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Il suicidio politico del M5S

Tanto tuonò che piovve. Dopo aver logorato da dentro e da fuori il suo governo, Salvini ha rotto gli argini ed è andato alla carica aprendo la crisi.

Che l’obiettivo dichiarato sia quello di mettere a capitale i sondaggi puntando ad un risultato elettorale che gli consegni il paese, non è un mistero per nessuno. Che l’operazione gli riesca non è affatto scontato.

Ma nello scenario di crisi e nuove elezioni che si profila all’orizzonte, due sono le cose che vogliamo sottolineare con forza.

La prima è chiarire sin da subito che non accetteremo il ricatto del voto utile e del meno peggio. Il Pd è da mesi che sta lavorando per sfruttare questo ingannevole contrapposizione con la Lega. Lo ha fatto per anni con il pericolo di Berlusconi ed ha materializzato alternanze peggiori di quelle che invocava a battere. Salvo poi, specialmente sotto la “gestione Renzi”, fare accordi proprio con il Caimano e agire di conserva con la Lega. Non solo. Una onesta disamina delle questioni principali del paese – dal salario minimo alle grandi opere come Tav e Tap, dall’autonomia regionale differenziata alla politica di subalternità a Ue e Nato – vedono una sistematica convergenza tra Lega e Pd. Le uniche (molto parziali) dissonanze sono sulla gestione delle politiche sull’immigrazione, ma solo perché al ministero degli Interni ci sta Salvini e non più Minniti (in quel caso non si sentì nessun grido d’orrore per i lager in Libia). E allora dove sarebbe l’alternativa?

La seconda è un redde rationem con il M5S. Raramente abbiamo visto un movimento politico con la maggioranza dei parlamentari riuscire “a portare l’acqua con le orecchie” ad un soggetto politico differente e “vecchio” come la Lega. L’unico paragone possibile è con “antichi” leader di centro-sinistra come Rutelli, D’Alema e Veltroni nei confronti di Berlusconi; giustamente strapazzati proprio per questo dalla satira.

Ora come allora si cercano le responsabilità al di fuori e non dentro il M5S. Si enfatizzano le cose portate a casa con l’azione di governo (poche e molto depotenziate, rispetto alle promesse), si occultano le occasioni perse e i regali fatti al competitore. Una rimozione e un rifiuto di mettere in discussione una strategia, o un modo d’essere.

L’unica parziale attenuante è che il depotenziamento del M5S è stato sin da subito l’obiettivo dichiarato e convergente sia della destra che del Pd,  del Quirinale come della Commissione europea. Un accanimento superiore di quello contro la Lega e Salvini che in fondo è uomo subalterno agli interessi del capitale.

L’anomalia prodotta, facendo saltare il bipolarismo maggioritario, non era ulteriormente tollerabile dai poteri forti, tant’è che ZingaRenzi si è affrettato a rispolverare la jattura della “vocazione maggioritaria del Pd”, mentre Salvini evoca “i pieni poteri” e la logica dell’uomo forte al comando. Due scenari parimenti graditi alle classi dominanti, che da tempo hanno dichiarato la fine della democrazia rappresentativa e la primazia della governance autoritaria.

Ma niente e nessuno può assolvere il M5S e la sua leadership dalle proprie responsabilità.

Il successo può dare alla testa, soprattutto se viene ottenuto troppo facilmente. Un gruppo dirigente con ambizioni di governo non può nascere dalla rete e dal dilettantismo politico, non regge al confronto con i fatti né con competitori, magari per niente onesti, ma sicuramente più esperti.

I rospi ingoiati coscientemente dal M5S (con le rare eccezioni di pochi parlamentari che hanno avuto il coraggio di opporsi), ci hanno ricordato molto da vicino quelli ingoiati dagli onorevoli dei partiti di sinistra dentro i vari governi Prodi.

Sono stati tutti rospi velenosi che allora hanno ucciso l’organismo che li aveva ingoiati pur di tenere in piedi un governo e “impedire che tornasse Berlusconi”; fino al ridicolo di lasciare da soli due senatori della sinistra a votare contro le missioni di guerra e vedere il governo comunque cadere poco dopo sui guai giudiziari della consorte di Clemente Mastella.

