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Genova 2001. Ingiustizia è fatta

Genova, Luglio 2001 Ingiustizia è fatta

Dopo la sentenza relativa alla mattanza della Diaz, dalla quale affiora una sostanziale impunità per gli uomini dello stato responsabili di una delle pagine più buie della storia dell’Italia Repubblicana, emerge in tutta la sua miseria la natura classista di una giustizia che sulla carta recita l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, ma nella realtà si dimostra condizionata e facilmente influenzabile dagli indirizzi di carattere politico suggeriti dallo Stato e dai suoi governi.
Con le pene di natura amministrativa prescritte ai responsabili della gestione dell’ordine pubblico nelle giornate del g8 genovese del luglio 2011, ingiustizia è fatta.
Nessuno ha pagato per uno dei pogrom più efferati commesso contro gente innocente, la cui violenza e intensità a tratti rischia di fare invidia ai raid anti-ebraici compiute dalle SS e dalle squadre di assalto fasciste.
Tutto è rimasto impunito.
Lo stato si auto-assolve e premia i responsabili politici e materiali delle stragi di quei 3 giorni con deleghe ed incarichi di governo, e scientemente riscrive la storia di quelle giornate e di un intero movimento recuperando gli aspetti folkloristici e pacifisti più facilmente riconducili nell’alveo delle democratiche manifestazioni di protesta, e riduce, ad arte, il portato politico del movimento no-global alle sentenze e alle letture dei tribunali.
Ed è così che un movimento politico di carattere internazionale più radicale ed intenso degli ultimi anni venga smussato della sua punta politica e restituito alla storia come violento, devastatore, e saccheggiatore, perché questo è quello che recitano i verdetti dei giudici e dei tribunali borghesi.
Mentre delle torture, delle violenze e degli omicidi, commissionati dal governo italiano, e scientificamente orchestrati dalle sue forze militari non una parola.
Infrangere simbolicamente la vetrina di una banca vale 8 anni di carcere, alzare una barricata per impedire l’annientamento preparato dalle guardie costa 15 anni di privazione della propria vita, mentre le vite di Carlo, Aldro, Marcello, Aldo, Giuseppe, Stefano, e tanti altri non valgono niente.
Anzi, valgono archiviazioni, assoluzioni, prescrizioni, promozioni eccellenti.
 
La piazza di Genova 2001 dopo la vita di Carlo spezzata, il terrore e i pestaggi disseminati dai “migliori uomini dello stato” con sadismo scientifico, paga ora un altro altissimo prezzo con le condanne dei dieci compagni a 100 anni di carcere.
Dieci persone, pescate a caso nel mucchio, pagheranno con la galera la loro coscienza politica, la loro voglia di lottare e sognare un mondo diverso senza sfruttamento, miseria e guerra, la loro volontà di non piegarsi ai ricatti dei ricchi e dei potenti.
La conferma delle condanne per devastazione e saccheggio emessa dalla Cassazione ci restituisce l’ipocrisia e la ferocia di uno Stato che, ha archiviato in fretta le conquiste della resistenza, e non si è mai liberato del tutto del fascismo, mantenendo il codice Rocco quale strumento di repressione di ogni forma di dissenso.
Nessuna responsabilità politica per quanto avvenne a Genova ma dieci capri espiatori che pagheranno per tutti.
 
Il monito è ben chiaro e lascia poco spazio ad interpretazioni: “nessuno si opponga all’ordine costituito. Nessuna protesta che sfora i paletti democraticamente concessi sarà tollerata. Per chi crede che la libertà sia un diritto, siamo qui a farvi capire che anche questo è un privilegio che bisogna conquistarsi con la sottomissione ed il rispetto del nostro ordine democratico”.
Chi non è con noi è contro di noi.
 
Questa la vulgata generale che registriamo con le ultime sentenze.
Questa la reale percezione dei nostri governanti rispetto a parole come diritti e libertà.
 
Ma non si tratta sicuramente di un imbarbarimento determinato dalla diversità dei colori della bandiera di un governo piuttosto che di un altro, ma di un chiaro disegno di ristrutturazione politica, in una delicata fase economica e sociale, in cui la legittimità e rispettabilità degli stati e dei vari governi, tende a scricchiolare e in cui non ci si può concedere il lusso di aperture e concessioni, impegnati come si è a portare a compimento le politiche di macelleria sociale commissionate della Troika.
E dunque, se l’attenzione dei governi è oggi rivolta ad eseguire a far accettare alle masse, le politiche lacrime e sangue della BCE, del FMI, e della BM, le lotte contro la precarietà, la disoccupazione, e per i diritti sociali, condotti da un ampia area politica non assoggetta alle compatibilità istituzionali e statali, possono rappresentare elementi di destabilizzazione ai loro piani, facendo breccia nella sofferenza e nella miseria della masse.
 
Ed anche e soprattutto per questo motivo che i processi per il corteo del 15 ottobre, per il no tav, per i 10 di Genova, vengono spogliati del loro carattere politico, ridotti a reati di carattere materiale, atomizzati e personalizzati, per evitare sia di incassare altre sonore sconfitte come quella registrata per il processo al sud ribelle a quell’insulso teorema di associazione terroristica cucito addosso a 13 compagni accusati di sovversione dell’ordine economico nazionale ed internazionale, sia per evitare il risveglio delle coscienze critiche delle masse ormai esauste ed esasperate dalle politiche di austerità dei governi delle banche.
 
Oggi le profetiche rivendicazioni e parole d’ordine di una parte rilevante del movimento no global trovano quasi consacrazione nell’imbarbarimento che stiamo registrando a livello mondiale.
Si inasprisce il carattere imperialista e guerrafondaio degli stati e dei blocchi economici e monetari europeo e nord americano, si devastano e saccheggiano interi territori in nome del profitto capitalista, si consegnano alla fame e alla miseria intere popolazioni dilaniate dalle guerre per l’accaparramento di risorse e nuovi mercati, si spogliano di diritti e garanzie i lavoratori, dilaga la precarietà l’instabilità e l’insicurezza anche all’interno delle fasce sociali fino a ieri più garantite.

Ancora una volta, cari governanti, se per tutto ciò c’è da cercare un colpevole, 
                                     non c’è che da guardarsi allo specchio.

Fuori i compagni dalle galere
liberi tutti
liberi subito
 
 

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