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Cuba e l’orizzonte del socialismo

Il profondo legame, l’ammirazione e la costante solidarietà dei popoli di Nuestra America con la Rivoluzione Cubana non sono mai venuti meno, dal glorioso 1° gennaio del 1959 a oggi.

La tenacia e la lungimiranza che il Partito Comunista e il Governo Cubano hanno saputo usare nel propagare i valori della libertà, della solidarietà, dell’autodeterminazione, della democrazia e della giustizia sociale, sono oggi ben visibili nel processo rivoluzionario e di trasformazione socialista in atto nel continente Latinoamericano.

Ciò che a Cuba va riconosciuto è non solo la ferma volontà e, cosa ben più complessa, la capacità concreta di aver saputo mantenere l’orizzonte socialista quando tutto sembrava irrimediabilmente compromesso dopo il crollo del blocco sovietico, ma anche la capacità che ha saputo esprimere nel  rilanciare ed estendere i processi rivoluzionari nel continente, ponendosi come costante punto di riferimento e guida per i popoli, i governi e i movimenti rivoluzionari.

Alcuni avvenimenti di queste ultime settimane sono a testimoniare in modo limpido la forza, la capacità propulsiva di Cuba e il ruolo sempre più centrale e strategico che stanno assumendo in primo luogo i paesi del blocco dell’ALBA.

I rappresentanti di Cuba, Venezuela, Nicaragua, Bolivia ed Ecuador, tutti paesi membri dell’Alleanza Bolivariana per i popoli di Nuestra America, si sono riuniti a Quito, nel mese di gennaio, per celebrare le date dell’inizio dei rispettivi processi rivoluzionari.

In questa circostanza, l’ambasciatore  cubano Jorge Rodríguez, ha ricordato che Cuba è impegnata in un processo d’attualizzazione della sua economia che marcia in modo soddisfacente e lo fa senza rinunciare ai suoi principi, con la certezza che i necessari cambiamenti sono oggi possibili “perché adesso non siamo soli”, ma si costruiscono processi sociali in tutta l’America Latina.

Processi che avvengono grazie all’impegno comune dei paesi dell’ALBA,  e dal 2011 con l’impulso dato all’opera di integrazione regionale con la creazione della Comunità degli Stati dell’ America Latina e dei Caraibi – CELAC – della quale Cuba ha assunto la presidenza pro tempore, consegnata nel vertice di Santiago del 27 e 28 gennaio scorso, al Presidente del Consiglio di Stato e dei Ministri, Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz.

L’importanza di questi fatti va bel oltre il loro evidente valore simbolico: abbiamo più volte evidenziato la forte connotazione di classe di progetti alternativi come quello messo in campo dall’ALBA, che ha saputo contrastare in modo efficace il trattato di Libero Commercio delle Americhe-ALCA ad egemonia statunitense. Alle privatizzazioni selvagge e alle regole di strangolamento economico e commerciale imposte dagli organismi istituzionali del capitalismo globale, l’ALBA ha saputo contrapporre i principi della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, sottraendo alle multinazionali e transnazionali statunitensi ed europee il monopolio delle risorse naturali, e rilanciando lo sviluppo economico e sociale in modo equo ed autodeterminato.

Tutto questo non sarebbe oggi possibile, se Cuba non avesse saputo difendere, preservare e rilanciare da 55 anni gli ideali della Rivoluzione, superando il dogmatismo che ha caratterizzato una parte della storia del movimento comunista internazionale, e dimostrando la concreta validità dell’affermazione del Comandante Fidel, “Rivoluzione è il senso del momento storico”.

Se l’America latina non è più oggi il comodo “cortile di casa” degli Stati Uniti è perché l’unità tra Cuba, Venezuela, Bolivia, Ecuador e altri paesi del continente e dei Caraibi si è costruita sull’alternativa indipendente, solidale, socialista e rivoluzionaria alle imposizioni del capitalismo globale.

Il rifiuto delle politiche di aggiustamento strutturale, prescritte dal FMI e dalla Banca Mondiale per tutelare gli interessi del grande capitale, nella più grande crisi globale del modo di produzione dopo il 1929, ha il valore di difendere gli interessi della classe lavoratrice da un sistema di sfruttamento internazionale che non potrà che aumentare in una fase caratterizzata dalla competizione globale fra blocchi imperialisti.

E questo processo, pensato, costruito e difeso da Cuba e dal blocco dell’ALBA si estende con forza all’intero continente sud-americano, realizzando una evoluzione in senso solidale e una crescente integrazione regionale proprio a partire dal ruolo determinante della CELAC e delle altre istituzioni economiche, commerciali, culturali e della comunicazione libera ed indipendente, che in queste ultime decadi stanno determinando un cambiamento di portata epocale.