Il sì alla Tap, il suicidio politico sulla Tav, la mancata revoca delle concessioni private sulle autostrade, l’approvazione di ben due Decreti sicurezza liberticidi, sono rospi velenosi ormai ingoiati e che saranno letali per i Cinque Stelle.

A poco serviranno un reddito di cittadinanza ancora lontano dall’essere una misura sociale strutturale o la stucchevole litania sulla “riduzione dei parlamentari”. Una idiozia vera e propria. Se c’era (e c’è) un problema di costi della politica, sarebbe stato più semplice e rapido ridurre le retribuzioni, non i numeri della rappresentanza democratica nelle istituzioni (ossia con una legge ordinaria, non con una modifica costituzionale che richiede almeno quattro passaggi e infatti non arriverà al traguardo).

Resta dunque aperto e irrisolto il problema di un’alternativa radicale e credibile al “bipolarismo fittizio” che sostanzia la governance neoliberista nell’Occidente capitalistico; e soprattutto in questo paese, dove mai come oggi questo obbiettivo appare lontanissimo.

Una stagione e una cultura politica di una dilettantesca lotta contro la “casta” (sbagliando troppo spesso bersaglio) sono finite, ma i luoghi comuni che ha prodotto, ancora aleggiano nell’aria e continuano a ostacolare la ricerca di soluzioni efficaci. Prima ce ne liberiamo, prima arriveremo a costruire qualcosa che rompa la gabbia e funzioni davvero nella lotta politica.

Per quanto riguarda ci stiamo provando, seriamente.

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5 Commenti


  • Daniele

    Ne abbiamo già avuta una di Democrazia Cristiana e nessuno sente il bisogno che ne esca un’altra, spero che il M5S venga distrutto, in un modo o in un altro


  • Domenico

    >Il suicidio della sinistra non è ancora compiuto?


  • giorgino

    se il governo m5stelle pd si facesse, nieinte di più probabile che di fronte all’odio per il reddito di cittadinanza degli strati retrivi italiani, verso anche gli anti tav etc, allora pd e lega che questi strati rappresentano, finirebbero in un secondo momento per votare insieme il ritorno all’ordine del capitale rispetto a queste faccende, e non solo queste. (ancor più con Renzi voglioso di separarsi dal pd per una sua formazione estremista moderata) Assurdo sostenere un governo m5 stelle pd, bisogna capire che la testa politica dei 5 stelle rappresenta l’oscillazione , talvolta verso sinistra, di una certa piccola borghesia italiana traformista , la quale critica il grande capitale (italiano ed internazionale) che concentrandosi la travolge, solo per ricontrattare con questo maggiori spazi di indipendenza economica a proprio vantaggio, ma alla resa dei conti ad essere sacrificati sull’altare di questo accordo sarenno sempre gli strati proletari, precedentemente illusi per farne massa di manovra. Il “deal” interborghese però tende a funzionare sempre meno rispetto al passato, la crisi capitalistica lascia sempre meno margini per questo, si aprono spazi politici di cui sarebbe supido castrarsi sostenendo un governo 5 stelle pd


  • Alessandro Paglia

    Mai negli ultimi anni si erano però visti degli spostamenti, sia pure minimi a favore degli strati salariati. Reddito di cittadinanza, quota cento per le pensioni, iniziative per il salario minimo. Visti con orrore da buona parte della sinistra arcobaleno, innamorata solo dei migranti ed odiatrice degli strati impiegatizi, visti ormai come privilegiati per poter disporre di ricchi stipendi attorno ai 1400 € al mese e per poter andare in pensione alla giovane età di 67 anni. Vogliamo tornare al blocco dei contratti, tagli delle pensioni oltre i 1500 €, e magari, innalzare l’età minima di pensionamento a 70 anni?


    • Redazione Contropiano

      La logica bipolare di solito non aiuta a capire i problemi, e nemmeno le posizioni altrui… Se la resltà costringesse a una specie di “gioco della torre”, costretti a scegliere tra un governo gialloverde e uno del Pd, allora saremmo tutti perduti… Per fortuna si può lottare per altre strade…

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