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Elogio del comunismo, alcune note

Per prima cosa ringrazio gli organizzatori di questo convegno sul comunismo perché riflettere sul suo stato passato e futuro è fondamentale al di la delle sigle di appartenenza.

Ho partecipato solo ai primi due giorni del convegno per cui non dirò nulla sul futuro del comunismo e di cosa si è discusso nell’ultimo giorno di dibattito.

Ho una critica rilevante da sollevare, cosa notata anche in un intervento del secondo giorno: non si è detto e analizzato nulla sulle situazioni contraddittorie dello stalinismo.

Eppure Stalin ha impresso una marcata deriva autoritaria e poliziesca al comunismo dell’URSS,  ha promosso processi e condanne a morte di migliaia di militanti comunisti, compreso l’assassinio di Trotckij, fu criticato nelle ultime volontà di Lenin come leader non adatto, e lo stesso Gramsci dal carcere non ne approvò la linea venendo addirittura isolato dagli altri reclusi comunisti.  

Lo stalinismo rimane un modello del comunismo da cui è difficile estraniarsi, dando una interpretazione della dittatura del proletariato tutta orientata sul partito e i suoi dirigenti.

Se ci sarà in futuro un seguito a questo incontro, questi temi dovranno essere affrontati.

Tornando agli interventi del convegno “elogio del comunismo”, io ne ho trovato particolarmente significativi due: quello di Franco Russo e di Giorgio Cremaschi.

Il contributo di Franco Russo l’ho trovato particolarmente interessante sia perché ha esplorato aspetti ritenuti “poco comunisti” (l’individuo, i diritti fondamentali delle persone, eccetera), sia perché ha affrontato l’aspetto filosofico  delle “categorie” a cui normalmente come comunisti facciamo riferimento.

A questa impostazione sono particolarmente attento, sia perché provengo da Democrazia Proletaria, che lo stalinismo tentò di superare legando il comunismo a pacifismo ed ecologismo, sia perché ho un’etica calvinista essendo anche valdese.

Per l’etica calvinista l’individuo ha una valenza importante perché è chiamato a una “responsabilità personale” nei rapporti con la società, aspetto che ho trovato molto spesso in militanti comunisti senza che loro ne fossero consapevoli: la rivoluzione avviene sull’azione positiva di tante singole persone.

Qui entra il discorso di Franco Russo sul valorizzare la persona perché i suoi bisogni reali e concreti non possono essere né annullati, né emarginati: su questa questione il liberismo (che è l’ideologia del Capitalismo) ha vinto facendo credere alle masse nei paesi di “socialismo reale” che la sua società dava risposte ai loro bisogni sia di libertà personale, sia di beni materiali.

Franco Russo ha spiegato in maniera efficace come ci sia differenza tra l’individuo (e i suoi bisogni) e l’individualismo, categoria astratta del liberismo che propone come l’azione egoista (accumulare ricchezza a danno di altri) sia il motore del progresso materiale e individuale.

Le categorie astratte sono però, sempre per Franco Russo (e io con lui), quelle che hanno distrutto il socialismo reale, perché il potere in URSS non era detenuto dal popolo (categoria astratta) ma dal partito, categoria altrettanto astratta, ma dove il potere era esercitato dai funzionari del partito, persone individuali e concrete.

Questa riflessione ci deve portare a ragionare sulla dittatura del proletariato, perché la realtà in cui viviamo è continuamente soggetta alla dittatura del Capitalismo.

Se si esaminano tutti gli ambiti della nostra società occidentale, non ce ne è uno che non sia stato piegato alla logica del capitalismo, e tanto per fare un esempio, anche le religioni e la loro messa in discussione in occidente (svuotamento delle chiese) sono vittime dell’iper materialismo del Capitale (non entro nel merito).

La dittatura del proletariato, per me, non è semplicemente l’emarginazione delle forze politiche ed economiche capitaliste, ma costruire un’etica e una società in cui è la solidarietà socialista quella a cui le singole persone fanno riferimento, come pure la società si organizza perché le singole persone possano partecipare direttamente alle scelte della società, nel territorio e nel generale, con la consapevolezza che la democrazia (del proletariato) è e sarà sempre faticosa.

E vengo all’intervento di Giorgio Cremaschi, che a parole ha messo sullo stesso piano (negativo) individualismo e individuo e a loro ha opposto l’azione collettiva.

Il problema posto da Cremaschi è quale soggetto politico oggi promuove la rivoluzione e il socialismo.

Domanda giusta e stringente perché il liberismo, nella sua vittoria sul socialismo reale (in occidente), ha espulso tra i proletari (che oggi in occidente sono anche intellettuali) l’idea di essere una classe sfruttata da un’altra.

Effettivamente, io dico che la nostra società occidentale post-moderna ha assunto come valori fondanti solo “apparire e possedere” e tutto il resto è nulla, basta guardare i programmi in TV.

Cremaschi ha argomentato come il socialismo reale sia stato sconfitto da una contro-rivoluzione iniziata nel 1971 (la non conversione del dollaro con l’oro come moneta di scambio mondiale), ma io aggiungo anche dalla costruzione nel 1973 della Commissione Trilaterale in sostegno al Bildenberg Group, quali ambiti di produzione ideologica e di linee di azione, da cui è sorta la “narrazione liberista”.

Cremaschi a conclusione del suo intervento, perciò, si è ricongiunto alle proposizioni di Franco Russo (categorie astratte) per cui ha concluso di non affidare la rivoluzione alle burocrazie di partito, visto come quelle ex sovietiche abbiano assunto, loro per prime, il traghettamento dell’economia della ex URSS all’iper-capitalismo.

La situazione mondiale vede il declino dell’egemonia occidentale e il vertice BRICS di Kazan potrebbe essere il punto di svolta, urge per i comunisti in occidente e in particolare in Italia, capire cosa fare.

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