Leggo con interesse qualunque proposta vada in direzione contraria alle politiche economiche antisociali di questo governo e di questa “Europa delle banche” e non dei popoli.
Non volendo, né sapendo, approfondire sistematicamente le proposte contenute nel volantone, mi pongo dalla parte dei chi approccia a questi temi senza avere le conoscenze culturali adeguate per avanzare ipotesi, ma subisce nella concretezza banale del quotidiano vivere i vari provvedimenti che fioccano incessantemente l’uno dietro l’altro come una scure sulle nostre teste di lavoratori.
1. Non pagare il debito… si, ma come? Attraverso quali dispositivi? Cosa accadrà una volta che lo Stato Italiano abbia dichiarato l’impossibilità di pagare questo debito odioso? Sarà in grado di pagare gli stipendi, di spendere per la Scuola, per la Sanità , per i servizi pubblici? E cosa risponderanno quei gruppi finanziari che detengono il nostro debito pubblico? Chi pagherà cosa?
2. In quanto alla nazionalizzazione dei settori strategici dell’economia, e dunque di un istituto di credito quale una banca centrale, o del settore energetico, delle telecomunicazioni e dei trasporti, mi pare che andrebbe riletta di tanto in tanto la nostra Carta Costituzionale, non solo per apporvi modifiche come quelle fioccate in questi anni(vedi la modifica dell’art. 81, passata pressoché inosservata, grazie alla censura degli organi d’informazione nazionali, ma anche al qualunquismo nel quale siamo ingrassati negli ultimi 30 anni) ma anche perché in essa sono contenuti, almeno formalmente, tutti i dispositivi attraverso cui noi cittadini comuni possiamo difenderci dai soprusi cui veniamo sottoposti dall’insieme dei poteri forti del capitale.
La Carta Costituzionale alla parte I: “Diritti e doveri dei cittadini” – Titolo III: “Rapporti economici” – Art. 43., recita testualmente: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.”
Non siamo, quindi, in una fase recessiva grave, in cui assistiamo ad un impoverimento massificato anche di quegli strati sociali che hanno assicurato i consumi e dunque le produzioni e dunque retto l’economia?
Non è questo il periodo giusto perché lo Stato si riprenda ciò che ha dismesso e ricominci a gestire a vantaggio della collettività quei settori che assicurano la sopravvivenza di una collettività?
Non è forse all’interno della stessa Carta che è specificato a chiare lettere che “[L’attività privata] Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”
E che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”? (parte I – Titolo III – Art. 41)
Ma leggendo e rileggendo quella che è ormai è divenuta carta straccia, si potrebbe continuare all’infinito, troveremmo una quantità di contraddizioni tanto nei provvedimenti di questo governo, quanto nelle dichiarazioni pubbliche dei vari ministri, che sono sempre più un’offesa alla nostra intelligenza e alla nostra dignità, non dico di lavoratori, ma di esseri umani.
Credo che le proposte della Rete dei Comunisti siano interessanti, e probabilmente anche percorribili, vanno però approfondite, ne vanno approfonditi gli aspetti economici, vanno prefigurati degli scenari su cosa accadrebbe qualora si mettessero in campo concretamente le suddette.
Cosa accadrebbe qualora uscissimo dall’Euro e creassimo una nuova area monetaria coi paesi PIGS? Come si fa a rendere fattiva una simile proposta? Quali le tappe obbligate perché non ne risulti un disastro? E soprattutto: come si fa a superare la diffusa paura che una ipotesi di svolta tanto seria ingenererebbe nelle persone, convinte oramai che non ci sia alternativa a questo sistema e a questi rapporti sociali?
Dopo l’opera minuziosa di delegittimazione della politica, la percezione comune è che non debba esserci altra cura possibile, se non le ricette de “l’Europa della banche”, e che i dottori dell’economia non possano che essere gli asfittici ed asfissianti Monti di turno.
Ma su questo versante dei problemi, forse, i movimenti di lotta ed una auspicabile mobilitazione dei lavoratori potrebbe imprimere un’altra direzione.
* attivista Comitato No Debito, Avellino
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