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Il futuro non può essere una “zona rossa”

La città ridicolmente blindata alle proteste di questi giorni, e le manganellate, non hanno impedito che la voce delle forze sociali e sindacali giungesse forte alle orecchie della classe dominante di questo paese.

I giorni appena passati, a Roma e in tutto il paese, hanno segnato con un solco estremamente profondo tutta la distanza che separa i lavoratori, i precari e i settori popolari dal governo Monti, quello delle banche e del grande capitale italiano ed europeo, e dalle amministrazioni locali prone, come quella di Alemanno, alle imposizioni dell’UE.

Nella città di Roma, con gli “Stati Generali del Sociale e della Famiglia”, si è svolta la rappresentazione caricaturale delle politiche “sociali” del sindaco Alemanno. Un sindaco che ha dato la città nelle mani delle multinazionali e delle banche suggellando, con il vertice annuale dell’IBAC, una santa alleanza con la finanza e i capitalismi internazionali. Un sindaco che, seduto al banchetto dell’ipocrisia buonista insieme a esponenti politici, del mondo cattolico e persino dello spettacolo televisivo, invocava intanto l’uso delle manganellate contro i sindacati conflittuali e i movimenti sociali che manifestavano per le strade contro la messa a profitto della città, le privatizzazioni e l’aumento delle tariffe dei servizi, e per gli interessi di chi, davvero, quotidianamente è costretto a fare i conti con il problema della casa, del reddito, del lavoro.

A dimostrare l’ubbidiente riverenza verso i voleri dell’UE e della Bce, andava intanto in scena alla Camera il voto di fiducia sulla Controriforma del lavoro, approvata grazie all’appoggio anche di quei partiti, come il PD, ideologicamente aderenti e pronti a governare il paese e gli enti locali secondo le stesse logiche di attacco ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani, ai precari.

La presenza della ministra Fornero agli Stati Generali di Alemanno è stata la sintesi di come l’esplicitata negazione del diritto al lavoro, la perdita del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, la precarizzazione, il sempre maggiore potere di licenziare, la privatizzazione dei servizi e l’accanimento sui settori sociali più in difficoltà siano considerati dal governo e dall’amministrazione di Roma il terreno più fertile per continuare a condurre una lotta di classe dall’alto spietata.

La città ridicolmente blindata alle proteste di questi giorni, e le manganellate, non hanno però impedito che la voce delle forze sociali e sindacali giungesse forte alle orecchie della classe dominante di questo paese, come già hanno fatto lo scorso 22 giugno migliaia di lavoratori durante l’ultimo, e l’unico, sciopero generale contro la riforma Fornero, quello del sindacalismo conflittuale.

La Coalizione Sociale che a Roma ha percorso la strada militarizzata che separa l’Auditorium Antonianum da Piazza Montecitorio ha davanti molte altre zone rosse da sfidare, ma è chiaro che a Roma, in Italia o a Bruxelles l’unico percorso contro il massacro sociale in corso è la via del conflitto alle politiche della speculazione e dell’accumulazione capitalistica e la costruzione di una vasta opposizione sociale e dei lavoratori, che non faccia sconti a nessuno.

Rete dei Comunisti Roma

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