Sono un segnale da cogliere e volgere tutto in positivo quegli applausi dai balconi e dei lavoratori dell’ospedale alla manifestazione di Napoli contro il vertice della Bce.
Sono il primo sintomo della possibile empatia e del riconoscimento dei propri interessi tra i settori popolari e le soggettività politiche che indicano con chiarezza chi sia il nemico, chi è il responsabile delle lacrime e del sangue che vengono spacciate per misure necessarie.
L’essersi riconosciuti in un corteo che pure i mass media avevano abbondantemente e preventivamente criminalizzato seminando allarmismo, conferma che l’aver indicato chiaramente chi sia il nemico è fondamentale. Era accaduto anche lo scorso 28 giugno a Roma con la manifestazione contro l’apertura del semestre europeo e i diktat dell’Unione Europea. La composizione di classe di quel corteo rivelava che pezzi di società – in particolare i lavoratori pubblici e delle fabbriche – erano più che disponibili ad una mobilitazione più “politica” che sindacale contro quella che oggi il senso comune proletario e popolare individua come il problema e non come la soluzione: l’Unione Europea.
Anche a Napoli, la manifestazione che è arrivata a ridosso della sede del vertice, metteva sotto accusa la Banca Centrale Europea che della Ue è l’architrave, tanto che sia Draghi che Trichet nella loro lettera del 5 agosto 2011, mettevano nero bianco che le priorità erano l’attacco al lavoro, le privatizzazioni, tagli ai servizi sociali.
Emerge allora che la battaglia frontale per rompere l’Unione Europea e per sottrarsi ai diktat dei suoi trattati e delle sue istituzioni (inclusa e non esclusa l’Unione Monetaria), può avere una grande forza di ricomposizione sociale e di politica tra pezzi della società e realtà della sinistra antagonista.
Non solo. Imbracciare questo percorso di rottura con decisione, strapperebbe o comunque contrasterebbe efficacemente l’influenza dei fascisti e della Lega, cioè della destra reazionaria che blatera contro i “poteri forti” e l’euro ma si mobilita solo contro i poveracci, cioè gli immigrati.
La rottura dell’Unione Europea e finanche la fuoriuscita di uno o più dei paesi massacrati dai diktat della Troika, per delineare uno spazio europeo alternativo a quello delle oligarchie, ha obiettivamente una sua capacità di indicare una prospettiva alternativa all’esistente o al ritornello consolatorio che l’Ue si possa cambiare dall’interno.
Questa discussione ad esempio ha accompagnato il dibattito nel percorso di Ross@ che domenica formalizzerà la sua ipotesi di movimento politico anticapitalista con la sua assemblea nazionale a Bologna. Il dibattito ha sciolto alcuni di questi nodi giungendo alla sintesi della rottura dell’Unione Europea (e della Nato vista la crescente tendenza alla guerra) come elemento fondativo e strategico di Ross@.
L’errore sarebbe quello di vedere questa posizione come un elemento di mera discussione tra le varie posizioni nella sinistra. Non è e non vorrebbe essere questo. La rottura dell’Unione Europea e l’antagonismo frontale con questo apparato delle classi dominanti, ha dimostrato di poter trovare consensi, simpatie e attenzioni nei settori popolari che solo l’organizzazione e il conflitto possono trasformare in prospettiva politica. Di questo si tratta e gli applausi di Napoli alla manifestazione contro la Banca Centrale Europea ne rivelano un sintomo interessante.
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