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Cosa ci dicono i risultati elettorali?

Al di la delle specifiche valutazioni politiche, che pure vanno fatte, se queste elezioni hanno avuto un pregio, è stato quello di portare alla luce le dinamiche di fondo che attraversano la nostra società ed evidenziare gli scenari futuri per il nostro paese dentro L’Unione Europea. Il dibattito nazionale oggi si incentra soprattutto sulla questione Grillo, un dato inevitabile visto il peso elettorale raggiunto e la posta in gioco della governabilità. Ma anche il dibattito a sinistra si concentra sul giudizio da dare su Grillo ed il M5S, su quanto questo sia un fattore positivo o negativo per le prospettive del movimento democratico piuttosto che per quello sui diritti sociali e civili o sulla sinistra.

Su questo punto mi corre l’obbligo di affermare con forza che questo, piano dell’analisi e del dibattito è del tutto sbagliato. Per quanto ci riguard,a come Rete dei Comunisti, ci siamo già trovati dentro un confronto di questo tipo che riguardò a suo tempo la “scesa in campo” di Berlusconi. All’epoca il dibattito era di quale fosse il tasso di fascismo di Berlusconi o di quanto fosse pericoloso per la democrazia italiana ma rimuovendo completamente gli elementi che stavano dietro quella affermazione elettorale.

Da una parte c’era, infatti, la scomposizione dei vecchi blocchi politici del paese e la ricomposizione di un blocco sociale con caratteristiche inedite ma visibili, ovviamente per chi voleva vedere. E’ utile ricordare che Forza Italia nel ’94 divenne il primo partito nei quartieri operai di Torino, roccaforte della classe operaia del ‘900. Dall’altra si avviava la costruzione dell’Unione Europea che con gli accordi di Maastricht cominciava a determinare la vita concreta dei popoli europei; è bene ricordare in questo senso il governo “tecnico” di Amato che fece la prima maximanovra economica di circa 100.000 miliardi di vecchie lire nel 1992.

Quella lettura tutta politicista dalla quale dissentimmo da subito, ha provocato non pochi danni, certamente tra molti compagni offuscati dalla convinzione che il pericolo fascista alle porte fosse reale. Ma quella lettura ha permesso per circa venti anni la ricomposizione attorno al centro sinistra in nome dell’antiberlusconismo ed ha fatto passare le politiche antipopolari e liberiste più accentuate, anche con l’appoggio dell’allora PRC. D’altra parte se il rischio era il fascismo il compromesso con la nostra borghesia nazionale diventava inevitabile, una necessità strategica.    

Oggi su Grillo ci ritroviamo sullo stesso piano di analisi e con giudizi politici sovra-strutturali (sul quanto sia o meno reazionario etc.) i quali, siamo convinti, ancora una volta non porteranno a nessuna capacità di progettare ed incidere – a nostro avviso l’unico obiettivo utile da darci – ma a un ulteriore ripiegamento della sinistra e dei comunisti, impegnati da troppo tempo a dibattere sulle proprie difficoltà ed a rilasciare analisi del sangue degli “altri”.

 
Quattro blocchi ed un’appendice. La frammentazione sociale in politica.

Al contrario, pensiamo ancora che il metodo da adottare sia un altro e che si debba basare su una rigorosa analisi di classe, delle classi sociali complessivamente intese e nelle loro reciproche relazioni, e sulle dinamiche messe in moto dalla costruzione degli “Stati Uniti d’Europa”. Naturalmente andranno dati anche dei giudizi politici, ma anche qui la centralità va data alle cose che i comunisti ed il movimento di classe devono fare qui ed ora piuttosto che alle polemiche.

Il risultato elettorale ci consegna una fotografia piuttosto esatta del processo di frammentazione sociale; il dato qualitativamente nuovo che emerge da questo passaggio è che la frammentazione, in corso da tempo, oggi si riversa per la prima volta sul piano della rappresentanza politica istituzionale, creando una situazione di ingovernabilità frutto essa stessa delle scelte fatte – non ultima con la politica dell’austerità – dalle classi dominanti del nostro paese e a livello europeo.

