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Indipendenza e rappresentanza politica. Due nodi che i comunisti devono sciogliere

Caro Fausto come sai noi siamo sempre stati disposti a discutere ed a confrontarci, dunque è bene prima chiarire i termini dell’editoriale di Contropiano. Essendo, appunto, un editoriale non aveva alcuna pretesa di dare risposte esaustive alle questioni che tu hai posto ma intendeva sottolineare essenzialmente la necessità di una “indipendenza organica” dei comunisti e del movimento di classe nel nostro paese; ma per entrare nel merito delle questioni poste credo che sia utile chiarire alcuni punti:

1 – Per indipendenza organica non intendiamo la sola dimensione elettorale, questione invece che metti al centro del tuo scritto, ma la costruzione di un progetto complessivo sul quale noi, con tutti i nostri limiti e senza nessuna intelligenza particolare (ci mancherebbe altro), abbiamo cercato in questi anni di definire un percorso che includesse anche la questione elettorale – punto che non va affatto sottovalutato ma che è strettamente rapportato alle contraddizioni del mondo del lavoro e alle condizioni delle classe subalterne – in sintesi alla costruzione di un blocco sociale antagonista.

2 – Se vogliamo affrontare la questione elettorale non possiamo quindi scindere questa dalla relazione di classe che vogliamo e/o possiamo instaurare nel nostro paese, essendo pienamente consapevoli che siamo organicamente legati ad un polo imperialista – l’Unione Europea – ed in presenza di una aristocrazia salariata seppure in crisi di retrocessione economica e sociale.

Va ricordato anche che la relazione con il nostro blocco sociale  non può essere eminentemente “politica” ma è il prodotto della concreta organizzazione di classe (cioè il contrario del partito leggero). Questo significa lavorare per avere una analisi di classe, ipotizzare e verificare una identità della rappresentanza politica di questa classe, definire e praticare concretamente progetti di organizzazione sul piano del mondo del lavoro – ovvero della dimensione sindacale – della nuova e disarticolata composizione di classe e della condizione di crisi sociale delle grandi aree metropolitane di questo paese. In relazione a tutto questo, la tattica elettorale ha indubbiamente un senso ed un valore. Il dato che va però rilevato, è che a sinistra e tra i comunisti le tematiche relative alla tattica elettorale sono quelle prevalenti se non le sole che vengono dibattute. Mi sbaglio forse?

3 – Sulla questione del sistema elettorale indubbiamente la Rete dei Comunisti non è determinante ai fini del risultato concreto. Ciò è sicuramente un limite obiettivo accettato anche da noi, ma lascia a voi la responsabilità della verifica dei risultati della tattica che la Federazione della Sinistra si propone in totale autonomia. Su questo però credo che alcune domande vadano fatte. Non è forse giunto il momento di chiedersi perché il “capitale” politico ed elettorale del PCI e della sinistra extraparlamentare dalla costituzione del PRC piuttosto che crescere è deperito in modo impressionante? Ancora, non è stata per caso questa “sovraesposizione” della tattica anche quando c’era il “vento in poppa” a generare la situazione attuale? Parlare di elezioni qui in Italia nella condizione concreta che ora viviamo, diversa da quella degli altri paesi che tu citi, credo che obblighi ad una riflessione approfondita sugli ultimi venti anni.

Comunque, per riprendere il ragionamento iniziale, noi siamo disposti a discutere e lavorare con tutti; questa sfida l’abbiamo accettata da tempo pur avendola pagata in termini di relativo isolamento e non cambiamo certo opinione adesso quando la crescita delle contraddizioni possono preludere anche ad una ripresa e ad una crescita dell’influenza dei comunisti, sempre se questi ne saranno capaci.

* Rete dei Comunisti

 

Per vedere l’editoriale di Mauro Casadio e il commento di Fausto Sorini clicca su:

https://www.contropiano.org/it/archivio-news/editoriale/item/1007-il-paese-puzza-dalla-testa

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