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I comunisti e la loro “funzione di massa”. Un dibattito non rinviabile

Il senso dell’iniziativa del 5 maggio è stato quello di continuare la riflessione su quali forme deve assumere l’agire politico dei comunisti oggi in Europa e specificamente in Italia. Dopo aver chiarito, in parecchie occasioni, che la scelta della RdC di strutturarsi in un’organizzazione di quadri (con funzione di massa) è il prodotto di un’analisi della precisa fase storica e non, invece, l’assolutizzazione di un’astratta posizione di principio, bisogna anche indagare cosa significa il secondo termine della proposizione: organizzazione di quadri ma, appunto, con funzione di massa. Non è stato casuale, infatti, il riferimento operato tanto da Mauro Casadio nella relazione introduttiva, quanto subito dopo da Massimiliano Piccolo, alla svolta operata da Togliatti – e dal gruppo dirigente comunista italiano già durante l’organizzazione della Resistenza – per la nascita di un Partito che si assumesse la responsabilità di farsi nazione. Il PCI si è così fatto prima Nazione e poi, durante gli anni Settanta, Stato. Ma quali sono oggi le condizioni oggettive nelle quali svolgere una funzione di massa senza essere un’organizzazione di massa?

E se l’attenta partecipazione al forum di Bologna ha confortato sulla corretta interpretazione di un ‘bisogno’, d’altra parte stupisce la scarsa attenzione rispetto a temi così centrali mostrato dalla stragrande maggioranza dei principali partiti eredi della tradizione del PCI; eccezione ha costituito la partecipazione di Francesco Piobbichi che, pur all’interno del PRC e in una prospettiva molto diversa, si è voluto porre come interlocutore, riconoscendo implicitamente alla Rete dei Comunisti lo sforzo nella ricostruzione di una funzione di massa per i comunisti.

Il nodo della ricostruzione di una funzione di massa dei comunisti e di una rappresentanza politica indipendente degli interessi di classe sta sul tavolo della sinistra italiana, è stato infatti rilevato, da almeno un ventennio. La sconfitta dell’esperienza dei cosiddetti socialismi reali, che in realtà altro non sono stati che il socialismo allora possibile, ha inevitabilmente travolto con sè l’intero movimento comunista europeo: ma si è buttato il bambino con l’acqua sporca. Quest’attuale crisi sistemica del Modo di Produzione Capitalista ci parla, invece, del fallimento del capitalismo e bisogna ripartire senza dar spazio, però (come più volte sottolineato negli interventi), a nessuna pratica avventurista legata a un’ipotesi ‘crollista’ di comodo. Nella storia – si sa –  c’è sempre un grave ritardo nei processi sovrastrutturali, bisogna dunque attrezzarsi per recuperare. Utile, da questo punto di vista, l’intervento di Fracesco Piccioni che ha sottolineato quell’inscindibile relazione tra scienza e pratica che ha consentito, con Marx e con Lenin, la comprensione e la trasformazione del mondo. Una funzione, quella che la RdC pone come obbiettivo di ricerca teorica e pratica congiuntamente alla riflessione sul Partito, che va ben oltre l’orizzonte e i limiti della stessa RdC, ma che vuole essere un contributo alla riflessione di una sinista che voglia recuperare un’orizzonte strategico. Dentro l’attuale precipitare della crisi e a circa quattro anni dalle elezioni del 2008, che hanno sancito la crisi dei partiti storici della sinistra, facendo balzare indietro di oltre un secolo il livello della rappresentanza politica dei lavoratori, appare sempre più urgente non perdere l’appuntamento giusto per i margini d’intervento reali che si determinano: riuscire cioè ad avviare un processo di ricostruzione di una funzione di massa che sappia esprimere indipendenza politica, capacità progettuale e organizzativa e rilanciare, quindi, sul piano di una nuova battaglia per l’egemonia in cui l’utilità degli strumenti interpretativi della “cassetta degli attrezzi” di Marx e dell’intera tradizione marxista venga pienamente dispiegata. In questa direzione si è mossa la relazione di Luciano Vasapollo che, parlando delle nuove sfide che il Partito Comunista Cubano si trova ad affrontare in questa fase della transizione socialista, ha mostrato tutta la ricchezza delle articolazioni politiche e culturali che sottendono alla capacità di adeguarsi alla realtà senza mai perdere di vista l’ottica della costruzione di una società comunista, senza dogmatismi e con autentico spirito di servizio e di difesa rispetto alle conquiste della Rivoluzione. Fondamentale battaglia per sovvertire la sintassi del pensiero dominante secondo cui democrazia è solo quella borghese sperimentata nell’Occidente capitalista e libertà è libertà di sfruttamento. Oggi che la crisi del MPC rende palesemente obsoleta la stessa nozione borghese di democrazia o le sue classiche forme organizzate della politica,  i comunisti possono impugnare le bandiere che gli stessi settori “democratici” della borghesia lasciano cadere sfruttando tutti gli spazi possibili per ribadire la centralità della funzione di massa nell’interesse collettivo. La funzione di massa dei comunisti attiene così alla loro capacità di esercitare un ruolo avanzato e d’indicazione di una prospettiva di alternativa di sistema dentro la crisi perché il blocco sociale antagonista, oggi al centro di tutte le operazioni di destrutturazione e subordinazione da parte del capitale, passi da classe in sé a classe in sé e per sé. Anche la questione giovanile, in quanto parte rilevante della funzione di massa, ha trovato  spazio nel forum: essa anzi, come si è cercato di mostrare, appare come sintomo della dialettica particolare-generale. Da un certo punto di vista, caso particolare della più generale questione di classe, non essendoci omogeneità sociale per i giovani in sé, ma, da un altro punto di vista, è la questione di classe a diventare caso particolare della più generale questione giovanile, essendo anch’essa, per definizione, soggetta a formazione da parte di ‘agenzie generali’ (l’ideologia dominante, lo spazio e il tempo storici) che omogeneizzano.

Come fronteggiare, allora, l’attuale atomizzazione sociale frutto delle contraddizioni del capitalismo odierno?

Contributo all’analisi dell’attuale posta in gioco nello scenario politico ed economico è venuto dall’intervento di Giorgio Gattei che ha insistito sulla subordinazione della politica all’economia e sulla impossibile riuscita della terapia adottata per contrastare (gestire) la crisi.

Mentre in Francia e in Grecia, sebbene in modi estremamente diversi, si misuravano gli effetti della complessiva tenuta del sistema davanti all’impatto determinato con l’urto delle politiche economiche.

* Rete dei Comunisti

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