Possiamo dire che esistono ormai quattro raggruppamenti politico-sociali, quattro blocchi la cui ricomposizione politica risulta problematica e per la quale non sembrano utilizzabili i soliti trucchi istituzionali sui quali insistono i D’Alema ed i Napolitano.

Naturalmente quello che cerchiamo di esporre è uno schema, speriamo sufficientemente credibile, e non certo una fotografia “esatta” dell’esistente, nel senso in cui tra i diversi raggruppamenti esistono aree sociali in comune. Quello che va evidenziato sono gli interessi comuni che stanno al centro dei diversi aggregati.

1) Il primo raggruppamento è quello che numericamente, anche se per poco, ha vinto le elezioni cioè quello del centrosinistra. Questo è costituito soprattutto dal lavoro dipendente in genere, pubblico, privato e pensionati in buona parte organizzato dalla CGIL; dagli elettori delle aree metropolitane più consistenti e da quelli delle regioni rosse. Gli altri elementi che caratterizzano questo blocco riguardano i settori produttivi e finanziari quali la Lega delle Cooperative, le medie industrie internazionalizzate del Centro-Nord Italia, il Monte dei Paschi di Siena ed altre attività connesse. Questo è un pezzo della società sostanzialmente stabile nelle proprie condizioni ed inserito nelle attività produttive ed ha dunque bisogno di regole per darsi una certezza delle prospettive. E’ così per il lavoro dipendente regolato dai contratti ma anche per le attività delle cooperative che hanno bisogno di sgravi fiscali per sostenere la competizione economica nei diversi settori.

Alla rappresentanza elettorale del centro sinistra hanno fatto riferimento anche parti importanti del lavoro intellettuale sulla base della difesa della morale e dell’etica pubblica, vedi le iniziative del popolo viola, ma questi sono oggi attratti anche da altri riferimenti. E’ un raggruppamento che, però, è in via di riduzione quantitativa del suo peso specifico. In questo senso è difficile ipotizzare che una candidatura Renzi avrebbe modificato sostanzialmente l’esito elettorale del PD. Infine è un blocco ideologicamente europeista cioè pensa che l’Unione Europea sia una prospettiva valida perché fa parte di una idea progressista dello sviluppo generale, una idea però, come minimo, meccanicistica e fideistica.

2) L’altro blocco sociale elettorale è quello di Berlusconi, anch’esso in diminuzione sostanziale in quanto per certi versi più esposto alle dinamiche di mercato. A questo fanno riferimento una parte delle piccole e medie imprese, del commercio, delle professioni e di tutti quei settori che trovano nella evasione fiscale, negli appalti, nei condoni etc una fonte di integrazione del proprio reddito. Ad esso fa riferimento anche quella parte atomizzata della società, dove oltre al reddito da lavoro o da pensione esistono anche altri redditi spurii, quali gli interessi sui titoli o da proprietà immobiliari, ai quali è stato sufficiente dire che l’IMU sarebbe stata restituita per orientarne la scelta elettorale. Anche questo blocco ha una sua base economica caratterizzata dal rapporto con la spesa pubblica, dunque appalti, clientele ed anche, in certe zone, con l’economia illegale. Oltre a queste basi economiche c’è l’holding della famiglia Berlusconi che però si è caratterizzata in rottura con il resto del capitalismo italiano ed ancora di più con quello Europeo. L’identità ideologica qui è direttamente nazionale, cioè di rifiuto nell’abbandonare lo strumento dello Stato per sostenere la propria condizione economica e status sociale.

3) Il dato elettorale di Monti e dei centristi è particolarmente interessante in quanto esprime in modo trasparente il carattere di classe di questo voto. Il dato quantitativo è di circa il 10%, cioè minoritario nella società nazionale ma aderente alla consistente della grande e media borghesia italiana. Una borghesia legata alla produzione di beni e servizi di cui Montezemolo ne è una figura paradigmatica con la sua Ferrari e l’ingresso nelle ferrovie con Italo. Altro dato sintomatico del carattere di classe di questo voto sono le regioni di provenienza delle adesioni, su meno di due milioni di voti circa 800.000 vengono dal Nord Ovest, dal cuore delle media e grande impresa e dal salotto buono della borghesia, ed il resto soprattutto dalle altre regioni del Nord. Il dato significativo è che avendo Monti assorbito l’elettorato di Casini, si evidenzia come i voti meridionali di quest’ultimo, vedi quelli andati all’ex presidente delle regione Sicilia Cuffaro, siano emigrati verso altri lidi. Questo settore è materialisticamente europeista, i motivi di una tale convinzione non sono difficili da capire in quanto il rapporto con il sistema produttivo e finanziario dell’Europa è centrale per le loro attività economiche.

