impongono rigidità nei bilanci pubblici ai governi dell’eurozona, anche se questo (lo sottolinea addirittura Standard&Poor’s) precipita gli stessi paesi nella recessione.
Si direbbe che la Germania stia lavorando ad una svalutazione competitiva dell’euro rispetto al dollaro, e per farlo deve “stressare” i paesi dell’eurozona. Ma lo stress non può arrivare oltre un certo limite (anche per la Grecia), perché l’economia tedesca si è enormemente avvantaggiata con l’introduzione dell’euro ed ha bisogno estremo dell’eurozona. Lo hanno compreso bene i capitali finanziari legati al ciclo dell’economia statunitense che periodicamente scatenano i loro killer delle agenzie di rating, speculando proprio sui margini di incertezza di questo stress dell’eurozona. Ma anche le agenzie, a questo punto, temono di ammazzare l’asino su cui campano, e hanno quindi “avvisato” la Merkel: con il solo rigore, senza “crescita”, l’Europa intera non si risolleva. E la Germania rischia.
Il problema che sta emergendo con drammatica evidenza è che la “classe dominante”, in Europa, non sembra essere adeguata alla partita della competizione globale. Il rischio è che continuino a giocare a morra cinese nella crisi. Per la quale non sembra esserci soluzione, in base ai parametri con cui si gioca.
Occorre quindi cambiare completamente le regole del gioco, a cominciare dal ripudio delle misure antipopolari di rientro dal debito pubblico, riaffermando la nazionalizzazione delle banche come primo e necessario passo per rompere i denti alla speculazione finanziaria.
Si può fare? Si deve fare. In fondo, altrove si è già fatto!
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