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L’ambigua Avaaz

Nel 2011 l’organizzazione Avaaz, che si autodefinisce «un’organizzazione civica globale» e promuove un attivismo via internet, si è distinta per due iniziative di grande successo: la richiesta di intervento internazionale «a tutela dei civili» in Libia e l’appoggio alla lotta di alcuni gruppi indigeni in Bolivia contro il progetto governativo di costruire una strada nel Tipnis (Territorio indigeno parco nazionale Isidoro Sécure).
Nel caso libico, Avaaz ha agito molto in fretta, prendendo per buone le menzogne dei media circa il «massacro di migliaia di civili da parte di Gheddafi». Non l’abbiamo vista in seguito lanciare appelli per fermare la guerra Nato o per proteggere i civili di Sirte e Tawergha. (Adesso è attivissima – anche quanto a richiesta fondi – nella demonizzazione del regime siriano).
Ed ecco il caso Tipnis, un milione di ettari di foresta che hanno ottenuto lo statuto di territorio indigeno dal governo di Evo Morales nel 2009. Lo abitano circa duemila persone, in 64 comunità. Il 15 agosto rappresentanti di tali comunità hanno iniziato una marcia verso la capitale, La Paz, per protestare contro il progetto dell’autostrada. Avaaz ha condannato con toni altisonanti il governo boliviano e raccolto in poco tempo centinaia di migliaia di firme email di ambientalisti da tutto il mondo.
Certo la gente del Tipnis ha preoccupazioni legittime sull’impatto dell’autostrada. La questione però è quantomeno controversa. Ma Avaaz, insieme ad alcune grandi Ong internazionali della tv araba al Jazeera sembra usare queste preoccupazioni per indebolire politicamente Morales con una denuncia a tutto campo, facendo di fatto il gioco della destra boliviana. Ormai le denunce sono diverse e fra queste c’è la piccola inchiesta di un sito svizzero (http://www.sinistra.ch/?p=1627) che spiega: «Avaaz distorce i fatti affermando che le imprese straniere si spartiscono l’Amazzonia (…) e che si scatenerà una febbre depredatrice. Ma non menziona il fatto che la distruzione ha già luogo nell’area e che proprio il governo di Morales sta promuovendo una legge per aggiungere nuove norme protettive del parco nazionale. La legge proposta comminerebbe pene detentive tra i dieci e i venti anni di carcere per insediamenti illegali, la coltivazione della coca o il taglio degli alberi nel parco nazionale».
Sul Tipnis, Avaaz è tornata alla carica pochi giorni fa, denunciando rinnovate «enormi pressioni da parte del governo boliviano sulle comunità indigene per la costruzione dell’autostrada. (…) Il governo, spalleggiato dai brasiliani e dagli interessi internazionali del petrolio e della coca, ha lanciato una controffensiva per aggirare la legge».
Secondo il giornale boliviano Cambio (www.cambio.bo/opinion/15022012/la_campana_internacional_contra_evo_morales_64561) la campagna di destabilizzazione contro Morales è orchestrata da Ong finanziate dagli Stati Uniti e fra queste Avaaz, le quali oltretutto promuovono il programma Redd (riduzione delle emissioni dovute al degrado e alla deforestazione), una falsa soluzione alla crisi climatica.
Creata nel 2007 da un gruppo di persone vicine a MoveOn, il gruppo di attivismo on line finanziato dalla Fondazione Soros, Avaaz è presieduta da Ricken Patel e appoggiata da ex deputati al congresso e imprenditori di fama liberal. La sua tattica è molto semplice: promuove decine se non centinaia di petizioni su questioni ecologiche, di diritti umani, democratiche, anti-corruzione (ad esempio la lotta contro la censura su internet oppure il riconoscimento della Palestina). Vi sono perfino attacchi ai governi occidentali e contro lo strapotere delle banche. Fra tanti temi «innocenti» si inseriscono questioni strategiche per i padroni di Avaaz. Ottenendo adesione e fondi da centinaia di migliaia di sostenitori.

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