4) Naturalmente quello che va osservato bene è il risultato del Movimento 5 Stelle. Certamente Grillo ha usufruito della propria rendita di posizione dentro il circo mass mediologico moderno, soprattutto in questi anni dove i comici, dalla Guzzanti a Crozza a molti altri, sono stati gli unici a svolgere una supplenza politica ed etica nel criticare un sistema di potere trasversale tra i partiti sempre più indigeribile e divenuto indigesto con l’insorgere della crisi economica. Ciò è avvenuto anche grazie all’assenza di una opposizione minimamente credibile, a cominciare da quella della sinistra cosiddetta radicale. La vittoria di Grillo non può essere una sorpresa perché è il prodotto di una esigenza di massa sulla rappresentanza, condivisa anche dagli elettori degli altri partiti ed in questo senso va valutata la sua affermazione.

I voti presi vengono, infatti, da tutti gli altri schieramenti politici ma hanno “un’anima” sociale che si riflette nelle caratteristiche degli eletti: mediamente giovani, lavoratori con mansioni intellettuali, professionalizzati e con elevate aspettative di vita che oggi vengono disattese dalla crisi ma peggiorate da un sistema politico indecente. In termini marxisti più ortodossi potremmo dire che sono parti di lavoro autonomo subalterno e dipendente, con caratteristiche piccolo borghesi e da ceto medio, traditi nelle loro aspettative dalla realtà che si sta manifestando quanto più si procede nella crisi. Queste sono le prime vittime di quella contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e rapporti sociali dell’attuale assetto capitalista, i quali percependosi nella sola dimensione individuale si sono trovati senza strumenti di difesa e di rappresentanza.

In altre parole sono parte di quel blocco sociale che verrà sempre più penalizzato dalle dinamiche generali che nel nostro paese significano subordinazione, proletarizzazione e riduzione dei redditi dentro una divisione continentale del lavoro e delle condizioni sociali promossa dalla Unione Europea. Naturalmente la percezione di questi settori del proprio ruolo sociale non può che essere confusa e contraddittoria, in gran parte è filo Unione Europea ma ne contesta le misure sull’austerità. Non è disponibile finora a rotture radicali. In parte questo blocco esprime anche settori di lavoratori che hanno maturato sfiducia negli strumenti collettivi esistenti per la propria tutela o emancipazione. Vedono come strumento di denuncia e difesa più i blitz del Gabibbo o delle Iene che i sindacati.

5) Per quanto riguarda Rivoluzione Civile, e la sinistra che ha pensato di trovarvi riparo, ed anche per SEL, quello che diviene ormai verità oggettiva ed incontestabile è come questo pezzo del ceto politico non abbia più nessun rapporto con la società reale: quello che abbiamo denunciato in questi anni oggi si palesa sotto gli occhi di tutti. Infatti se per le “normali” forze politiche è sufficiente la presenza nel teatrino della politica (peraltro anch’esso in crisi), per la sinistra di classe è obbligatorio un processo di organizzazione indipendente e trasversale a tutto il blocco sociale. La demonizzazione della funzione dell’organizzazione ha infatti portato alla situazione attuale. Ricostruire oggi una ipotesi comunista o per la sinistra di classe per queste compagne e compagni, significa cambiare radicalmente presupposti, punti di vista, approcci, metodo di lavoro. Una rivoluzione culturale propedeutica e necessaria per ipotizzare e praticare una rottura del quadro politico e sociale esistente.

