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L’impossibile simmetria nella questione palestinese

Quella alla quale stiamo assistendo è decisamente l’esplosione della questione palestinese, della “ferita” palestinese alla contemporaneità, ed anche della “seccatura” palestinese per l’ipocrisia della politica e della comunità internazionale.

I servizi sui mass media e le dichiarazioni politiche in questi giorni ripropongono sulla questione palestinese e l’oppressione israeliana quella che abbiamo definito in questi anni una “impossibile simmetria”.

E’ stata ignorata per settimane la pulizia etnica in corso a Gerusalemme, dove le autorità israeliane intendono imporre non solo che sia la loro esclusiva Capitale, ma anche l’espulsione della popolazione palestinese.

La spianata delle Moschee a Gerusalemme è diventata per i palestinesi quella che piazza Taksim o piazza Tahrir sono state per la resistenza generazionale e popolare in Turchia ed Egitto, un punto di aggregazione e resistenza comune contro una oppressione diventata insopportabile.

La repressione israeliana non si è fatta scrupolo di nulla, inclusa l’invasione e la devastazione della Moschea di Al Aqsa.

Nel silenzio della comunità internazionale i palestinesi, giovani e meno giovani, si sono opposti spesso a mani nude ad una delle macchine militari e repressive più potenti e brutali del mondo – quella israeliana – e ad un silenzio complice e consapevole dei governi Usa, europei ed arabi.

Come afferma Ilan Pappe, le cose non possono cambiare fino a quando il mondo consentirà ancora ad Israele di fare quello che vuole. E soprattutto fino a quando verrà assecondato quello che un altro israeliano, Baruch Kimmerling, ha definito il “politicidio” dei palestinesi, ovvero la negazione della loro esistenza come problema politico, riducendoli a questione umanitaria, di profughi del passato e del futuro.

In questi giorni si è arrivati al punto di rottura e la decisione delle organizzazioni palestinesi di lanciare i razzi sul territorio israeliano è diventata indispensabile per segnalarlo a tutti, a livello internazionale.

Per ora le reazioni della politica e dei mass media stanno seguendo il consueto schema della impossibile simmetria: “Israele risponde ai razzi palestinesi bombardando Gaza”, cioè una delle aree a maggiore densità abitative del pianeta nella quale la versione di bombardamenti chirurgici è una sanguinosa e spudorata menzogna.

Ma abbiamo l’impressione che i palestinesi, tutti i palestinesi indipendentemente dall’organizzazione a cui appartengono, hanno deciso di giocare la sfida della loro libertà e dignità fino in fondo. Tutte le alchimie, le ipocrisie, i negoziati-farsa hanno dimostrato di essere una strada inservibile, anzi regressiva rispetto al diritto di sopravvivenza, dignità ed esistenza come popolo.

Se per internazionalizzare la questione palestinese e avviare un negoziato vero, e non finto, occorre moltiplicare le scie dei razzi e mettere in crisi il dogma unilaterale della sicurezza di Israele, sarà una scelta sicuramente dolorosa, ma al momento priva di alternative altrettanto efficaci.

Quando sentiamo che la parola d’ordine “pace in Medio Oriente, due popoli due stati” è regolarmente alla base delle dichiarazioni di Biden e dell’Unione Europea o di esponenti politici di destra e di sinistra, non possiamo non chiederci se c’è più di qualcosa che non quadra.

Come mai un progetto così definito e con un consenso internazionale così unanime non ha mai fatto un passo in avanti, anzi è regredito, negli ultimi trenta anni?

Prima gli israeliani e gli Usa dicevano che l’ostacolo era Arafat, ma Abu Ammar è stato prima isolato, poi assediato e poi ucciso.

Poi l’ostacolo è diventato Hamas che aveva vinto le elezioni.

Poi è diventato il contenuto delle preghiere del venerdi alla moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, domani sarà il contenuto dei libri di testo degli alunni palestinesi e così via…

Noi dobbiamo rovesciare completamente questa logica ed anche rovesciare l’ordine cui ci vorrebbero costringere a ragionare ed agire quando affrontiamo la questione palestinese e l’occupazione israeliana.

Prima ne diventa consapevole la comunità internazionale meglio è. La ferita palestinese lasciata incancrenire in questi decenni per il mondo contemporaneo non è meno purulenta di quella lasciata dallo sterminio nazista degli ebrei in Europa.

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