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“Una grande umanità ha detto basta e si è messa in marcia”

E’ stata aperta con questa frase del discorso di Che Guevara alle Nazioni Unite del 1964, l’iniziativa della Rete dei Comunisti “Cuba e Venezuela, quali orizzonti?”, ricordando i fronti principali su cui oggi si combatte la lotta fra Cuba e Venezuela da una parte e l’imperialismo dall’altro, attuata verso i due paesi latini con aggressioni di vario tipo come il Bloqueo, gli attentati e i colpi di stato.

Il convegno si è tenuto nella ricorrenza del 53° anniversario dell’omicidio di Ernesto Guevara, per amici e nemici il “Che”, caduto durante la guerriglia in Bolivia. La funzione delle ricorrenze è quella di legare il ricordo di un preciso momento del passato alla situazione presente, alla vigilia di importanti elezioni in Venezuela e in prossimità della ventottesima votazione delle Nazioni Unite sull’annosa questione del Bloqueo a Cuba – il complesso di azioni svolte dagli USA per bloccare i commerci dei paesi socialisti col resto del mondo . L’incontro organizzato presso la Casa della Pace dalla Rete dei Comunisti ha visto alternarsi cinque relatori:
Luciano Vasapollo, della segreteria nazionale della Rete dei Comunisti e professore di economia politica dell’università La Sapienza, Fernando Martínez, professore di lingua spagnola della stessa università, e in differita da Cuba Ramon Labañino, vicepresidente nazionale dell’associazione degli economisti cubani e membro dei “Cinque cubani”, Adán Chavez ambasciatore del Venezuela a Cuba.

A un denso intervento di Fernando Martínez è stato affidato il compito di ripercorrere il significato che in questo contesto ha l’emblema di Che Guevara: “sono caduti i muri, ma l’immagine di Che Guevara è rimasta… neanche il neolibersimo ha potuto ucciderla”. Negli anni di Che Guevara il fermento della trasformazione socialista dilagava in tutto il Sudamerica e spesso si rispose con la lotta armata e la guerriglia alla violenza messa in campo dalle forze reazionarie. Negli ultimi anni abbiamo visto un ritorno
massiccio all’uso della violenza, del sabotaggio e della repressione per fermare la marcia dei movimenti sociali e dei governi progressisti, dal Venezuela al Cile fino ad arrivare al golpe in Bolivia. In questo contesto dove la resistenza viene praticata ancora in forme democratiche e in cui si vuole evitare il ritorno alla lotta armata, il ruolo della solidarietà e della mobilitazione internazionale è fondamentale.

Il clima da “stato di eccezione” che si respira a livello internazionale rende poi la solidarietà internazionalista un’arma a doppio senso in quanto crea legami fondamentali anche per i lavoratori dei centri imperialisti che stanno subendo pesantemente gli effetti della ristrutturazione capitalistica.
Adán Chavez ha invece riassunto la congiuntura che sta attraversando il Venezuela; il tentativo mai sopito degli USA di invertire la rotta della trasformazione socialista del Venezuela ha subito un’intensificazione a partire dalla “dipartida física” di Hugo Chavez, favorita dal crollo del prezzo del petrolio nel 2014 che ha causato un crollo delle entrate dello stato del 90%.

Il governo venezuelano ha comunque mostrato di saper tenere la barra dritta e il popolo ha riconosciuto gli sforzi del governo e mantenuto la coesione dell’alleanza civico-militare, come si è mostrato nel coordinamento della lotta per il contenimento della pandemia del COVID. È così che ci si avvicina alla 25° elezione politica in 21 anni del Venezuela. Le sciocchezze sulla
tirannia che opprimerebbe il Venezuela si palesano per ciò che sono alla luce di questo evento: 107 partiti (la maggior parte di opposizione) che raccolgono 14400 candidati , un sistema elettorale automatizzato e supervisionato costantemente da osservatori internazionali; il tutto dopo che l’opposizione al governo, diventata maggioranza nell’Assemblea Nazionale nel 2015, ha tentato di attuare ripetutamente un colpo di stato. La rivoluzione bolivariana ha resistito, ed è pronta a proseguire il suo progetto in soccorsodell’umanità.
Ramon Labañino, in diretta telefonica da Cuba, ha ricordato come tutti, a Cuba, sono coinvolti nella lotta imperialista, soprattutto con l’intensificazione che ha subito negli ultimi anni. Nel 2019 il presidente Trump ha inasprito le sanzioni contro Cuba, ma questo non ha impedito di intraprendere molte misure per il miglioramento del tenore di vita della popolazione.

Il popolo e il governo di Cuba hanno combattuto la diffusione del coronavirus riportando grandi successi: stanziamendo di fondi per la ricerca, per il sostegno a chi è rimasto senza reddito, per le pratiche di prevenzione, per il potenziamento dell’universalità del sistema sanitario. Il segno più evidente di questo successo sono state sicuramente le brigate mediche inviate in ventisei paesi del mondo – fra cui l’Italia – per sostenere le popolazioni in lotta contro la pandemia, ma anche il mantenimento in patria di una mortalità molto bassa (123 morti su 5600 contagiati) e lo sviluppodi un prototipo di vaccino, il Soberana 1, che sarà impiegato a partire da gennaio 2021.

La differenza nell’approccio alla pandemia che si osserva fra Cuba e paesi imperialisti e del Sudamerica – che nella maggior parte dei casi hanno minimizzato o negato il problema – è evidente, ma la grande differenza sta nel fatto che a Cuba e in Venezuela la risposta non è stata solo la risposta di un governo, ma di un popolo intero.
L’intervento di Luciano Vasapollo ha collegato fra loro quanto detto dai relatori nella prospettiva del progetto politico della Rete dei Comunisti. Internazionalismo significa essere innanzitutto dalla parte dei lavoratori che cercano emancipazione e opporsi alle molte forme dell’imperialismo, su tutte l’ostilità all’autodeterminazione che assume forme criminali di crescente crudeltà.

L’unità di classe deve essere unione di chi vuole intraprendere un processo di trasformazione socialista e difesa delle conquiste di chi questo processo ha intrapreso . Una difesa che non deve procedere, come avviene spesso per la figura di Che Guevara, come difesa di un simbolo o di un icona, ma di un processo di trasformazione e di un’idea etica e morale che sta alla base stessa della resistenza dell’esempio del Che. Luciano ha sottolineato come la crisi di prospettiva del capitalismo abbia prodotto una crisi di valori, morale nelle classi dirigenti.

Affermare oggi la superiorità morale ed etica del socialismo, praticare l’alterità da parte delle avanguardie politiche e sociali degli oppressi è in questa fase storica centrale nella lotta per il socialismo. Le “Americhe” rimangono al centro della riflessione della RDC. Nel prossime settimane in prossimità delle elezioni USA e a poche settimane dalle elezioni in Venezuela, si svolgerà la campagna nazionale, con incontri nelle principali città, dal titolo “Americhe fra socialismo e barbarie” per inquadrare gli appuntamenti elettorali all’interno della crisi del capitalismo e soprattutto dell’imperialismo statunitense.

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