L’Italia vaso di coccio nella competizione globale…

Valutando complessivamente questo quadro, possiamo avanzare alcune prime valutazioni necessarie a capire come ricollocare una iniziativa di classe dentro lo stato delle cose presenti e nelle veloci dinamiche che tendono a mutare il contesto complessivo. Il dato che si impone immediatamente è che la crisi ha accentuato le tendenze alla frammentazione della società italiana e tutto fa supporre che questa tendenza non si fermerà, anzi non potrà che rafforzarsi. Non è una novità ma il vero cambiamento è che la frammentazione adesso si riflette nel quadro istituzionale, quando ogni giorno Napolitano ci dice che bisogna ricercare l’unità tra le forze politiche.

Questo implica una serie di riflessioni che hanno per noi valenza politica. Intanto il movimento di Grillo è sintomo della crisi di egemonia della nostra borghesia. E’ infatti una novità che questa classe – con Monti – si sia rappresentata nel panorama politico con una sua rappresentanza specifica. Una cosa mai accaduta dalla nascita della Repubblica. Prima con la DC poi mano mano con diversi schieramenti politici, ma mai era arrivata da sola “nuda alla meta” come avvenuto con Monti. Questo è il sintomo della miopia della nostra classe dirigente. Così come lo è il boomerang Grillo prodotto dalla infinita letteratura sugli “sprechi della politica”, una letteratura prodotta dai giornalisti apprendisti stregoni del Corriere della Sera per dirottare le risorse pubbliche verso il privato. Oggi anche a costoro viene presentato il conto attraverso il rischio della ingovernabilità. Ma può essere anche la conferma di come gli orizzonti dei poteri reali oggi non si trovino più nella dimensione nazionale ma travalicano verso l’Unione Europea, diventata l’unico garante dei propri interessi strategici.  

Il dato strutturale che si evidenzia è che un paese preda della frammentazione sociale e della ingovernabilità politica, appare destinato a divenire un vaso di coccio dentro la competizione globale che si manifesta tra aree economiche e monetarie ma anche dentro la stessa Unione Europea, dove si sta decidendo chi comanderà. In altre parole la prospettiva greca per il nostro paese rischia di divenire realtà. Su questo occorre capirsi bene, infatti tale scenario in Italia, per l’UE non genera crisi anzi stabilizza quel processo di gerarchizzazione in atto per paesi e per classi sociali, un processo che vedrà la nostra borghesia saltare sul carro dei vincitori europei lasciando il resto della popolazione in balìa della crisi economica e sociale. Una leadership debole e una frammentazione sociale così accentuata in Italia indeboliscono la concertazione e la contrattazione nel rapporto tra Germania, Francia e Italia e alimentano le spinte che ipotizzano l’integrazione dei settori produttivi forti nel nocciolo duro europeo e la marginalizzazione del resto.

 

…..e come sempre c’è il “Che Fare”

Fin qui l’analisi del voto – mai stato così “di classe” come oggi – e l’evidenziazione delle potenti tendenze che agiscono a livello nazionale e continentale. Il problema che ci si pone è come affrontare una fase difficile ma che presenta enormi potenzialità di cambiamento.

Per questa ragione continuare a mettere Grillo al centro del dibattito è masochistico e fuorviante, infatti è un fenomeno sociale che ha coperto uno spazio lasciato dal movimento di classe e che ha in se contraddizioni, possibilità positive e pericoli impliciti. Ci troviamo di fronte a proposte che sul piano sociale, della lotta alla guerra, della democrazia, sull’ambiente sono indubbiamente progressiste e positive, mentre gli elementi di ambiguità e di regressione li troviamo sulle questioni più strutturali del lavoro e dell’economia. Pensare che sulla base di questo vada dato un giudizio definitivo è un errore perché, ancora una volta, si dimenticherebbero gli effetti della rapide trasformazioni in atto ed i suoi effetti sul piano politico istituzionale.

Al centro va messa perciò la nostra azione, il “che fare” per divenire di nuovo un elemento agente nel modificato contesto politico. Su questo aspetto dobbiamo essere molto chiari nelle indicazioni politiche ed in quelle d’organizzazione.

Sul piano politico la sinistra di classe può intestarsi una battaglia a tutto campo contro l’Unione Europea, senza se e senza ma, visto che su questo nessuna forza, incluso il M5S, si esprime con chiarezza. Proporre la rottura della UE e la costruzione di un nuovo spazio euromediterraneo per l’Italia e i paesi Pigs e gli obiettivi intermedi e collegati come il non pagamento del debito e le nazionalizzazioni, lavorare per far pronunciare tramite referendum il la popolazione sui trattati europei, sono i terreni su cui riportare la discussione e l’iniziativa invitando al confronto e sfidando tutti i soggetti politici in campo.

