La leadership del capitalismo del dopo Trump potrebbe parlare tedesco. Sono in molti oggi a scrutare dietro e intorno la visita di congedo di Barak Obama in Germania. La visita avviene, tra l'altro, nei giorni in cui la cancelliera Merkel ha fatto sapere di volersi ricandidare al governo. Osservatori acuti come Danilo Taino sul Corriere della Sera non nascondono affatto l'impressione che con la visita di Obama "il mantello di difensore della libertà e dei valori occidentali passerà alla leader tedesca". Insomma un cambiamento epocale non indifferente, per l'Europa sicuramente ma anche per le relazioni internazionali nel loro complesso.
"Trump costringe l'Unione Europea a guardarsi nello specchio", commenta Adriana Cerretelli sul Sole 24 Ore. Un'assunzione di responsabilità nella leadership dell'occidente che pone la Germania al centro, ma trascina con sè l'intera Unione Europea.
A conferma di questo possibile passaggio di testimone dagli Usa "trumpizzati" alla Germania dominus sull'Unione Europea, c'è la notizia di una sorta di supervertice a Berlino in occasione della visita di Obama. Sono infatti stati invitati Hollande, Renzi, Rajoi, e anche Theresa May, per la Gran Bretagna del dopo Brexit. Insomma le principali potenze europee converranno nella capitale tedesca e non certo per una commovente cena di commiato con Obama.
E' ormai evidente da anni come la competizione globale prima, e il picco di crisi del 2007 poi, abbiano accentuato le contraddizioni dentro le borghesie imperiali. Uniti come mai contro i lavoratori, i vari segmenti delle classi dominanti sono stati squassati e ridefiniti piuttosto bruscamente. Alcuni sono andati giù, perdendo posizioni e peso, perchè troppo legati a mercati interni depressi; altri invece hanno aumentato il loro peso proprio perchè più internazionalizzati, dunque perfettamente inseriti nella dimensione globale della competizione e degli apparati creati per gestirla.
Questo scontro è stato ben visibile nelle accelerazioni impresse dentro l'Unione Europea (di cui l'adozione l'euro è stato un fattore decisivo), che ha lasciato morti e feriti non solo tra i lavoratori e le classi popolari. E' evidente che una parte dei sentimenti antieuropeisti – come emerso con la Brexit – rappresentino anche questo tipo di contraddizioni.
Ma con l'elezione di Trump, lo scontro tra i segmenti del capitalismo più multinazionalizzati e quelli legati alla crescita o depressione dei mercati interni, si è fatta più detonante, soprattutto perchè ha avuto l'epicentro negli Stati Uniti, conferendogli così un riflesso internazionale di enormi proprozioni.
Lo stallo negli Usa indebolisce la leadership globale esercitata fino ad oggi e richiede che qualcun altro provi a prendere in mano questa fase di incertezza, di evidente transizione di fase storica.
Le ripercussioni erano già visibili neanche troppo sottotraccia nei mesi scorsi. All'indomani della Brexit britannica, l'Unione Europea aveva tolto il freno a mano e proceduto rapidamente nella definizione di un progetto comune in materia politico/militare. Su questo terreno occorre sottolineare che entro dicembre 2016 verrà definito il piano di attuazione dell'Eugs, ovvero la Strategia Globale dell'Unione Europea presentato a giugno da Lady Pesc, Federica Mogherini, in coordinamento con i quartieri generali di Bruxelles. Contestualmente si riunirà il coordinamento tra la Nato e il Seae ossia il Servizio Europea per l'Azione Esterna.
Inutile dire che su questa accelerazione nella definizione delle ambizioni e delle responsabilità globali dell'Unione Europea, un ruolo centrale lo avrà la Germania. Anche sul piano militare e strategico. Lo scorso 13 luglio è stato pubblicato il nuovo "Libro Bianco" della Bundeswehr (la Difesa tedesca). Questa edizione ha aggiunto alla politica mondiale tedesca ulteriori e più ambiziosi obiettivi rispetto a qualsiasi altro documento scritto in precedenza.
"L'orizzonte della politica di sicurezza tedesca è globale", è scritto esplicitamente nel documento, che annuncia al mondo: "Berlino, in considerazione della sua forza economica, politica e militare" intende contribuire a "plasmare attivamente il nuovo ordine mondiale". La Repubblica Federale è pronta non solo "a presentarsi nel dibattito internazionale come una forza decisiva e pragmatica", ma anche ad "assumere la leadership nella politica internazionale". Le ambizioni della politica di Berlino non si riferiscono solamente alle rotte commerciali globali su acqua, terra o in aria, ma anche "alla cibernetica, all'informazione e a allo spazio".
Un articolo scritto a quattro mani da due responsabili della Difesa tedesca, su German Foreign Policy, ritiene che le ambizioni politiche espresse nel “Libro Bianco” sono ormai di carattere globale e in futuro dovranno essere messe in pratica e riempite di dettagli. Secondo i due dirigenti tedeschi anche l’UE si trova davanti ad una nuova fase di militarizzazione: sotto la guida tedesca, ormai apertamente proclamata, diversi capi di stato e lo stesso commissario europeo Juncker si sono pronunciati a favore della creazione di un esercito europeo.
Ormai dobbiamo dircelo con franchezza: non c'è ambizione di leadership globale senza gli strumenti per attuarla. L'aria che si respira in Europa e che spira da Berlino è questa. Prima se ne diventa consapevoli e meglio è. Ragione in più per cercare di mettersi di traverso al consolidamento del polo imperialista europeo e dei suoi apparati.
Rompere e uscire dall'Unione Europea non è un atto di egoismo nazionalista (come nei vaneggiamenti fascioleghisti), ma è un tentativo concreto di inceppare una macchina pericolosa per le popolazioni europee e per l'umanità.
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