Sentirsi impegnati nei confronti dell’ingiustizia, sentirsi chiamati a comprenderla, ad affrontarla e – se possibile – a porvi rimedio, nello spirito dell’autentica fratellanza, è un appello cui un cristiano non può non rispondere. A meno che egli non abbia dimenticato le parole e i gesti del Vangelo, quelle che ci ricordano la vicinanza ai fratelli, soprattutto nelle circostanze della difficoltà più estrema, nella miseria e nella cattiva sorte.
«Ero prigioniero e siete venuti a visitarmi», ha detto Gesù ai suoi discepoli, per sintetizzare in un azione lo spirito della carità cristiana E così, nello spirito della sequela delle parole del Vangelo, mercoledì 27 febbraio 2011 abbiamo idealmente fatto visita ai cinque cittadini cubani detenuti da circa dodici anni nelle carceri degli Stati Uniti, lontani dalla famiglia, privati sostanzialmente del conforto dell’amicizia e delle sue sollecitudini, privati della difesa dovuta ad ogni cittadino di qualsiasi paese e finanche dell’orizzonte della speranza in un futuro possibile.
Presso la parrocchia di San Luca Evangelista, in località Varcaturo di Giugliano in Campania,la sera del 27 Aprile2011 si sono riuniti i fedeli che partecipano agli incontri dell’Azione Cattolica adulti. Un gruppo motivato e compatto, teso nella ricerca del senso autentico della vita cristiana, disponibile all’incontro anche con realtà apparentemente lontane dalla loro esperienza quotidiana di fede. Alla serata era presente il professor Luciano Vasapollo, docente dell’Università “La Sapienza” di Roma,direttore della rivista NUESTRA AMERICA e Vicepresidente del “Comitato Italiano Giustizia per i 5”, e il dottor Vladimir Perez, Consigliere politico dell’Ambasciata di Cuba in Italia. Ad accompagnarli nell’introdurre l’incontro, oltre al sottoscritto, c’era Paolo Graziano per l’Osservatorio Meridionale di Cestes-Proteo.
Essi hanno raccontato ai presenti la storia di Gerardo Hernández, Ramón Labañino, Fernando González, Antonio Guerrero e René González, i cinque agenti dell’antiterrorismo cubano che, a causa di una controversia internazionale, trascorrono da oltre dodici anni la loro esistenza in carcere, con una terribile ipoteca sulle spalle, che spaventa anche il più coraggioso, probo e motivato degli uomini: la vicenda ha catturato l’attenzione dei presenti, che hanno desiderato approfondire le cause e i criteri con cui un’ingiustizia così macroscopica, che ha potuto travestirsi da legalità adoperando le motivazioni della sicurezza nazionale, della difesa dal terrorismo: in fin dei conti, della “ragion di Stato”.
Ma se la “ragion di Stato” può apparire criterio sufficiente a tollerare la soppressione del diritto e la disumanità del trattamento riservato a poche persone, in nome di un presunto vantaggio superiore, essa non può essere accettata da un cristiano come motivo per tacere di fronte a ciò che ci appare come una soppressione del diritto individuale, della dignità umana, dello spirito che abita in ogni uomo e che viene offeso dall’esercizio della prevaricazione, della prigionia, della privazione dei beni essenziali.
Per questo, l’auspicio di tutti i presenti è stato quello che si giunga presto ad una soluzione positiva del caso dei cinque, a una considerazione dell’umanità di questi fratelli sofferenti che possa riportarli quanto prima tra le loro famiglie. Le vite degli uomini non sono un mezzo per la risoluzione o la perpetuazione dei contenziosi tra Stati.
Nel corso dell’incontro due sono state le domande fondamentali degli intervenuti: la prima è l’interrogativo relativo al sacrificio: come è possibile pensare di sacrificare la vita di un uomo a una presunta ragione più alta? Nel messaggio cristiano, e ancor prima in quello derivante dal mondo giudaico, la vita di ciascuno vale quanto l’esistenza dell’universo intero e nessuna offesa arrecata alla dignità dell’uomo può essere giustificata. È un principio recepito anche nella tradizione filosofica, a dimostrazione del fatto che si tratta di un valore riconosciuto come universale.
Il secondo interrogativo riguarda la presenza dello spirito nella vicenda di sofferenza e sacrificio che caratterizza la lunga e penosa detenzione dei cinque. Al di là degli orizzonti ideologici, dovunque viene patita un’ingiustizia e dovunque si lavora insieme per superarla, soffia lo spirito cristiano. E, cristianamente, l’ingiustizia si combatte non con le armi della rivalsa o, peggio, della vendetta, ma con la comunione che si esprime nella preghiera, nella condivisione, nell’esercizio concreto della fratellanza, nella passione che ci lega a questi 5 fratelli sofferenti e che ci spinge, come cristiani, a non rinunciare più alla giustizia, finché non la vedremo realizzata ai nostri occhi, con le nostre mani.
* Parroco e i componenti dell’Azione Cattolica adulti
della parrocchia San Luca Evangelista di Varcatura-Giugliano (NA)
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