I comunisti possono ritrovare un ruolo e non solo su questo terreno. C’è anche il terreno più diretto del conflitto di classe organizzato, di quello sindacale, di quello sociale e metropolitano, di quello contro le privatizzazioni, le spese e le missioni militari, dove c’è un ampio spazio da coprire con processi d’organizzazione di massa. Se una lezione deve venire dalla scomparsa dei partiti comunisti in Italia è proprio quella dell’importanza dell’organizzazione e del rapporto organico con la classe, nelle sue molteplici e attuali forme, tenendosi ben lontani da ogni concezione politicista e istituzionale, ossia dal virus che ha decretato la morte di una forma storica di organizzazione dei comunisti.

  * Segreteria nazionale della Rete dei Comunisti
  ———-
Su sollecitazione di alcuni lettori, aggreghiamo due tabelle utile per analizzare e comprendere la composizione di classe del voto nelle ultime elezioni.

La composizione sociale del voto
Coalizioni

Voti%

Dipendenti

Autonomi

Pensionati

Casalinghe

Studenti

Disoccupati

Pd-Sel

29,5

31,0

26,1

30,5

24,9

22,1

26,8

SC Monti

10,1

9,9

12,0

12,1

11,7

6,2

5,7

PdL-Lega

29,2

26,4

29,5

37,4

32,6

11,8

20,5

M5S

25,6

27,3

25,9

16,0

25,1

54,8

41,1

Riv.Civile

2,3

2,6

2,2

1,7

1,8

2,4

3,4

 

 

La composizione anagrafica del voto, per classi di età

 

 
Coalizioni

Voti%

Meno

di 30 anni

31- 45 anni

46-60 anni

+ di 60 annni

Pd-Sel

29,5

26,3

29,9

30,2

30,4

SC Monti

10,1

7,9

10,3

11,0

12,3

PdL-Lega

29,2

22,4

25,7

29,1

37,2

M5S

25,6

37,9

28,7

23,9

17,2

Riv.Civile

2,3

2,4

2,8

3,5

2,2

Elaborazioni Istituto Tecnè

 


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7 Commenti


  • Francisco

    “All’epoca il dibattito era di quale fosse il tasso di fascismo di Berlusconi o di quanto fosse pericoloso per la democrazia italiana ma rimuovendo completamente gli elementi che stavano dietro quella affermazione elettorale”

    Si può dire, terra terra, che dietro c’era la televisione? Aggiungo come oggi.


  • marco schettini

    riflessione stimolante e interessante, ma che -senza un’analisi dei flussi elettorali e del voto scomposto per professioni,reddito etc- cioè senza riscontri, resta poco più che una buona intuizione.
    però suggerisce di leggere il voto grazie alla lente materialistica della condizione sociale, questo è per me un punto essenziale, da approfondire e condividere fino , se sarà possibile, a divenire proposta politica unitaria e ricompositiva.


  • giulia

    sul che fare come sempre restano solo tante belle parole, ben scritte, ma come spesso accade, anzi sempre, non si dice cosa dobbiamo fare. vogliamo cavalcare l’ingovernabilità con l’idea di uscirne vincitori senza darci una struttura-partito, un’orgaizzazione a livello nazionale? non è ancora sufficiente il livello di frammentazione della sinistra “radicale” a cui siamo arrivati? andando avanti così spariremo completamente. mi aspetterei che si ponessero delle basi concrete, contarci, radunarci, unire le tante realtà sparse, ma anche divise… ma non tra chissà quanto, da domani…


  • michele

    giulia una occasione per discutere di organizzazione e sul che fare può partire dal “comitato no debito” che si stà interrogando di come costruire un’alternativa a questo sistema di imperialismo eurocentrico, premere su certi temi come il referendum contro l’europa e il salrio sociale può essere un’inizio di intenti comuni


  • MaxVinella

    Ci dicono sostanzialmente che i mega-partiti chiesa, PD e PDL, hanno perso insieme circa nove milioni di voti e che quasi tutti questi voti sono finiti al M5S !!