Aprendo il suo intervento con il quale ha assunto, lo scorso 28 gennaio a Santiago de Chile, la guida della CELAC, il Presidente Raúl Castro Ruz, ha detto:

Stiamo costruendo, nella dura realtà, faticosamente, l’ideale di una America Latina e del Caribe diversa, ma unita in uno spazio comune di indipendenza politica, di controllo sovrano sulle nostre enormi risorse naturali per avanzare verso uno sviluppo sostenibile, l’integrazione regionale e l’arricchimento della nostra cultura”.

Il “cammino si fa camminando” dicono spesso i compagni cubani, e il cammino intrapreso ha avviato una radicale e reale controtendenza, pur nelle difficoltà del contesto storico, all’ideologia dominante che fa coincidere con il capitalismo e il suo sistema sociale l’orizzonte dell’umanità.

Il protagonismo degli operai, dei contadini, delle popolazioni indigene e dei movimenti sociali e di classe ha assestato un duro colpo all’egemonia statunitense sulla Patria Grande Latino-Americana e “all’era del saccheggio” incontrastato delle multinazionali.

Il consenso alle politiche economiche di Washington e alla globalizzazione neoliberista, anche nelle sue impossibili varianti neo-keynesiane propugnate dall’agonizzante sinistra europea, trova oggi il più forte contrasto nella concreta transizione socialista avviata nei paesi dell’ALBA, che attualizza e rende vivi il pensiero e l’azione dei grandi padri della Patria Grande, José Martì e Simon Bolivar.

L’imperialismo non è però sconfitto, e i tentativi di aggressione continueranno in futuro, ma, nonostante lo strapotere militare, le tentazioni colonialiste e golpiste degli USA e dei suoi alleati dovranno fare i conti non più con singoli paesi divisi fra loro e subalterni come in passato, ma con il blocco dei paesi dell’ALBA e dei governi democratici e progressisti dell’intero continente latino americano.

Il vigliacco tentativo di destabilizzazione della Rivoluzione Socialista Bolivariana in Venezuela, ad esempio, messo in atto le scorse settimane dalla destra corrotta, reazionaria e golpista, approfittando delle difficili condizioni di salute del Comandante Chavez, ha visto la ennesima, grande risposta popolare dei lavoratori a difesa della Costituzione e del Governo Bolivariano.

Ma a scendere in piazza questa volta non erano soli. Il Presidente dello Stato Plurinazionale di Bolivia Evo Morales, il Presidente del Nicaragua Daniel Ortega, il Presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, il Vicepresidente del Consiglio di Stato di Cuba Miguel Díaz-Canel, insieme a molti altri rappresentanti di Stati e di Governi, con la loro presenza, hanno scritto una pagina importante della nuova storia di Nuestra America, e dichiarato l’irreversibilità delle sue conquiste.

Infine, in un contesto caratterizzato dalla crisi sistemica del modo di produzione e dalla mondializzazione del capitalismo in chiave neo-liberista, ciò che sta accadendo e che è destinato a svilupparsi è la crescita delle disuguaglianze e delle contraddizioni tra centro e periferia, su scala mondiale.

Per questo l’esperienza di Cuba, dell’ALBA e la funzione centrale della pianificazione socialista sono oggi una concreta, se non l’unica possibile risposta non solo per i destini dell’America Latina, ma per il riscatto dei popoli del Sud del mondo.

Il capitalismo è in profonda crisi, ma non crollerà da solo: l’unità della classe all’interno della nuova divisione internazionale del lavoro passa per una nuova alleanza fra i popoli del Sud del mondo, che, attraverso processi di autodeterminazione e di lotta, si pongono concretamente sul terreno del superamento del capitalismo.

Per questo, anche nel vecchio continente, pensiamo sia oggi non solo percorribile, ma necessario muoversi nella costruzione di un’ALBA mediterranea che unisca i paesi dell’Europa del Sud (i PIGS), con quelli del Nord-Africa, e in prospettiva dell’ Europa dell’Est oggi colonizzati dal polo imperialista Europeo.

Un’alleanza e un’area equa, solidale e indipendente, che abbandoni la logica del profitto, del consumismo e dell’individualismo e si basi invece sulla giustizia sociale e redistributiva e sulla proprietà collettiva dei beni e delle risorse.

Questo significa avanzare una sfida “qui ed ora” per uscire dal terreno della mediazione nel quale è impantanata la sinistra europea e per ridare alle lotte sociali una prospettiva rivoluzionaria, cogliendo cioè “il senso del momento storico”.

E’ questo da sempre l’esempio del socialismo rivoluzionario cubano, e lo sono oggi le esperienze del socialismo bolivariano in Venezuela e del socialismo comunitario realizzato con la Costituzione dello Stato Plurinazionale di Bolivia, è questa la sfida e l’orizzonte che riguarda tutti i comunisti e gli antimperialisti.

* Rete dei Comunisti – commissione internazionale

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