La Repubblica è a sovranità limitata, limitata dal capitale finanziario, dal capitale tout court. Si può dire che la «sovranità appartiene al popolo – ma – che la esercita nei limiti» invalicabili della retribuzione dei capitali nella misura fissata dai detentori degli stessi capitali «e nelle forme» residuate dalla cessione dei poteri dello stato democratico alle istituzioni tecnocratiche europee. Altrettanto chiara appare la sorte della «Repubblica fondata sul lavoro » dannata anche nella memoria (dall’alterigia del senatore Monti). Sembrava tuttavia che la forma di governo, quella parlamentare – come disegnata e prescritta costituzionalmente – riuscisse a sottrarsi dalla furia devastatrice di tale transizione. Sembrava che la cessione della sovranità statale (cosa diversa dalla sua «limitazione» prevista dall’articolo 11 della Costituzione per assicurare pace e giustizia tra le Nazioni) risparmiasse la forma di governo parlamentare. A salvarla poteva essere la disponibilità, duttilità, adattabilità di tale forma a qualsivoglia tipo di rappresentanza politica, anche censitaria come quella su cui si era attestata in Inghilterra alla sua origine. Pare invece di no. Si avverte qualcosa come l’avvio di una mutazione funzionale di uno dei tre organi che compongono il sistema parlamentare di governo. Nientemeno che quello di garanzia di tale sistema. Il Presidente Napolitano nei sei anni di esercizio delle sue competenze si era ispirato ad un principio cardine dell’ordinamento: quello dell’unità nazionale. È la Costituzione che, nel definire il Presidente della nostra Repubblica attribuendogli il titolo e le funzioni di Capo dello stato gli affida la rappresentanza dell’unità nazionale. Non si tratta di mere enunciazioni onorifiche. Si tratta di qualificazione dell’organo e delle funzioni che è chiamato ad esercitare. Prescrivono i modi di esercizio di tali funzioni, i fini dei singoli atti nei quali dette funzioni si traducono, il congiungersi di tali atti nel rendimento complessivo che devono conseguire. È dalla rappresentanza dell’unità nazionale che si trae inequivocabilmente la qualificazione del Presidente della Repubblica italiana come «organo non di parte».
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