    Nella storia repubblicana è la prima volta che assiste ad una così massiccia trasmigrazione di voti e questo ha un significato preciso che non può essere trascurato : la vecchia politica è finita ed i vecchi interpreti se ne devono andare a casa !!


  • Francisco

    Ah bene, ecco che i grillini rimbalzano da Bellaciao a qui, e viceversa… si continua?
    Bene, allora cominciamo col dire che personalmente (non conto niente ma non credo di essere il solo) mi sento di dichiarare defunta la strada dei comitati o movimenti in genere.
    Perché? Perché dopo almeno 25’anni di frazionamento il risultato, sicuramente previsto, è sotto gli occhi di tutti: arriva il PARTITO (non chiamiamo movimento quello di Grillo e Casaleggio, please) mette il cappello sulle lotte dei movimenti, lotte portate avanti a suon di bastonate e repressioni (dov’erano i nei eletti m5s ieri quando le mamme del NoMuose prendevano le botte?) e si cucca sto popo’ di patrimonio.
    I creatori di tale patrimonio si svegliano una mattina e si rendono conto di averlo dilapidato in favore di un partito reazionario e fascistoide, degno figlio di questo sistema, che governerà il percorso del patrimonio “regalatogli” per incastrarlo nelle maglie del sistema… una “potenza” politica che attraverso il voto (to’, il voto) avrà potere legislativo, con tutto quel che ne cosegue, incluso il controllo di gendarmerie e politica estera. Al proposito dovrebbe fare scuola ciò ch’è accaduto ieri in Venezuela e che ha coinvolto in un abbraccio continentale l’America Latina intiera. Forse qualcuno dimentica che Chavez è socialista, ha fatto una rivoluzione socialista passando per una prassi tipicamente comunista e fortificandola col voto: non s’è tirato indietro quando il voto era forzato dalle forze filocapitaliste bramose di spolpare popolo e risorse venezuelane, e manco s’è perso in elucubrazioni chilometriche sull’intelligentia storica socialcomunista sciorinando chilometri di parole e citazione di filosofi, economisti, storici… è andato al sodo, parlava di sé e del suoi e dei suoi popoli, né più né meno come El Che. Prassi che guarda caso ha dato longevità a queste due rivoluzioni socialiste degli ultimi 50 anni. Vedere milioni di resistenti, e non sparuti gruppetti, col pugno alzato in un’onda di abiti rossi (abiti, non stracci) è stata una brutta botta per chi da qui osserva impotente portandosi addosso decenni di sconfitte e fallimenti. Ma pare che ancora non basti.
    Il partito (di classe? Certo che diamine) e il voto per il potere… il tempo delle armi è archiviato lì, figuriamoci qui in Europa.

    Non dilapidiamo anche il patrimonio lasciatoci dal comandante Hugo Chavez Frias!


  • Dante Goffetti

    Premesso che apprezzo molto il fatto che il compagno Casadio abbia proposto una lettura dei risultati elettorali basata sull’analisi di classe, e che ne condivido i contenuti, mi permetto di proporre due stimoli alla riflessione e al dibattito dei comunisti.
    Il primo. Sarebbe importante completare l’analisi con una indagine sulla composizione di classe (e per area geografica, sesso ed età) di quel 25% di “aventi diritto” che non hanno votato (larga parte dell’astensionismo è storicamente di carattere “passivo” ma in queste elezioni è sicuramente aumentata la componente dell’astensione di protesta contro il sistema dei partiti).
    Il secondo. E’ interessante notare che il M5S ha ottenuto i suoi massimi consensi tra i giovani con meno di 25 anni, cioè quelli cresciuti nel “ventennio berlusconiano”. Questi giovani sono cresciuti nelle illusioni democraticistiche ed hanno, perciò, incanalato il loro malcontento in una forma comunque istituzionale. Quando questa si rivelerà inefficace, che cosa faranno? A mio giudizio è auspicabile che, come comunisti, cerchiamo modi e occasioni per rapportarci con loro su temi concreti e favorire una loro maturazione sul piano della coscienza di classe.
    Saluti rossi dante goffetti

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